"LIBERO MERCATO"

 

Lo humor nero di George Kell

 

di Alejandro Teitelbaum (*)

 

Lo scorso 28 agosto Inter Press Service (IPS) ha pubblicato sulla sua rete un articolo di George Kell, Direttore Esecutivo del Patto Mondiale (Global Compact) delle Nazioni Unite, dal titolo: “Il futuro dipende dal patto mondiale tra le imprese e la società”, che inizia così: “Possiamo immaginare il giorno in cui una massa critica di imprese investa in un mondo migliore? In cui scommetta sul valore a lungo raggio, non solo in termini economici ma anche sociali, ambientali ed etici? Una decina di anni fa era difficile da immaginare, ma ora possiamo dire con fiducia che un movimento mondiale è in cammino”.

 

In seguito l’articolo proseguiva con una vera ode alle grandi imprese, destinate – secondo l’autore – a salvare l’umanità da tutti i mali.

 

Chiunque legga i giornali o guardi la televisione può rendersi conto delle guerre, delle stragi, delle epidemie, degli spostamenti forzati di massa di popolazioni, delle catastrofi ecologiche, delle carenze estreme che una buona parte della popolazione mondiale soffre, una breccia sempre più ampia tra l’infima minoranza dei più ricchi e l’enorme moltitudine dei più poveri, situazioni in buona parte causate dall’ansia di lucro illimitato del grande capitale, che conta sulla complicità della leadership politica mondiale. 

 

Francamente no, non possiamo immaginare quello che si immagina il signor Kell perché non abbiamo l’immaginazione del detto signore, degna del barone di Münchhausen, il famoso affabulatore. Al signor Kell crescerà il naso come a Pinocchio, ogni volta che parla  scrive?

 

A meno che si sia proposto di scrivere una satira di humor nero sullo stile di Jonathan Swift con  la sua “Modesta proposta”. 

 

Se, al contrario, con il suo articolo Kell ha voluto persuadere i lettori (detto in altro modo: manipolare le loro menti) riguardo al carattere umanitario e benefattore del potere economico multinazionale, crediamo non sia stato all’altezza di tale ambizioso obiettivo. Gli manca la formazione. Quindi gli raccomandiamo che segua qualche corso, ad esempio nel Laboratorio di Tecnologia Persuasiva che funziona presso l’Università di Stanford, California. 

 

Ma non c’è dubbio che George Kell sia un fondamentalista – un ayatollah – del libero mercato. 

 

Nel 2004 scriveva, nel prologo ad  un documento di una organizzazione chiamata  Sustain Ability intitolato “La ONG del Secolo XXI, nel mercato e per il cambiamento”: “Oltretutto si rende necessario, data la supremazia delle richieste sui mercati, che gli agenti sociali siano aggiornati sui fondamenti del mercato attuale al fine di raggiungere i loro obiettivi. Il Patto Mondiale è un esperimento ambizioso di collaborazione di molteplici gruppi di interesse diretto a incorporare i principi universali su diritti umani, lavoro e ambiente ai mercatiglobali”. 

 

Riferendoci al Patto Mondiale, scrivevamo alcuni anni fa:

 

… “Questa alleanza tra l’ONU e grandi società multinazionali crea una pericolosa confusione tra una istituzione politica pubblica internazionale come l’ONU, che secondo la Carta rappresenta ‘i popoli delle Nazioni Unite’ e un gruppo di entità rappresentative degli interessi privati di una élite economica internazionale. Questa alleanza va quindi in senso esattamente opposto al necessario processo di democratizzazione delle Nazioni Unite, la presenza di alcune ONG, anche se hanno una grande reputazione mondiale, non cambia il contenuto profondamente antidemocratico e contrario alla Carta delle nazioni Unite del Global Compact.

 

… “Il Global Compact fu annunciato nel 1998 dal segretario Generale dell’Onu in un rapporto destinato all’Assemblea Generale intitolato ‘La capacità imprenditoriale e la privatizzazione come mezzi per promuovere la crescita economica e lo sviluppo sostenibile’ (A/52/428).

 

Il Segretario Generale diceva in questo rapporto che ..’la deregulation … si è trasformata nella parola d’ordine per le riforme dei governi in tutti i paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo’ (paragr. 50 del rapporto) e propugnava la vendita delle società pubbliche affidando ‘la proprietà e la gestione a investitori che abbiano l’esperienza e la capacità necessarie per migliorare il rendimento anche se questo a volte presuppone  di vendere gli attivi a compratori stranieri’ (paragr. 29). All’inizio dello stesso paragrafo egli si pronunciava contro ‘l’ampia distribuzione del capitale delle imprese privatizzate’, cioè contro la partecipazione dei piccoli risparmiatori. La proposta era chiara: tutte le grandi società pubbliche redditizie devono essere monopolizzate dal grande capitale multinazionale.

 

E’ un tentativo di legittimazione della politica praticata su scala mondiale di svendere le imprese pubbliche redditizie (a volte tramite procedimenti francamente corrotti) per privatizzare i profitti e socializzare le perdite”. 

 

Con il passare del tempo è ormai evidente che il Patto Mondiale è un mero strumento delle grandi società multinazionali. A questo punto ci si deve chiedere se il patto Mondiale è una succursale delle società multinazionali nella Segreteria Generale delle Nazioni Unite o se questa è – attraverso il Patto Mondiale – una succursale delle società multinazionali alle Nazioni Unite. 

 

L’azione letale del potere economico multinazionale in tutti gli ambiti cerca vanamente di dissimularsi – tra molti altri mezzi ideologici, culturali e propagandistici – sotto il manto (ogni volta più bucato) del Patto Mondiale, il cui Direttore Esecutivo è candidato al Premio Pinocchio dello sviluppo sostenibile, che si assegna a coloro che più si segnalano nel recupero dell’idea dello sviluppo sostenibile per fini radicalmente opposti.

 

 

 

(*)  Economista messicano, professore del centro di Studi Economici del Colegio de Mexico, scrive sul quotidiano la Jornada.

 

da: alainet.org; 8.9.2014

 

 

 

 (traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

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