SOLIDARIETA' DI CUBA AL VENEZUELA

Dopo le misure prese dalla Repubblica Bolivariana contro funzionari USA coinvolti nel tentativo di golpe di poche settimane fa, ora il presidente USA Barak Obama ha decretato sanzioni contro il Venezuela, definendo il paese “una minaccia straordinaria e inusuale” per gli USA.  Tra le risposte di solidarietà alla Repubblica Bolivariana del Venezuela, pubblichiamo la dichiarazione del Governo cubano e un’analisi della situazione del politologo argentino Atilio Boron.


Dichiarazione del Governo Rivoluzionario della Repubblica di Cuba

 

Il Governo Rivoluzionario della Repubblica di Cuba è venuto a conoscenza dell’arbitrario e aggressivo Ordine Esecutivo emesso dal Presidente degli Stati Uniti contro il Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che definisce questo paese una minaccia alla sua sicurezza nazionale, in rappresaglia per le misure adottate in difesa della sua sovranità a fronte degli atti di ingerenza di autorità governative e del Congresso statunitense.

 

In che modo il Venezuela minaccia gli Stati Uniti? A migliaia di chilometri di distanza, senza armi strtegiche e senza utilizzare risorse o funzionari per cospirare contro l’ordine costituzionale statunitense, la dichiarazione suona poco credibile e svela i fini di coloro che la fanno.

 

Ma un simile pronunciamento in un anno in cui si efettueranno elezioni legislative in Venezuela riafferma, una volta di più, il carattere di ingerenza della politica estera statunitense.

 

La gravità di questa azione esecutiva ha messo in allerta i governi dell’America Latina e dei Caraibiche, nel gennaio 2014, nel Secondo Vertice della CELAC all’Avana, hanno dichiarato la regione Zona di Pace e hanno rigettato qualsiasi atto contro di essa, perchè posseggono sufficiente esperienza dell’interventismo imperiale nella loro storia.

 

Il Governo Rivoluzionario della Repubblica di Cuba riafferma nuovamente il suo incondizionato appoggio e quello del nostro popolo alla Rivoluzione bolivariana, al legittimo governo del Presidente Nicolàs Maduro e all’eroico popolo fratello del Venezuela.

 

Nessuno ha il diritto di intervenire negli affari interni di uno Stato sovrano né di dichiararlo, senza fondamento alcuno una minaccia alla sua sicurezza nazionale.

 

Così come Cuba non è mai stata sola, neanche il Venezuela lo sarà.

L’Avana, 9 marzo 2015.

 

Preparando l’aggressione militare al Venezuela

di Atilio Boron; da: atilioboron.car.com; 9.3.2015

 

Barak Obama, una figura decorativa nella Casa Bianca che non è riuscito a impedire che un energumeno come Benjamin Netanyahu si rivolgesse ad entrambe le Camere del Congresso per sabotare i colloqui con l’Iran relativi al programma nucleare di questo paese, ha ricevuto un ordine tassativo dal complesso “militare-industriale-finanziario”: deve creare le condizioni che giustifichino un’aggressione militare alla Repubblica Bolivariana del Venezuela.

 L’ordine presidenziale emesso poche ore fa e diffuso dall’agenzia stampa della Casa Bianca stabilisce che il paese di Bolìvar e Chàvez “costituisce una infrequente e straordinaria minaccia alla sicurezza nazionale e alla politica estera degli Stati Uniti”, ragione per cui “dichiaro l’emergenza nazionale per gestire questa minaccia”.

 

Questo tipo di dichiarazione di solito precedono le aggressioni militari, sia per propria mano come la cruenta invasione di Panama per rovesciare Manuel Noriega nel 1989, o quella emessa in relazione al Sud-est Asiatico che finì con la guerra in Indocina, particolarmente in Vietnam, a partire dal 1964. Ma può essere anche il prologo di operazioni militari di altro tipo, dove gli Stati Uniti agiscono in combutta con i loro lacchè europei, raggruppati nella NATO, e con le teocrazie petroliere della regione. Esempi: la Prima Guerra del Golfo nel 1991; o la Guerra dell’Iraq 2003-2011, con l’entusiastica partecipazione della Gran Bretagna di Tony Blair e la Spagna dell’impresentabile José Maria Aznar; o il caso della Libia nel 2011, montato sulla farsa messa in piedi a Bengasi dove presunti “combattenti per la libertà” – che poi venne provato fossero mercenari reclutati da Washington, Londra e Parigi – furono assunti per rovesciare Gheddafi e trasferire il controllo delle ricchezze petrolifere del paese ai loro padroni.

 

Casi più recenti sono quelli della Siria e, soprattutto, dell’Ucraina, dove il desiderato “cambio di regime” (eufemismo per evitare di parlare di “colpo di stato”) che Washington persegue senza pausa per ridisegnare il mondo – e soprattutto l’America Latina e i Caraibi – a sua immagine e somiglianza, è stato ottenuto grazie alla cooperazione dell’Unione Europea e della NATO, e il cui risultato è stato il bagno di sangue che continua in Ucraina fino oggi. La signora Victoria Nuland, segretaria di stato aggiunta per gli Affari Euroasiatici, fu inviata dallo strano Premio Nobel per la Pace 2009 a Piazza Maidan, a Kiev, per esprimere la sua solidarietà con i manifestanti, comprese le bande neonaziste che poi avrebbero preso il potere tramite assalti a ferro e fuoco, e ai quali la buona funzionaria portava panini e bottigliette d’acqua per calmare la sete per dimostrare, con questo affettuoso gesto, che Washington era, come sempre, dalla parte della libertà, dei diritti umani e della democrazia.

 

Quando uno “stato canaglia” come gli Stati Uniti, che lo sono per la loro sistematica violazione della legalità internazionale, proferisce una minaccia come quella di cui stiamo parlando, bisogna prenderla molto sul serio. Specialmente se si ricorda il persistere di una vecchia tradizione politica nordamericana consistente nel  realizzare auto-attentati che servano come pretesto per giustificare la loro immediata risposta bellica.

Lo fecero nel 1898 quando fecero saltare in aria nella baia dell’Avana l’incrociatore statunitense Maine, spedendo nella tomba due terzi del suo equipaggio e provocando l’indignazione dell’opinione pubblica nordamericana che spinse Washington a dichiarare guerra alla Spagna. Lo fecero di nuovo a Pearl Harbor nel dicembre 1941, sacrificando in quell’infame manovra 2.403 marinai nordamericani e ferendone altri 1.178. Tornarono a farlo quando macchinarono l’incidente del Golfo del Tonchino per “vendere” la loro guerra in Indonesia: la presunta aggressione del Vietnam del Nord a due incrociatori nordamericani – aggressione poi smascherata come operazione della CIA – fece sì che il presidente Lyndon B. Johnson dichiarasse l’emergenza nazionale e, poco dopo, la guerra al Vietnam del Nord.

Maurice Bishop, nella piccola isola di Granada, fu anche lui considerato come una minaccia alla sicurezza nazionale nordamericana nel 1983, e rovesciato e liquidato da un’invasione dei marines. E il sospetto attentato dell’11 Settembre per lanciare la “guerra contro il terrorismo”?. La storia potrebbe continuare indefinitamente.

 

 Conclusione: nessuno potrebbe sorprendersi se nelle prossime ore o giorno Obama autorizzasse un’operazione segreta della CIA o di alcuni dei servizi di intelligence, o delle stesse forze armate, contro qualche obiettivo sensibile degli USA in Venezuela. Ad esempio l’ambasciata a Caracas. O qualche altra truculenta operazione contro civili innocenti e sconosciuti in Venezuela come lo hanno fatto nel caso degli “attentati terroristici” che scossero l’Italia – l’assassinio di Aldo Moro nel 1978 o la bomba scoppiata alla stazione di Bologna nel 1980 – per creare il panico e giustificare la risposta lampo dell’impero chiamato a “restaurare” la persistenza dei diritti umani, la democrazia e le libertà pubbliche. Anni dopo si scoprì che questi crimini furono commessi dalla CIA.

Ricordiamo che Washington adotto il colpo di stato del 2002 in Venezuela, forse perché voleva assicurarsi le forniture di petrolio prima di attaccare l’Iraq. Ora sta lanciando una guerra su due fronti: Siria/Stato Islamico e Russia e vuole anche questa volta avere una retroguardia energetica sicura.

 

Grave, molto grave. Si impone la solidarietà attiva e immediata dei governi sudamericani, in forma individuale e attraverso la UNASUR e  la CELAC e quella delle organizzazioni popolari e delle forze politiche della Nostra America per denunciare e fermare questa manovra.

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

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