IN RICORDO DI GIULIO GIRARDI

 

Omaggio a Giulio Girardi

di Daniela Trollio (*)

 

Dopo una lunga malattia, il 26 febbraio scorso se n’è andato a 86 anni Giulio Girardi, padre salesiano.

Ci ha lasciato, in silenzio, un uomo che ha dedicato tutta la sua intelligenza, la sua passione e la sua vita alla causa degli oppressi e alla lotta per la liberazione dei poveri, soprattutto quelli che lui chiamava “i popoli indio-afro-latino-americani”.

 

Il suo nome e la sua opera sono, forse, poco conosciuti in Italia, ma egli è stato un protagonista delle lotte del Sud America, dalla collaborazione attiva con la rivoluzione Sandinista in Nicaragua, con gli Zapatista messicani, alla sua lunga amicizia con Fidel Castro, con Ugo Chavez e con il premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchù, l’india guatemalteca sopravvissuta ad una delle tante stragi commesse in Guatemala dai militari del dittatore Riott Monts.

L’impegno di Giulio Girardi con gli sfruttati e gli oppressi nasce da lontano. Dopo aver insegnato per anni filosofia al Pontificio Ateneo Salesiano ed essere stato chiamato, durante il Concilio Vaticano II, a collaborare con il “Segretariato per i non credenti”, fece sua la scelta della Teologia della Liberazione, a cui le gerarchie ecclesiastiche risponderanno espellendolo prima dall’Ateneo e sospendendolo poi a divinis. Nel 1970, a Torino, collabora alla “inchiesta operaia” con la FIOM; partecipa poi al primo incontro continentale di Cristiani per il Socialismo a Santiago del Cile nel 1972, dopo aver viaggiato e conosciuto dal vivo numerosi paesi latinoamericani. Nel 1974 diventerà membro del Tribunale Russel II sull’America Latina e poi, fino alla morte, del Tribunale Permanente dei Popoli.

 

Tra i suoi libri, ricordiamo:

Le rose non sono borghesi. Popolo e cultura del nuovo Nicaragua; Il popolo prende la Parola. Il Nicaragua per la teologia della liberazione; La conquista dell'America. Dalla parte dei vinti; Cuba dopo il crollo del comunismo; Che Guevara visto da un cristiano.

 

Proprio da quest’ultimo libro vogliamo riprodurre alcuni paragrafi, di estrema attualità nonostante siano passati 6 anni ed innumerevoli rivolgimenti storici dalla sua pubblicazione.

 

E’ certo che i problemi più urgenti per Cuba sono quelli della sopravvivenza fisica. Ma non sono meno importanti quelli sollevati dal futuro politico della rivoluzione e la ricerca delle alternative che esso richiede. Ciò che è in gioco nel laboratorio cubano è la vitalità del marxismo, nel momento in cui tutto il mondo annuncia euforicamente la sua sconfitta e la sua morte, la possibilità di costruire un’alternativa umana e solidale alla dittatura del mercato, quando il capitalismo mondiale proclama la sua vittoria definitiva e la fine della storia, la speranza che l’ultima parola della storia non sarà la vittoria della violenza e della morte, ma del diritto, della dignità e della vita.

Per questo molti uomini e donne di tutto il mondo si identificano con la causa della rivoluzione cubana, considerandola, assai più della città dell’Avana, “patrimonio dell’umanità”: perché sentiamo che il suo destino sarà anche il nostro”.

 

Quindi, il compito più urgente di una strategia antimperialista è quello di strappare all’imperialismo le sue maschere, denunciandolo di fronte al tribunale della coscienza mondiale. Perché il Tribunale di Norimberga ha condannato gli sconfitti, non i vincitori. Non vi sarà quindi un Tribunale di Norimberga per i delitti che stanno commettendo i più potenti. Per questi non vi può essere se non un tribunale della coscienza: la coscienza dell’umanità.”

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarellli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

Mail: cip.mi@tiscali.it

 

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