CAPITALISMO: RICCHEZZA E POVERTA'

L’esagerato potere dei ricchi

di Francisco Morote Acosta 

Viviamo in un mondo in cui le disuguaglianze internazionali e nazionali non smettono di crescere. La frattura sociale è inarrestabile. Ricchezza e povertà sono le due facce inevitabili della stessa moneta: il sistema economico capitalista. Un sistema che funziona come un autentico casinò mafioso, arricchendo favolosamente i suoi proprietari e impoverendo i suoi incauti clienti. Il sistema non è fatto per dividere in modo ugualitario o giusto la ricchezza, ma per concentrarla nelle poche mani di coloro che, in molti casi, la stanno accumulando da generazioni.

Secondo varie stime che si basano su documenti come il “Rapporto sulla Ricchezza Globale” della banca svizzera Credit Suisse, o sulle dichiarazioni della direttrice generale del
Fondo Monetario Internazionale (FMI) Christine Lagarde, si può affermare che meno del 10% della popolazione mondiale, esattamene l’8,1% (373 milioni di persone) possiede l’82,4% della ricchezza totale e, anche all’interno di questo 8,1 uno 0,5% di super-ricchi (29 milioni di persone) accumulano il 39,3% della ricchezza del mondo.

Invece il resto della popolazione mondiale che raggiunge più del 90% del totale degli abitanti
(avvicinandosi ai 7.000 milioni di persone) possiede solo il 17,7% della ricchezza globale.

Da questa intollerabile disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza mondiale deriva una conseguenza drammatica e perversa. Nel momento di influire sull’elaborazione delle politiche economiche degli organismi internazionali – Fondo Monetario Internazionale, banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), ecc. – e dei governi, compresi quelli chiamati democratici, gli interessi che contano veramente sono quelli di questa élite dell’8,1% e, soprattutto, quelli della super-élite dello 0,5% della popolazione mondiale (29 milioni di persone) che – da sola – accumula circa il 40% della ri chezza totale del pianeta.

Il linguista e pensatore statunitense Noam Chomsky si è espresso con la massima chiarezza poco tempo fa a Bonn (Germania), durante l’apertura del Form Globale mediatico: “Più in alto si situano le entrate, più si ha maggiore influenza nella politica e quando ti trovi nella scala di entrate in una posizione tra 1 e 10 per cento della popolazione, sono loro che se la cavano, sono loro che determinano la politica”.

Nel nostro mondo di inizi del secolo XXI si direbbe che si sia realizzato il desidero di quell’ufficiale delle SS della Germania nazista che proclamava che: “il 5 o 10 per cento della popolazione, l’élite, deve comandare, il resto deve obbedire e lavorare”.

Naturalmente a questo punto si può discutere se la ricchezza dia o no la felicità, ma ciò di cui non vi è dubbio è che dà il potere.

Cosa può fare, allora, quel più del 90% della popolazione mondiale che non ha, o ha pochissima, influenza nell’elaborazione delle politiche degli organismi internazionali e governativi?

Quello che probabilmente sta iniziando a fare. Opporsi, attraverso la mobilitazione sociale e il suo corollario logico – l’organizzazione politica – al potere di questa élite di ricchi e, soprattutto, a quell’élite di super-ricchi che, sotto una manto di apparente democrazia, esercita un controllo plutocratico del mondo. 

Solo quando gli organismi internazionali e governativi progetteranno e metteranno in pratica politiche a beneficio di quel 90% della popolazione, anche se gli interessi dell’élite saranno danneggiati, si potrà parlare realmente di democrazia e su di essa si potrà costruire un mondo più giusto, in cui la ricchezza non sia proprietà e trampolino di pochi per governare il mondo, ma patrimonio di tutti per offrirci una vita degna di essere vissuta.

 

da: rebelion.org; 25/7/2013

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria
“G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni, Mi) 

Scrivi commento

Commenti: 1
  • #1

    Carlos Huerta (venerdì, 07 febbraio 2014 15:02)

    Sì, la moneta a corso legale, degli stati e delle banche, ed il credito sono gli strumenti per provocare la concentrazione della ricchezza di pochi e la povertà di tanti. L'unica soluzione per invertire questo processo è l'adozione di un sistema di credito indipendente da stati e banche che presti denaro sulla fiducia, senza garanzie, senza interessi e senza spese a chi ne ha bisogno per vivere, per lavorare e per produrre. A questo serve EkaBank (www.ekabank.org).

News