SCANDALO VOLKSWAGEN

Das Auto Kapital: dietro lo scandalo Volkswagen

di Daniel Tanuro (*)

Lo scandalo VW merita di essere incluso in un’antologia di esempi concreti dell’impossibilità del capitalismo verde. Conosciamo i fatti: il gigante automobilistico tedesco ha ingannato per far credere che i suoi veicoli diesel siano in regola con gli standards antinquinamento degli USA per il NOX (vari ossidi di nitrogeno che contribuiscono alla formazione dello smog). L’inganno è crudo e deliberato: le auto sono equipaggiate con un piccolo programma che, nelle prove, attiva il dispositivo di ricircolazione del gas di scarico e lo chiude, in condizioni normali.  Il limite di emissione del NOX negli USA è di 0,04 g/km secondo la Legge per l’Aria Pulita. In laboratorio, grazie alla ricircolazione del gas, si rispetta il limite: l’auto è “pulita”. Ma, su strada, si supera  più si quaranta volte detto limite: l’auto è (molto) sporca. Il trucco è stato svelato il 18 settembre dall’Agenzia Ambientale degli Stati Uniti (EPA). Ne sono coinvolti undici milioni di veicoli in tutto il mondo.

 

A VW farà male

La fattura promette di essere salata per il fabbricante. In teoria il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti potrebbe imporre una multa fino a 18 mila milioni di dollari. In pratica, basandosi  sulla giurisprudenza, la cosa più probabile è che i giudici statunitensi siano più indulgenti. Ma bisogna tener conto che anche  i consumatori individuali possono intraprendere azioni legali. Per farvi fronte VW ha previsto 6,5 milioni di euro, che alcuni osservatori credono sia già insufficiente. Non è tutto: essendo stati ingannati, gli stati che offrono sovvenzioni per l’acquisto di auto “pulite” saranno tentati di esigere la loro restituzione dal fabbricante (Valonia ha già annunciato una decisione di questo tipo).

E poi bisognerà vedere l’impatto del caso sul ramo finanziario di VW: con un volume di 164.000 milioni di euro, è molto dipendente dai prestiti, dai depositi a breve scadenza e dai titoli, e il suo portafoglio di prodotti finanziari derivati potrebbero rappresentare una minaccia. Le azioni sono già cadute del 26% alla borsa valori, e probabilmente non hanno ancora finito di abbassarsi.

Perché?

Perché il fabbricante leader nel mondo, nave ammiraglia della qualità fatta in Germania, ha utilizzato un trucco tanto smaccato, nonostante il rischio di essere scoperto con le mani nella marmellata? L’ultra liberista settimanale The Economist  anticipa tre risposte inter-relazionate e che non valgono neppure la carta su cui sono scritte (edizione dal 26/9/2015). La prima è la concorrenza per la guida globale: per vincere su Toyota a breve periodo era di importanza strategica che VW la superasse in volume di vendite nel (piccolo) mercato di auto diesel in USA, i cui standards di NOX sono più restrittivi che in Europa. La seconda è il costo: le tecniche catalitiche per ridurre l’inquinamento continuano ad essere più care per il diesel che per i motori a benzina, VW aveva trovato l’uovo di Colombo adattato al mondo super competitivo dell’industria automobilistica: far finta di applicare le norme, e basta!

 

La terza ragione è la migliore, e non posso resistere al piacere di citare l’ultra-liberista settimanale che difende la bandiera del capitalismo dal settembre 1843: “I fabbricanti di automobili, gli europei in particolare, sono abituati a sfuggire a poco prezzo a fatti di questo genere. Le loro truffe sono un segreto di Pulcinella (an open segret) nell’industria. Questo può spiegare perché anche  i concorrenti di VW hanno visto cadere le loro azioni. Il crimine di VW è, certamente, particolare, ma è lontano dall’essere l’unico fabbricante che produce veicoli che sono molto al di sotto del rendimento attesa dalle regolazioni. L’Unione Europea non è così esigente in termini di NOX come gli Stati Uniti. Da più importanza all’efficienza energetica e alle emissioni di CO2 per il quale le sue soglie sono le più alte del mondo. I problema è che questi limiti severi hanno poco a che fare con quello che i veicoli emettono su strada. Secondo Trasporti e Ambiente, un gruppo di pressione verde, la breccia tra le cifre dei presunti risparmi di combustibile (e quindi delle emissioni di CO2 DT) e le cifre di un guidatore medio è cresciuta di un 40% negli ultimi anni.”.

 

Così fan tutti

Come è possibile? Semplicemente perché il regolatore europeo che stabilisce gli standards di inquinamento non è responsabile di verificare la loro applicazione. The Economist spiega: “E’ possibile che alcune società usino un trucco di software per ingannare durante le prove di efficienza energetica europee. Ma, come dice Nick Molden di Emission Analytics, un consulente britannico, il sistema di prove europeo è così obsoleto e tanto abituato agli abusi che i fabbricanti non devono preoccuparsi con tali sottilezze.  Le  aziende provano i loro veicoli sotto gli auspici di organizzazioni di prove certificate dai governi nazionali. Ma queste organizzazioni sono società in concorrenza per l’affare (…) Sono coscienti del fatto che la loro capacità di ‘ottimizzare’ i procedimenti delle prove è un modo di guadagnare clienti. Nella pratica questo significa far tuto il possibile per assicurarsi che le auto provate abbiamo risultati molto migliori delle versioni che si vendono nel mondo reale”.

 

Prove truccate

L’autore dell’articolo fornisce i dettagli: “Le auto che si provano tipicamente sono state modificate per essere tanto frugali nei consumi quanto è possibile. Quello che aggiunge peso, come le insonorizzazioni, vengono eliminate. La frizione si riduce mediante l’eliminazione degli specchietti laterali e collocando adesivi nelle scanalature tra i componenti. Lubrificanti speciali fanno sì che il motore funzioni più silenziosamente. Pneumatici a bassa frizione sono iper gonfiati con gas speciali. Il generatore è disconnesso, in modo che venga trasmessa più energia alle ruote, ma la batteria si scarica alla fine (della prova). Le auto possono essere portate a regimi di alte rivoluzioni ed è comune che le prove si facciano alla temperatura ambiente ammissibile più alta – un altro modo di aumentare l’efficienza”.

La cosa peggiore – sempre secondo The Economist – è che una volta che si è prodotta una dichiarazione di efficienza dei veicoli di prova (e, quindi, l’adempimento dei limiti di emissione di CO2/km – DT), nessuna certifica se queste misurazioni sono corrette o no. In America i fabbricanti di automobili sono responsabili delle loro stesse prove. Però l’EPA compra veicoli a caso per provarli più tardi e verificare se i veicoli venduti al pubblico rispettano i certificati. Se i numeri non concordano, può comminare multe sostanziali. Nel 2014 Hyundai-Kia ha dovuto pagare 300 milioni di dollari per le differenze delle sue cifre di consumo”.

 

“Puramente teorico”

L’Europa non ha un sistema di questo tipo per castigare i trasgressori (delle norme). Come risultato, più della metà degli avanzamenti in efficienza (dei motori) dichiarati in Europa dal 2008 sono ‘puramente teorici’ (dovrebbe dire: fraudolenti, basati su menzogne – DT), secondo T & E. E tutta l’industria ha sviluppato un comportamento bugiardo (un atteggiamento di rischio) a fronte di prove che devono essere prese seriamente. Come ha segnalato Drew Kodjac del ICCT (Consiglio Internazionale del Trasporto Pulito, una ONG), le attività di VW negli Stati Uniti sono parte di un sistema di comportamento che il sistema europeo ha creato. Può essere che venga alla luce che altri fabbricanti utilizzano softwares simili per truccare le prove di NOX e CO2. Le emissioni di NOX delle nuove vetture  diesel in Europa sono, in media, cinque volte più alte che durante le prove su strada; alcune auto superano di dieci volte il limite, secondo T &E.”

 

Il lettore ci perdonerà per essere ricorsi ad una citazione così lunga. Ne è valsa la pena. Precisiamo ancora quattro elementi significativi.

In primo luogo, il software truccato era stato acquistato da VW nel 2007dal fornitore Bosch, che avrebbe dichiarato che il suo uso sarebbe stato “illegale”. Il giornale tedesco Bild, che fornisce questa informazione, ha chiesto alla direzione della Bosch qual è stata la risposta di Volkswagen a questi avvertimenti. La risposta del suo portavoce è stata: “nel contesto delle relazioni commerciali con Volkswagen, siamo obbligati alla riservatezza” (RTBF-Info, 09/27/2015).

In secondo luogo il Governo tedesco e l’Unione Europa sono coscienti dell’inganno, almeno dall’estate (e molto probabilmente da prima), come si evidenzia da una risposta del ministro competente ad una domanda di un deputato verde al Bundestag (Le Soir, 22.9.2015).

In terzo luogo, un dettaglio tecnico-economico importante è che non si può, senza aumentare enormemente i costi, ridurre le emissioni di NOX e di CO2 dei motori diesel e mantenere la potenza a cui i fabbricanti hanno abituato i clienti.

In quarto luogo, oltre che di CO2 e di NOX, i motori diesel e quelli a benzina sono responsabili dell’emissione massiccia di nano-particelle che aumentano molto considerevolmente il rischio di cancro, di malattie  cardiovascolari e di problemi respiratori. Ma di questo i protagonisti preferiscono non parlarne tanto, che si trovino ad un lato o all’altro dell’Atlantico.

 

Chiaro come l’acqua di fonte

E ora tiriamo qualche conclusione. Sono chiare come l’acqua di fonte – e tanto più evidenti in quanto sorgono da ammissioni fatte spontaneamente da un mezzo di comunicazione che è davvero al di sopra di ogni sospetto di anticapitalismo (per dirlo leggermente).

L’inganno di VW è conseguenza dei meccanismi capitalisti della concorrenza a fini di lucro. Le aziende di pezzi di ricambio  sono anch’esse responsabili, benchè affermino che la loro mano sinistra non sa quello che fa la destra.

Lo stigma cade su VW ma è molto probabile che tutti i fabbricanti di automobili commettano truffe, sia per soddisfare i limiti di emissione di NOX (più severi negli USA che in Europa) che per rispettare i limiti di emissione di CO2 (più severi in Europa), o per entrambe le ragioni, forse.

 

Tutte queste deviazioni sono coperte dal “segreto commerciale” o dal “segreto industriale”, che sono casi specifici del “diritto di proprietà” capitalista.

 

Nell’Unione Europea, questa frode sull’inquinamento viene istituzionalizzata attraverso un sistema di “regolazioni” che i governi sanno che esiste solo per accontentare la platea e per fornire un mercato alle organizzazioni di certificazione delle prove ….  Il cui obiettivo prioritario è evadere le norme per guadagnare clienti.

 

Molti rapporti sullo stato dell’ambiente e molti piani di azione in materia di protezione ambientale (ad esempio molti rapporti sulla protezione del clima), così come quelli sulla nostra salute  sono distorti perché si basano su dati di contaminazione artificiali, risultato di prove false che danno un’immagine falsa della realtà.

I governi ripartiscono senza alcun tipo di verifica le sovvenzioni ai compratori di “veicoli puliti”, ma queste sovvenzioni non sono che un sistema di appoggio indiretto alla strategia di innovazioni tecnologiche (o pseudo-innovazione) di alcune società più che un mezzo di azione a favore della transizione energetica.

 

Impasse del settore automobilistico, impasse del capitale

Queste conclusioni vanno interpretato tenendo conto del posto centrale che l’industria automobilistica nell’economia capitalista dalla 2° Guerra Mondiale. Con la sua produzione di massa, l’industria ha giocato un ruolo chiave per “allargare” la lunga onda di espansione dei “Gloriosi Trenta”. Da metà degli anni ’70, l’industria automobilistica conosce un processo globale permanente di ristrutturazioni, fusioni e concentrazioni in un ambiente competitivo senza pietà, senza mai smettere di essere un pilastro del sistema.

I nuovi requisiti ambientali impongono restrizioni addizionali a questo pilastro, visto che in tre o quattro decenni dovrà trovare un’alternativa ai combustibili fossili. Un’alternativa, ma quale: idrogeno o elettricità? Nessuno può indovinare quale sarà, ma una cosa è sicura: in entrambi i saci i costi saranno enormi. Che il fabbricante leader mondiale si arrischi a compiere una truffa con gli standards di contaminazione è molto rivelatore dell’estrema durezza della lotta intercapitalista in questo contesto. Che i governi dell’Europa “democratica” e gli organismi della UE coprano queste cattive pratiche dice molto sul loro carattere di funzionari del capitale.

 

Per tutte queste ragioni, l’affare VW probabilmente resterà nella storia come un accadimento nel senso più forte del termine, cioè con un “prima” e un “dopo”.

L’impasse dell’industria automobilistica riassume la doppia strada senza uscita attuale del capitalismo nel suo insieme.

 Impasse sociale, in primo luogo, nella misura in cui gli enormi investimenti in capitale costante  costituiscono per  il tasso di profitto una pressione ogni volta più difficile da compensare tramite l’aumento dello sfruttamento del lavoro.

Impasse ecologico anche, dovuto al fatto che la transizione alle auto elettriche o a idrogeno, semplicemente cambia il problema di fondo, che è ovviamente la contraddizione tra le necessità di crescita del capitale e la finitezza delle risorse della terra, compresa la finitezza delle risorse terrestri. In poche parole: l’auto verde è come il capitalismo verde: una contraddizione in termini.

 

“VW, Das Auto.” annuncia l’arrogante pubblicità del gruppo. Inusuale in questo tipo di messaggio, il punto alla fine riflette una determinazione d’acciaio, tirannica ed esclusiva.

Questa determinazione non è solo dei capi della società di Wolfsburg. E’ quella di “Das Kapital.” E’ in generale quella di tutti quei lupi che la logica del profitto, per sopravvivere, obbliga a prendere tutte le misure necessarie per la continuazione del loro lavoro distruttivo, a scapito degli sfruttati, della loro salute e dell’ambiente.

 

(*) Ingegnere agronomo, giornalista, militante della sinistra alternativa belga, membro della Commissione di Lavoro sul Cambio Climatico del sindacato FGTB; da: rebelion.org; 6.10.2015

 

(traduzione di Daniela Trollio, Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” via Magenta 88 Sesto San Giovanni)

 

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