VIOLENZA IMPERIALISTA

Ipocrisia e violenza

della borghesia imperialista

di Michele Michelino (*)

Viviamo in un sistema capitalista “democratico” che usa la violenza “legale” della classe dominante per difendere e mantenere i suoi privilegi.

I borghesi (di destra o di sinistra), sono sempre pronti e in prima fila nel denunciare, condannare e reprimere l’autodifesa degli sfruttati. La lotta contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e la resistenza dei paesi che si oppongono alla penetrazione imperialista è bollata come violenza contro i rappresentanti della loro classe. I borghesi giustificano sempre come necessaria o al più ignorano la violenza contro le classi sottomesse, contro i proletari, gli operai, i lavoratori, i NO TAV, gli studenti, i popoli oppressi e chiunque ostacoli la “libera” accumulazione del profitto.

I campioni della democrazia, così “buoni “da volerla esportare in tutto il mondo anche contro il volere dei popoli, sono sempre pronti a condannare le violenze e la mancanza di democrazia in Asia, Africa e America Latina. I capitalisti condannano la violenza di chi si ribella e lotta ogni giorno per mettere insieme il pranzo con la cena ma, pur di salvaguardare i loro profitti, non esitano ad ammazzare donne, uomini e bambini con le armi, le bombe, o per fame, sete e malattie.

Il terrorismo degli stati imperialisti e capitalisti che riempie le galere e i cimiteri di tutto il mondo è chiamato “difesa della democrazia” a “tutela della pace”.

Da sempre i paesi imperialisti e le multinazionali che fanno maggiori profitti sono quelli che più ammazzano, inquinano e distruggono il pianeta. Nella loro “libera” stampa di regime gli sfruttatori sono fatti passare per benefattori dell’umanità e amanti della pace. Paesi come gli Stati Uniti - che nella sola guerra del Vietnam spesero 676 mila milioni di dollari per distruggere vite umane e natura, e che solo in esplosivo hanno buttato in Vietnam l’equivalente di duecento bombe di Hiroshima - si vantano di essere capofila dell’esportazione della “democrazia”.

La crisi acuisce le contraddizioni interimperialistiche e quelle di classe nei singoli paesi e la lotta di classe da sempre latente diventa ogni giorno più manifesta, lasciando sempre meno spazio per le mediazioni.

Nella società borghese gli operai, continuamente posti sotto il ricatto della perdita del posto di lavoro e del salario, vivono o sopravvivono, con una pistola puntata alla tempia e devono sottostare al padrone, anche se questo non gli impedisce di ribellarsi e pagare un alto prezzo.

Si criminalizzano le lotte di chi combatte contro il capitalismo e l’imperialismo, di chi lotta contro le cause della miseria, per il socialismo e si giustificano le ruberie e gli sprechi in mondo in cui i ricchi diventano sempre più ricchi a scapito dei più poveri.

Si arriva al paradosso che il pensionato affamato o il lavoratore disoccupato che ruba una mela o una scatoletta di carne da un supermercato o un ladro che ruba un’autoradio da un’automobile è condannato a una pena maggiore rispetto all’imprenditore responsabile della morte di decine di operai o che inquina interi territori come all’Ilva a Taranto.

L’attacco delle condizioni di vita e di lavoro, i tagli alla sanità, alla scuola, il restringimento dei diritti, non solo ci fa tornare indietro di cento anni, ma sta trasformando la società in una grande caserma, e i luoghi di lavoro, uffici e fabbriche (Fiat in testa), in campi di concentramento in cui l’unica legge applicata è quella del padrone, senza alcuna mediazione.

Per secoli la cultura dominante ha insegnato alle classi sottomesse la rassegnazione, a inchinarsi e accettare le sofferenze con cristiana, o altra religiosa, pazienza come se il potere dei potenti di turno fosse frutto di una volontà divina e non degli uomini di una determinata classe sociale che difende i suoi interessi.

La borghesia imperialista, attraverso gli stati e le sue istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, il WTO, la BCE, tutela e difende i suoi interessi.

Il diritto del più forte diventa legge e il principio di uguaglianza sancito anche dalla Costituzione Repubblicana Italiana che stabilisce che siamo tutti uguali davanti alla legge è una grande bugia. Nella realtà i proletari non sono uguali ai borghesi né in terra né in cielo, e neanche da morti.

La società borghese -con le sue forme di democrazia delegata - di là dalle forme di governo e degli schieramenti politici, usa tutti gli strumenti e i mezzi per non farci pensare con la nostra testa; con la disinformazione attuata dai media di cui sono proprietari, sostenendo e predicando il fatalismo affermando ”che mai nulla cambierà” cercano di portare alla rassegnazione le classi sottomesse.

Le condizioni per la distruzione del capitalismo a livello mondiale sono più attuali che mai.

Il fallimento del modo di produzione capitalista-imperialista genera incessantemente rivolte spontanee ed esplosioni rivoluzionarie. Anche se oggi si paga lo scotto della mancanza di un’organizzazione proletaria rivoluzionaria, ogni lotta di massa, genera inevitabilmente avanguardie di lotta e rivoluzionarie. E’ a questi operai e lavoratori coscienti, ai rivoluzionari proletari che si riconoscono in una sola e unica classe mondiale che è affidato il compito di ripristinare, in nome della solidarietà di classe internazionale, l’organizzazione del partito proletario. Sono questi i nemici implacabili della borghesia.

La lotta si fa sempre più cruenta. La borghesia mondiale e italiana, come già fece in passato, commetterà ogni tipo di atrocità e delitti per impedire che il proletariato organizzato abbatta il suo potere e costruisca un sistema sociale socialista, in cui si abolisce la proprietà privata dei mezzi di produzione e si lavora non per il profitto di pochi ma per soddisfare i bisogni dell’immensa maggioranza degli esseri umani.

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”

Via Magenta 88 Sesto San Giovanni (Mi) telefax 02 26224099

 

 Mail: cip.mi@tiscali.it    

                                                              

web: http://ciptagarelli.jimdo.com/

Articolo pubblicato sulla rivista “nuova unità”

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