Fidel Castro racconta la crisi di salute

Fidel Castro racconta per la prima volta come ha vissuto la crisi di salute negli ultimi quattro anni

(Intervista concessa alla giornalista Carmen Lira Saade, direttrice del quotidiano messicano La Jornada, 31 agosto 2010 - da Cubadebate)

 

“Bisogna persuadere Obama ad evitare la guerra nucleare” (I parte)

Per quattro anni si è dibattuto tra la vita e la morte. Un continuo entrare e uscire dalla chirurgia, intubato, alimentato in vena e con cateteri e con frequenti perdite di coscienza ……

La mia malattia non è un segreto di Stato” avrebbe detto poco prima che la crisi precipitasse e lo obbligasse a “fare ciò che ha dovuto fare”: delegare le sue funzioni di presidente del Consiglio di Stato e, di conseguenza, di comandante in capo delle forze armate di Cuba.

Non posso più continuare”, ammise in quel momento – come rivela in questa sua prima intervista ad un giornale straniero da allora. Dispose il trapasso dei poteri e si mise in mano ai medici.

La commozione scosse l’intera nazione, gli amici di altri luoghi; nutrì le speranze revansciste dei suoi detrattori e mise in stato d’allerta il potente vicino del Nord. Era il 31 luglio 2006 quando fu resa pubblica, ufficialmente, la lettera di rinuncia del lìder maximo della Rivoluzione Cubana.

Quello che non era riuscito in 50 anni al suo nemico più feroce (blocchi, guerre, attentati) lo aveva fatto una malattia su cui nessuno sapeva nulla e su cui si speculava tutto. Una malattia che per il sistema, piacesse o meno, stava per diventare segreto di stato.

(Penso a Raùl, il Raùl Castro dei primi momenti. Non si trattava solo del carico che gli affidavano di punto in bianco, anche se era previsto da sempre; era la salute fragile della sua compagnia Vilma Espìn – che poco dopo sarebbe morta di cancro – e la assai probabile sparizione del suo fratello maggiore e unico capo dal punto di vista militare, politico, familiare).

Oggi sono 40 giorni che Fidel Castro è riapparso in pubblico definitivamente, almeno senza apparenti pericoli di ricadute. In un clima disteso e quando tutto fa pensare che il temporale sia passato, l’uomo più importante della Rivoluzione Cubana appare in salute e vitale, anche se non controlla del tutto i movimenti delle gambe.  

Nelle circa cinque ore di durata della chiacchierata/intervista – compreso il pranzo – con La Jornada, Fidel affronta i più diversi temi, anche se insiste su alcuni in particolare. Permette che lo si interroghi su tutto – anche se quello che fa più domande è lui – e ricorda con dolorosa franchezza alcuni momenti della crisi di salute di cui ha sofferto negli scorsi quattro anni.

Sono arrivato ad essere morto”, rivela con sbalorditiva tranquillità. Non chiama col suo nome la diverticolite di cui ha sofferto e non si riferisce alle emorragie che portarono gli specialisti della sua equipe medica ad intervenire in varie occasioni, col rischio di perdere la vita ogni volta.

Ma si dilunga senza problemi nel ricordo della sofferenza vissuta. E non ha inibizioni a definire la dolorosa tappa un calvario.

Non desideravo più vivere, per niente … Mi domandai varie volte se questa gente (i suoi medici) mi avrebbero fatto vivere in quelle condizioni o se mi avrebbero permesso di morire…. Poi sopravvissi, ma in condizioni fisiche molto cattive. Sono arrivato a pesare più o meno cinquanta chili”. “Sessantasei chili” precisa Dalia, la sua inseparabile compagna che assiste all’intervista. Sono presenti solo lei, due dei suoi medici e altri due tra i suoi collaboratori più vicini.

Pensa, uno della mia statura che pesa 66 chili. Oggi sono tra gli 85 e gli 86, e questa mattina sono riuscito a fare 600 passi, senza bastone, senza aiuto. Voglio dirti che ti trovi davanti ad una specie di ri-su-sci-ta-to”, sottolinea con un certo orgoglio. Sa che oltre alla magnifica equipe medica che l’ha assistito in tutti questi anni, con cui è stata messa alla prova la qualità della medicina cubana, ha contato quella disciplina ferrea che si impone ogni volta che si impegna in qualcosa. “Non commetto mai la più piccola infrazione – assicura – Anzi, bisogna dire che sono diventato medico con la cooperazione dei medici. Con loro discuto, chiedo (chiede molto), imparo (e obbedisce) … Conosce molto bene le ragioni dei suoi incidenti e delle sue cadute, anche se insiste sul fatto che non necessariamente le une portano alle altre. “La prima volta è stato perché non ho fatto il dovuto riscaldamento, prima di giocare a basket”. Poi quella successa a Santa Clara: Fidel scendeva dalla statua del Che, dove aveva partecipato ad un omaggio, e cadde battendo la testa. “Lì è successo che quelli che custodiscono uno diventano anche loro vecchi, perdono i riflessi e non intervennero”, chiarisce. Poi è venuta la caduta ad Holguìn, anche questa grave. Tutti questi incidenti prima che l’altra malattia si aggravasse e lo costringesse in ospedale per lungo tempo.

Steso in quel letto, guardavo attorno a me senza saper niente di tutti quei macchinari. Non sapevo quanto tempo sarebbe durato quel tormento e l’unica cosa che speravo era che il mondo si fermasse” sicuro di non perdersi niente. “Ma risuscitai” dice orgoglioso.

“E quando è risuscitato, comandante, con cosa si è trovato?” gli chiedo.

Con un mondo di pazzi …. Un mondo che appare tutti i giorni in televisione, nei giornali e che nessuno capisce, ma che non avrei voluto perdere per nulla al mondo” sorride divertito.

Con un’energia sorprendente per un essere umano che è sfuggito alla tomba – come dice lui –e con la identica curiosità intellettuale di prima, Fidel si aggiorna. Quelli che lo conoscono bene dicono che non c’è un progetto, colossale o piccolissimo, in cui egli non si impegni con una passione accanita e che in particolare lo fa se deve affrontare le avversità, così come era ed è stato. “Mai come allora sembra dell’umore migliore”. Qualcuno che crede di conoscerlo bene gli ha detto: ”Le cose devono andare molto male, perché lei è frizzante”.

Il compito di accumulare informazioni di questo sopravvissuto comincia da quando si sveglia. Con una velocità che nessuno sa come raggiunge, divora libri: si legge tra i 200 e i 300 cablogrammi informativi al giorno; è attento e al corrente di tutte le nuove tecnologie comunicative, è affascinato da Wikileaks, la gola profonda di Internet, famosa per aver filtrato più di 90.000 documenti militari sull’Afganistan, sui quali questo nuovo navigante sta lavorando.

Ti rendi conto, compagna, di cosa significa questo? – mi dice – Internet ha messo nelle nostre mani la possibilità di comunicare con il mondo. Non avevamo niente di simile prima” – commenta, mentre se la gode guardando e selezionando cablogrammi e testi dalla rete, che tiene sulla scrivania: un piccolo mobile, troppo piccolo per le dimensioni (anche se più ristrette dalla malattia) del suo occupante.

Sono finiti i segreti, o almeno così sembrerebbe. Ci troviamo davanti ad un giornalismo di ricerca ad alta tecnologia, come lo chiama il New York Times, e alla portata di tutti. Siamo davanti all’arma più potente che sia mai esistita – taglia corto – Il potere della comunicazione è stato, ed è, nelle mani dell’Impero e di ambiziosi gruppi privati che ne hanno fatto uso ed abuso. Per questo i media hanno fabbricato il potere che oggi ostentano.”.

Lo ascolto e non posso fare a meno di pensare a Chomsky: qualsiasi inganno l’impero metta in campo, deve contare prima sull’appoggio dei media, principalmente giornali e televisione, e oggi, naturalmente, su tutti gli strumenti che Internet offre. Sono i media che creano il consenso prima di qualsiasi azione. “Ti spianano la strada”, si direbbe. Condizionano il teatro delle operazioni.

“Tuttavia – taglia corto Fidel – anche se hanno preteso di conservare intatto questo potere, non ci sono riusciti. Lo stanno perdendo giorno per giorno.”.

Riconosciamo allora lo sforzo che fanno alcuni siti e media, oltre a Wikileaks: dal lato latinoamericano, Telesur del Venezuela, la televisione culturale in Argentina, il Canale Incontro, e tutti quei media, pubblici e privati, che affrontano potenti consorzi particolari della regione o multinazionali dell’informazione, della cultura e dell’intrattenimento.

Le informazioni sulla manipolazione dei potenti gruppi imprenditoriali locali o regionali, i loro complotti per incoronare o eliminare governi e personaggi politici, o sulla tirannia che l’impero esercita attraverso le multinazionali, ora sono alla portata di tutti i mortali.

Ma non di Cuba, che dispone di una sola entrata di Internet per tutto il paese, comparabile con quella che ha un qualsiasi albergo Hilton o Sheraton. Questa è la ragione per cui connettersi a Cuba è esasperante. La navigazione è come se avvenisse al rallentatore.

“Perché questo?” chiedo.

Per il deciso rifiuto degli Stati Uniti di fornire all’isola accesso ad Internet, attraverso uno dei cavi sottomarini in fibra ottica che passano vicino alla costa. Cuba si vede obbligata, invece, a utilizzare il segnale di un satellite, cosa che rende molto più caro il servizio che il governo cubano deve pagare, e impedisce di utilizzare una larghezza di banda maggiore che permetta di dare l’accesso a molti più utenti e alla velocità che è normale in tutto il mondo, con la banda larga.”.

Per questa ragione il governo cubano dà priorità nella connessione non a chi può pagare il costo del servizio, ma a coloro che ne hanno più bisogno come medici, accademici, giornalisti, tecnici, “quadri” del governo e ai clubs di Internet per uso sociale. Non si può fare di più.

Penso agli enormi sforzi del sito cubano Cubadebate per fornire all’interno e portare all’esterno l’informazione del paese, nelle condizioni esistenti. Ma, secondo Fidel, Cuba potrà risolvere in fretta questa situazione. Si riferisce al termine delle operazioni per il cavo sottomarino che va dal porto di La Guaira, in Venezuela, fino alla zona di Santiago de Cuba. Con queste opere, portate avanti dal governo di Hugo Chàvez, l’isola potrà disporre della banda larga e di possibilità di intraprendere un grande ampliamento del servizio.

“Molte volte si è additata Cuba, e in particolare lei, di avere una posizione strettamente antistatunitense, e si è arrivati anche ad accusarla di provare odio verso questa nazione “, gli dico.

Niente di tutto ciò – chiarisce – Perché odiare gli Stati Uniti se sono solo un prodotto della storia?

Ma, effettivamente da quasi 40 giorni, quando ancora non aveva finito di “resuscitare” si è occupato – per cambiare – nelle sue nuove Riflessioni, del suo potente vicino.

E’ che ho cominciato a vedere ben chiari i problemi della crescente tirannia mondiale … - e gli si è presentata, alla luce di tutte le informazioni che aveva – l’imminenza di un attacco nucleare che scatenerebbe la conflagrazione mondiale.”

Ancora non poteva parlare, fare quello che sta facendo ora, mi accenna. Riusciva solo a scrivere con una certa fluidità, perché non solo ha dovuto imparare a camminare, ma anche, a 84 anni, ha dovuto tornare a imparare a scrivere.

Uscii dall’ospedale, tornai a casa, camminai, esagerai. Poi ho dovuto fare riabilitazione per i piedi. Per allora riuscivo già a cominciare di nuovo a scrivere. Il salto qualitativo avvenne quando ho potuto dominare tutti gli elementi che mi permettevano di fare tutto quello che sto facendo ora. Ma posso e devo migliorare … Posso riuscire a camminare bene. Oggi, te l’ho già detto, ho fatto 600 passi da solo, senza bastone, senza niente, e questo devo conciliarlo con quello che salgo e scendo, con le ore in cui dormo, con il lavoro.”

- Cosa c’è dietro questa frenesia di lavoro, che più che a una riabilitazione può portarla ad una ricaduta? –

Fidel si concentra, chiude gli occhi come per cominciare a sognare, ma no …. torna alla carica.

Non voglio restare assente in questi giorni. Il mondo è nella fase più interessante e pericolosa della sua esistenza e io sono piuttosto impegnato con quello che succederà. Ho ancora cose da fare.”

- Come cosa?-

Come la formazione di un unico movimento anti guerra nucleare” – è ciò a cui si sta dedicando dalla sua riapparizione. Creare una forza di persuasione internazionale per evitare che questa enorme minaccia si realizzi rappresenta una sfida, e Fidel non è mai riuscito a resistere ad una sfida.

Al principio pensavo che l’attacco nucleare sarebbe stato alla Corea del Nord, ma mi corressi in fretta perché mi dissi che questo lo avrebbe fermato la Cina, col suo veto nel Consiglio di Sicurezza… Ma quello all’Iran non lo ferma nessuno, perché non c’è veto né cinese né russo. Poi è arrivata la risoluzione (delle Nazioni Unite) e per quanto Brasile e Turchia abbiano posto il veto, il Libano non l’ha fatto e allora è stata presa la decisione.”

Fidel convoca scienziati, economisti, comunicatori ecc, perché esprimano la loro opinione su quale può essere il meccanismo con cui si può scatenare l’orrore e la forma con cui si può evitarlo. Li ha portati persino all’esercizio della fantascienza. “Pensate, pensate – li sprona nelle discussioni”. “Ragionate, immaginate”, esclama l’entusiastico maestro che è diventato in questi giorni.

Non tutti hanno compreso la sua inquietudine. Non sono pochi quelli che vedono del catastrofismo e persino del delirio nella sua nuova campagna. A questo andrebbe aggiunto la paura, che assilla molti, che la sua salute abbia una ricaduta.

Fidel non cede: niente e nessuno è capace di frenarlo. Ha bisogno, nel più breve tempo possibile, di convincere per fermare così la conflagrazione nucleare che – insiste – minaccia di far scomparire una buona parte dell’umanità. “Dobbiamo mobilitare il mondo per convincere Barak Obama, il presidente degli Stati Uniti, ad evitare la guerra nucleare. Lui è l’unico che può, o no, premere il bottone.”.

Con i dati che già maneggia come un esperto e i documenti che avallano ciò che dice, Fidel discute e fa un’esposizione sinistra: “Conosci il potere nucleare che hanno oggi alcuni paesi del mondo, paragonato all’epoca di Hiroshima e Nagasaki? Quattrocentosettantamila volte il potere esplosivo che aveva ognuna delle due bombe che gli Stati Uniti sganciarono su queste due città giapponesi. Quattrocentosettantamila volte di più” sottolinea scandalizzato.

Questa è la potenza che possiede ciascuna delle più di 20 mila armi nucleari che – si calcola – ci sono oggi nel mondo. Con molto meno di questa potenza – con solo 100 – si può già produrre un inverno nucleare che oscuri il mondo nella sua totalità.

Questa barbarie può succedere tra pochi giorni, per essere più precisi il 9 settembre prossimo, la data di scadenza dei 90 giorni accordati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU per iniziare a ispezionare le navi iraniane.

Tu credi che gli iraniani tornino indietro?Te l’immagini? Uomini coraggiosi, religiosi, che vedono nella morte quasi un premio …. Bene, gli iraniani non cederanno, questo è sicuro. Cederanno gli yankees? E cosa succederà se né l’uno né l’altro cedono? E questo può succedere il prossimo 9 settembre”.

“Un minuto dopo l’esplosione, più della metà degli esseri umani sarà morto, la polvere e il fumo dei continenti in fiamme sconfiggeranno la luce solare e le tenebre assolute torneranno a regnare nel mondo” ha scritto Gabriel Garcìa Màrquez in occasione del 41° anniversario di Hiroshima. “Un inverno di piogge giallastre e uragani gelati invertiranno il tempo degli oceani e rovesceranno il corso dei fiumi, i cui pesci saranno morti di sete nelle acque ardenti … L’era del rock e dei cuori trapiantati farà ritorno alla sua infanzia glaciale….”

 

Il mondo del futuro deve essere comune a tutti (II parte)

 

L’Avana. Nonostante non ci sia nulla che denoti in lui alcun disagio, credo che a Fidel non piacerà quello che sto per dirgli:

- Comandante, tutto l’incanto della Rivoluzione Cubana, il riconoscimento, la solidarietà di una buona parte dell’intellettualità mondiale, le grandi realizzazioni del popolo di fronte al bloqueo, tutto, insomma, tutto finì nel cestino a causa della persecuzione degli omosessuali a Cuba.-

Fidel non evita il tema. Non nega né rifiuta l’affermazione. Chiede solo tempo per ricordare, dice, come e quando sono iniziati i pregiudizi nelle file rivoluzionarie.

Da cinquant’anni, e a causa dell’omofobia, gli omosessuali sono stati marginalizzati a Cuba e molti furono inviati in campi di lavoro militar/agricoli, accusandoli di essere “controrivoluzionari”.

Si – ricorda – sono stati momenti di grande ingiustizia, una grande ingiustizia! – ripete enfatico – chiunque l’abbia commessa. Noi l’abbiamo commessa, noi …. Sto cercando di delimitare la mia responsabilità in tutto questo perché, di sicuro, personalmente, io non ho questo tipo di pregiudizi.”

Si sa che tra i suoi migliori e più vecchi amici ci sono degli omosessuali.

- Ma, allora, come si è formato questo odio per il “diverso”?

Lui pensa che tutto si sia prodotto come una reazione spontanea nelle file rivoluzionarie, che proveniva dalle tradizioni. Nella Cuba precedente non si discriminavano solo i neri: si discriminavano le donne e, naturalmente, gli omosessuali …..

- Sì, sì. Ma non nella Cuba della “nuova” morale , di cui erano tanto orgogliosi i rivoluzionari dell’interno e dell’esterno……

- Chi è stato, quindi, il responsabile, diretto o indiretto, che non si sia messo un freno a quello che stava succedendo nella società cubana? Il Partito? Perché questo è il momento in cui il Partito Comunista di Cuba non “esplicita” nei suoi statuti la proibizione della discriminazione per orientamento sessuale.

No – dice Fidel – Se qualcuno ne è responsabile, questo sono io ….E’ vero che in quei momenti non potevo occuparmi di quella faccenda ….. Ero immerso, principalmente, nella Crisi di Ottobre, nella guerra, nelle questioni politiche …”

- Ma questo è diventato un grave e serio problema politico, Comandante. –

Capisco, capisco …. Non siamo stati capaci di valutare … sabotaggi sistematici, attacchi armati succedevano ogni momento: avevamo tanti e così terribili problemi, problemi di vita e di morte, sai!? per cui non prestammo la dovuta attenzione.”.

- Dopo questo, la difesa della Rivoluzione diventò difficile all’estero … l’immagine si era deteriorata per sempre in alcuni settori, soprattutto in Europa”.

Capisco, capisco – ripete – era giusto…”

- La persecuzione degli omosessuali poteva esserci con maggiori o minori proteste, da qualsiasi parte. Non nella Cuba rivoluzionaria – gli dico.

Capisco: è come quanto il santo pecca, vero?!. Non è lo stesso che se pecca il peccatore, no?!”

Fidel mostra un lieve sorriso, per poi tornare ad essere serio:

Guarda: pensa com’erano le nostre giornate in quei primi mesi della Rivoluzione: la guerra con gli yankees, il problema delle armi e, quasi simultaneamente, i piani di attentati contro la mia persona…”.

Fidel rivela quanto “terribilmente” influirono su di lui e quanto cambiarono la sua vita le minacce di attentato e gli attentati stessi di cui è stato vittima:

Non potevo fermarmi da nessuna parte, non c’era posto dove potessi vivere…” I tradimenti erano all’ordine del giorno e lui doveva continuare a sparire….

Sfuggire alla CIA, che comprava tanti traditori, a volte tra la nostra stessa gente, non era semplice; ma alla fine, in ogni modo, se bisogna assumersi la responsabilità, mi assumo la mia. Non darò la colpa ad altri….” sostiene il dirigente rivoluzionario. Gli spiace solo non aver corretto allora …

Oggi, tuttavia, si sta affrontando il problema. Con lo slogan “L’omosessualità non è un pericolo, l’omofobia sì” è stata celebrata recentemente in molte città del paese la terza Giornata Cubana nell’ambito della Giornata Mondiale contro l’Omofobia. Gerardo Arreola, corrispondente de La Jornada a Cuba, riferisce puntualmente sul dibattito e sulla lotta che si porta avanti nell’isola per il rispetto dei diritti delle minoranze sessuali.

Arreola riferisce che è Mariela Castro, una sociologa di 47 anni – figlia del presidente cubano Raùl Castro – che guida il Centro Nazionale di Educazione Sessuale (Cenesex), istituzione che, lei dice, è riuscita a migliorare l’immagine di Cuba dopo l’emarginazione degli anni ’60.

“Noi tutte cubane e cubani siamo qui per continuare a lottare per l’inclusione, perché questa sia la lotta per tutte e per tutti, per il bene di tutte e di tutti …” ha detto Mariela Castro inaugurando la giornata, scortata da transessuali che portavano la bandiera cubana e quella, multicolore, del movimento gay.

Oggi a Cuba gli sforzi per gli omosessuali comprendono iniziative come il cambio di identità dei transessuali e le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Dagli anni ’90 l’omosessualità è depenalizzata nell’isola, anche se ancora ci sono casi di molestie della polizia. E dal 2008 si praticano gratuitamente operazioni di cambio di sesso.

 

Il bloqueo

Nel 1962 gli Stati Uniti decretarono il blocco contro Cuba. Si trattato di “un feroce tentativo di genocidio…” come l’ha chiamato Gabriel Garcìa Màrquez, lo scrittore che meglio ha fatto la cronaca di quel periodo.

Periodo che dura ancora ai nostri giorni” mi avverte Fidel. “Il bloqueo è vigente oggi più che mai, con l’aggravante del fatto che è legge costituzionale negli Sttai Uniti, per il fatto che la vota il Presidente, la vota il Senato, la vota la Camera dei Rappresentanti….”. Il numero di voti e la sua applicazione possono alleggerire la situazione, o no. Ma è lì…

Si, lì c’è la legge Helms-Burton, interventista e annessionista … e la legge Torricelli, debitamente approvata dal Congresso degli Stati Uniti. Ricordo bene il senatore Helms il giorno del 1966 in cui fu approvata la sua proposta. Era esultante e ripeteva davanti ai giornalisti il nocciolo delle sue pretese: “Castro deve andarsene da Cuba. Non mi importa come Castro lascerà l’isola: se in modo verticale o in modo orizzontale, sono questioni loro …. Ma Castro deve lasciare Cuba.”

 

Comincia l’assedio

Nel 1962 quando gli Stati Uniti decretarono il blocco, Cuba si trovò all’improvviso con la prova che non aveva nient’altro che 6 milioni di cubani determinati, in un’isola luminosa e sguarnita…”.

Nessuno, nessun paese poteva commerciare con Cuba; nessuno poteva comprare e vendere e guai a quel paese o impresa che non si assoggettava all’assedio commerciale decretato dagli Stati Uniti. Non posso dimenticare quella nave della CIA che fino a pochi anni fa pattugliava le acque territoriali, per intercettare le imbarcazioni che portassero merci sull’isola.

Il problema più grande, tuttavia, è sempre stato quello delle medicine e degli alimenti, che sussiste ancora oggi. Ancor oggi non si permette ad alcuna impresa di alimentari di commerciare con Cuba, neppure per l’importanza dei volumi che l’isola acquisirebbe o perché è sempre obbligata a pagare prima.

Condannati a morire di fame, i cubani dovettero “inventare la vita un’altra volta dal principio”, dice Garcìa Màrquez. Svilupparono una “tecnologia della necessità” e una “economia della scarsità” racconta: tutta una “cultura della solitudine”.

Non c’è gesto di dispiacere, meno ancora di amarezza, quando Fidel Castro ammette l’abbandono in cui gran parte del mondo lasciò l’isola. Al contrario …..

La lotta, la battaglia che abbiamo dovuto combattere ci portò a fare sforzi superiori a quelli che forse avremmo fatto senza il blocco” dice Fidel. Ricorda con una specie di orgoglio, per esempio, la gigantesca operazione di massa che portarono avanti cinque milioni di ragazzi, organizzati nei CDR (Comitati di Difesa della Rivoluzione). In un solo giorno di otto ore riuscirono a effettuare in tutto il paese una vaccinazione di massa, con cui sradicarono malattie come la polio e il paludismo. O quando più di un quarto di milione di alfabetizzatori – centomila di loro bambini – si addossarono l’alfabetizzazione della maggior parte della popolazione adulta del paese che non sapeva leggere né scrivere.

Ma il gran salto viene fatto, senza dubbio, nella medicina e nella biotecnologia: “Si dice che Fidel stesso inviò a formarsi in Finlandia una equipe di scienziati e medici che avrebbero dovuto incaricarsi della produzione di medicine”.

Il nemico usò contro di noi la guerra batteriologica. Portò qui il virus II° del Dengue. Nella Cuba pre-rivoluzionaria non si conosceva neppure il I°. Qui apparve il II°, che è molto più pericoloso perché produce un dengue emorragico che attacca soprattutto i bambini. Entrò da Boyeros. Lo portarono i controrivoluzionari, gli stessi che giravano con Posada Carriles, gli stessi a cui Bush diede l’indulto, gli stessi che provocarono il sabotaggio dell’aereo delle Barbados…. Proprio questa gente ricevette il compito di introdurre il virus” denuncia Fidel.

- Incolpavano Cuba perché, dicevano, c’erano molte zanzare nell’Isola – gli dico.

E come non potevano esserci se per combatterle ci vuole l’Abate (un insetticida specifico) e l’Abate non potevamo ottenerlo: lo producevano solo negli Stati Uniti!” rivela.

Il viso del Comandante si oscura: “Cominciarono a morirci i bambini” ricorda. “Non avevamo nulla per curare la malattia. Nessuno voleva venderci le medicine e gli apparati con cui si sradica il virus. Centocinquanta persone morirono vittime della malattia. Erano quasi tutti bambini ….. Dovemmo arrivare a comprarlo di contrabbando, anche se era carissimo. Ovunque proibirono di portarlo, una volta, per misericordia, ne fecero passare un poco”.

Per “misericordia” , ha detto l’uomo forte della Rivoluzione. Confesso il mio turbamento ……

Non proprio per misericordia, ma per solidarietà, accorsero alcuni amici di Cuba. Fidel menziona, per il Messico, gli Echevarrìa: Luìs e Marìa Ester che, nonostante non fossero già più al governo, riuscirono a ottenere alcune apparecchiature che permisero di mitigare in qualche modo l’epidemia. “Non li dimenticheremo mai” – dice commosso.

-Vede? – gli dico – Non sono state tutte cattive o sfortunate le relazioni con personaggi politici messicani…..

Certo che no – dice prima che terminiamo la chiacchierata/intervista e passiamo al pranzo, che dividiamo con sua moglie, Dalia Soto del Valle. Da quella terrazza siderale dove si mette per guardare e analizzare il mondo, la vita ….. Fidel fa un brindisi perché “nel mondo del futuro abbiamo una sola Patria”.

Che vuol dire che gli uni sono spagnoli, gli altri inglesi, altri ancora africani? E che alcuni abbiano più di altri…? Il mondo del futuro deve essere comune e i diritti degli esseri umani devono venire prima dei diritti individuali … sarà un mondo ricco, dove tutti i diritti siano uguali per tutti…”.

- E come si fa a ottenerlo, Comandante? –

Educando…. educando e creando amore e fiducia”.

 

  

Traduzione di Daniela Trollio

Il testo dell'intervista in formato Word
Fidel Castro racconta la crisi di salute
Documento Microsoft Word 131.0 KB

Immagini tratte dal sito Cubadebate

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Commenti: 1
  • #1

    milka (mercoledì, 02 marzo 2011 20:20)

    yo soy una cubana que vivo a roma de quince anos ...pero nunca podre olbidar cuanto amo mi presidente,,, es y sera un personaje unico en la tierra ,,, y yo le mando tantos saludos y mucha salud, ,,,,,,,,,,,,,,,,RESISTE PADRE ,,,UN ABRASO MILKA LA CUBANITA DE CIENFUEGOS...DE SANTA ISABEL DE LAS LAJAS,TE QUIERO MUCHO

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