IL PROFITTO PRIMA DI TUTTO

 

Su elefanti e rinoceronti: neoliberismo nella fattoria

 

di Alejandro Nadal (*)  

 

Due settimane fa c’è stata a Londra una riunione internazionale sul traffico delle specie minacciate di estinzione. La conferenza aveva come obiettivo confermare “l’impegno” dei paesi consumatori ed esportatori di flora e fauna silvestre a controllare e sradicare questo grave problema. 

 

Negli ultimi anni lo sfruttamento illegale di ogni tipo di vita silvestre si è aggravato in modo allarmante.

 

Gli esempi più conosciuti sono gli elefanti ed i rinoceronti. Un calcolo prudente sul numero di elefanti morti in Africa nell’anno passato arriva ai 22.000 esemplari (c’è chi calcola che le morti superino i 50.000 ogni anno). A questo ritmo, la specie potrebbe estinguersi in circa 15 anni.

 

La disparità delle cifre si deve al fatto che non si conosce con precisione la popolazione di elefanti, suprattutto nelle zone boscose dell’Africa occidentale. Gli elefanti vengono assassinati per il loro avorio, il cui valore di mercato (legale e illegale) raggiunge i 4.000 dollari al chilo: la zanna di un elefante maschio adulto può arrivare a pesare 18 chili.  Il mercato di avorio più importante si trova in Cina e in alcuni altri paesi dell’Asia, ma vi è anche spazio per transazioni legali negli Stati Uniti e in Europa.

 

Il caso dei rinoceronti è allarmante. Qui le cifre sono più precise. Ci sono circa 18 mila rinoceronti bianchi e 2 mila rinoceronti neri; la gran parte di questi animali (il 96%) si trova in Sudafrica. Circa 5 mila rinoceronti si trovano su terre di proprietà privata.

 

L’anno scorso più di 1.000 rinoceronti sono stati illegalmente cacciati per tagliare loro i corni e venderli in Cina e Vietnam a prezzi astronomici (ad Hanoi e Ho Chi Minh un chilo di corno può valere circa 95.000 dollari). Anche se il tasso di natalità dei rinoceronti supera ancora la mortalità provocata da questa caccia, le cose potebbero cambiare in questo 2014 e anche questi animali potrebbero estinguesi in circa 10/15 anni.  

 

In situazioni così drammatiche o anche più delicate di quelle di elefanti e rinoceronti si trovano le tigri, varie specie di orsi e molti rettili e uccelli.
Alla conferenza di Londra hanno assistito i rappresentanti di 46 paesi ed è stata firmata una importante dichiarazione che chiaramente chiude la porta agli sforzi di alcuni paesi per legalizzare i mercati di queste e di altre specie.

 

La reazione non ha tardato a manifestarsi. Di fronte alla prospettiva di farla finita con il traffico illegale di specie minacciate è sorto un movimento che si offre di controllare il massacro attraverso la creazione di mercati legali di queste specie e dei loro “prodotti” (pelli, zanne, corni, ossi, bile ecc.).

 

E’ una lobby internazionale di proprietari di allevamenti di ogni tipo di animali, da pitoni e lucertole (pelli) fino ai ranch con rinoceronti (corno), tigri (ossa e pelli) e orsi in cattività a cui  estrarre i succhi biliari.

 

Se sei uno con lo stomaco debole, ti sconsiglio di guardare su youtube i video sulla vita degli animali di queste “fatttorie”.  

 

Questa lobby si nasconde dietro le parole magiche “uso sostenibile” e afferma che con allevamenti e produttori legali si può avere il controllo del mercato. Insistono sul fatto che i loro allevamenti abbasserebbero i prezzi di questi prodotti e questo finirebbe per mandare in rovina i cartelli che oggi dominano il traffico delle specie.

 

Ma la loro analisi economica soffre di alcuni problemi, tra cui il fatto di non avere dati sull’elasticità del prezzo della domanda. Questo vuol dire che i modelli (economici) usati da questa lobby non possono dire niente sull’espansione della domanda finale al ridursi dei prezzi. Oltretutto i mercati legali aprono la porta al “lavaggio” (come per i soldi ‘sporchi’, n.d.t.) di avorio, corni, pelli e altri ‘prodotti’ di questi animali. 

 

I promotori degli allevamenti sostengono che la vita silvestre è una “risorsa” che dev’essere sfruttata per il benessere dell’umanità. Certo, non di tutta, solo di quella che è proprietaria ed ha il capitale per trasformare la vita silvestre in spazio di redditività.

 

In poche parole, è il neoliberismo applicato a tutto ciò che striscia, cammina, vola o nuota nella biosfera.

 

Il progetto di questa ‘lobby’ è legalizzare il mercato ed aprire allevamenti di specie minacciate per trasformarle in merci e così assicurare la loro ‘conservazione’.

 

Non importa che l’allevamento e l’avicoltura abbiano ben poco a che fare con la conservazione della vita silvestre, la lobby pro-commercio insiste che solo nei suoi allevamenti produttivi si potranno salvare tigri, orsi, rinoceronti e altre specie (compresi gli elefanti). 

 

Se George Orwell ritornasse (e non fosse anticomunista) scriverebbe senza dubbio un seguito della sua celebre “La fattoria degli animali”. Solo che stavolta il maiale Napoleone non rappresenterebbe il comitato centrale di un partito totalitario, ma il consiglio di amministrazione di una fattoria in cui gli animali devono riprodursi per dare le loro pelli, le loro zanne, i loro corni e le loro ossa agli azionisti.

 

E tutto al grido di “Viva il consumo sostenibile e il capitale naturale!”.  

 

(*)Economista messicano, professore di Economia al Colegio de Mexico e giornalista;  da: jornada.unam.mx.net; 26.2.2014 

 

(traduzione di Daniela Trolllio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

 

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