Hasta la victoria siempre, Comandante Chàvez

Il Presidente del Venezuela, Hugo Chàvez Frìas, è morto ieri, 5 marzo 2013, alle ore 16.25 all’Ospedale Militare Doctor Carlos Arvelo della capitale.

Lo ha annunciato il Vicepresidente Esecutivo, Nicolàs Maduro, aggiungendo: “E’ un dolore immenso ed una tragedia storica che oggi tocca alla nostra patria. Comandante, dovunque sia ora: grazie, mille volte grazie, da parte di questo popolo che lei ha protetto, a cui non è mai mancato.”

 

Esprimiamo il nostro dolore al popolo venzuelano e, in questo tristissimo giorno, ci permettiamo anche noi di dire, come hanno gridato nelle piazze milioni di suoi concittadini, “Chàvez sono io!”: un impegno a battersi per la costruzione del socialismo... ovunque.

 

Quelli che muoiono per la vita non si possono chiamare morti

(Alì Primera, cantautore rivoluzionario venezuelano)

Gloria al coraggioso Chàvez

di Atilio Boròn

Ci costa moltissimo assorbire la dolorosa notizia della morte di Hugo Chàvez Frìas. Non si può che maledire l’infortunio che priva la Nostra America di uno dei pochi “imprescindibili”, come diceva Bertold Brecht, nella lotta non finita per la nostra seconda e definitiva indipendenza.

La storia darà il suo verdetto sul compito portato avanti da Chàvez, anche se non abbiamo dubbi che sarà positivo. Al di là di qualsiasi discussione che si possa legittimamente fare all’interno del campo antimperialista – non sempre sufficientemente saggio da distinguere con chiarezza amici e nemici – bisogna partire riconoscendo che il leader bolivariano ha girato una pagina della storia venezuelana e, perchè no?, latinoamericana. Da oggi si parlerà di un Venezuela e di un’ America Latina precedente e di una posteriore a Chàvez, e non è avventato ritenere che i cambiamenti che egli ha spinto e di cui è stato protagonista come pochi nella nostra storia portino il sigillo dell’irreversibilità. I risultati delle recenti elezioni venezuelane – riflesso della maturazione della coscienza politica di un popolo – sostengono questo pronostico.

Si può smarrire il cammino delle nazionalizzazioni e si può privatizzare le imprese pubbliche, ma è infinitamente più difficile ottenere che un popolo che ha acquistato coscienza della sua libertà retroceda e accetti nuovamente la sottomissione.

Nella sua dimensione continentale, Chàvez è stato il protagonista principale della sconfitta del più ambizioso progetto dell’impero per l’America Latina: l’ALCA. Basterebbe questo per metterlo nella galleria dei grandi patrioti della Nostra America. Ma egli ha fatto molto di più.

 

Questo leader popolare, genuino rappresentante del suo popolo con cui comunicava come nessun governante aveva mai fatto, fin da giovane provava una ripulsa viscerale per l’oligarchia e l’imperialismo. Questo sentimento si è sviluppato fino a plasmare un progetto razionale: il socialismo bolivariano, il socialismo del XXI secolo.

E’ stato Chàvez colui che, nel mezzo della notte neoliberista, ha riportato nel dibattito pubblico latinoamericano – e in gran parte internazionale – l’attualità del socialismo. Più ancora, la necessità del socialismo come unica alternativa reale, non illusoria, davanti all’inesorabile putrefazione del capitalismo, denunciando la frode delle politiche che pretendono di risolvere la sua crisi integrale e sistemica conservando i parametri fondamentali di un ordine economico-sociale storicamente spacciato.

Come ricordavamo più sopra, Chàvez è stato anche il maresciallo di campo che ha permesso di infliggere all’imperialismo la storica sconfitta dell’ALCA a Mar del Plata, nel novembre 2005. Se Fidel è stato il generale stratega di questa lunga battaglia, il concretarsi di questa vittoria sarebbe stato impossibile senza il protagonismo del leader bolivariano, la cui eloquenza convinse l’anfitrione del Summit dei Presidenti delle Americhe, Néstor Kirchner; i Ignacio “Lula” da Silva e la maggioranza dei capi di stato là presenti, al principio poco propensi – quando non apertamente contrari – ad oltraggiare l’imperatore nel suo palazzo. Chi, se non Chàvez, avrebbe potuto cambiare la situazione?

 

L’istinto sicuro degli imperialisti spiega l’implacabile campagna che Washington ha lanciato contro di lui dall’inizio della sua azione. Crociata che, ratificando una deplorevole costante storica, ha contato sulla collaborazione dell’infantilismo di ultra-sinistra che, dentro e fuori il Venezuela, si è messo oggettivamente al servizio dell’impero e della reazione.

 

Per questo la sua morte lascia un vuoto difficile, se non impossibile, da riempire.

Alla sua eccezionale statuura di leader di massa si univa la chiaroveggenza di chi, come pochi davvero, ha saputo decifrare e agire intelligentemente nella complessa trama geopolitica dell’impero che pretende di perpetuare la sottomissione dell’America Latina. Subordinazione che si poteva combattere solo promuovendo – in linea con le idee di Bolìvar, San Martìn, Artigas, Alfaro, Morazàn, Martì e, più recentemente del Che e di Fidel – l’unione dei popoli dell’America Latina e dei Caraibi.

Forza scatenata della natura, Chàvez ha “riformato” l’agenda dei governi, dei partiti e dei movimenti sociali della regione con un interminabile torrente di iniziative e proposte di integrazione: dall’ALBA a Telesur; da Petrocaribe alla Banca del Sud; dalla UNASUR al Consiglio Sudamericano della Difesa fino alla CELAC. Inziative tutte che condividono un indelebile codice genetico: il suo fervente e implacabile antiimperialismo.

 

Chàvez non sarà più tra noi, irradiando quella profonda cordialità, quel tagliente e fulminante senso dell’umorismo che disarmava le rigidità del protocollo, quella generosità e quell’altruismo che lo facevano amare. Martiano fino al midollo sapeva che, come diceva l’Apostolo cubano,per essere liberi bisogna essere colti. Per questo la sua curiosità intellettuale non aveva limiti. In un’epoca in cui quasi nessun capo di stato legge –cosa leggevano i suoi detrattori, i Bush, gli Aznar, i Berlusconi, i Menem, i Fox, i Fujimori? – Chàvez era il lettore che ogni autore avrebbe voluto per i suoi libri. Leggeva a tutte le ore, nonostante i pesanti obblighi che gli imponevano le sue responsabilità di governo. E leggeva con passione, sottolineando con matita, penna e evidenziatore con cui segnava e annotava i passaggi più interessanti, le citazioni più importanti, gli agomenti più profondi dei libri che leggeva.

 

Questo uomo straordinario, che mi ha onorato della sua amorevole amicizia, se n’è andato per sempre.

Ma ci ha lasciato un’eredità immensa, incancellabile, e i popoli della Nostra America ispirati dal suo esempio contineranno a seguire il cammino che consuce verso la nostra seconda e definitiva indipendenza. Succederà per lui quello che è successo con il Che: la sua morte, invece di cancellarlo dalla scena politica, ingrandirà la sua presenza e il suo ruolo nelle lotte dei nostri popoli. Per uno di quei paradossi che la storia riserva solo ai grandi, la sua morte lo trasforma in un personaggio immortale. Parafrasando l’inno nazionale venezuelano “Gloria al coraggioso Chàvez”.

Hasta la victoria siempre, Comandante!

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