RICORDO DI CHE GUEVARA

 

50° anniversario dell’assassinio di Ernesto “Che” Guevara in Bolivia

  

 

Lettera di Haydée Santamarìa Quadrado al Che, scritta dopo il suo assassinio in Bolivia

 

da: Cubadebate.cu; 8.10.2017 

 

Che: dove posso scriverti? Mi dirai che da qualsiasi parte, ad un minatore boliviano, ad una madre peruviana, al guerigliero che c’è o non c’è ma ci sarà. Tutto questo lo so, Che, tu stesso me l’hai insegnato, e oltretutto questa lettera non sarebbe per te. Come dirti che non avevo pianto tanto dalla notte in cui uccisero Frank, e in più questa volta non ci credevo. Tutti erano sicuri e io dicevo: non è possibile, una pallottola non può finire l’infinito, Fidel e tu dovete vivere, se voi non vivete ... come vivere. 

Sono quattordici anni che vedo morire esseri così immensamente amati, che oggi mi sento stanca di vivere, credo di aver vissuto abbastanza, il sole non mi sembra tanto bello, la palma ... non provo piacere nel vederla; a volte, come ora, nonostante la vita mi piaccia così tanto che per queste due cose vale la pena di aprire gli occhi ogni mattina, ho voglia di tenerli chiusi, come loro, come te. 

 

Come può essere vero.. questo continente non merita questo; con i tuoi occhi aperti, l’America Latiina aveva la sua strada pronta. Che, l’unica cosa che potrebbe consolarmi sarebbe essere venuta, ma non sono venuta, sto vicino a Fidel, ho sempre fatto quello che lui desidera che io faccia. Ti ricordi? Me lo promettesti nella Sierra, mi dicesti: non avrai nostalgia del caffè, avremo il mate. Non avevi frontiere, ma mi promettesti di chiamarmi quando fosse nella tua Argentina, e ... come lo aspettavo, sapevo bene che l’avresti fatto. Non può più succedere, non hai potuto, non ho potuto.

 

Fidel l’ha detto, deve essere vero, che tristezza. Non poteva dire “Che”, raccoglieva le forze e diceva “Ernesto Guevara”; così lo comunicava al popolo, al tuo popolo. Che tristezza così profonda, piangevo per il popolo, per Fidel, per te, perchè non posso più. Poi, alla veglia, questo grande popolo non sapeva che grado ti avrebbe assegnato Fidel. Te l’ha assegnato: artista. Io pensavo che tutti i gradi sarebbe stati poco, piccoli, e Fidel, come sempre, ha trovato quelli veri: tutto quello che hai creato è stato perfetto, ma hai fatto una creazione unica, hai fatto te stesso, hai dimostrato come è possibile quell’uomo nuovo, tutti avremmo visto così che quell’uomo nuovo è la realtà, porchè esiste, sei tu.

 

Che altro posso dirti, Che. Se sapessi, come te, dire le cose. In ogni modo, una volta mi hai scritto: “Vedo che ti sei convertita in una letterata con il dominio della sintesi, ma ti confesso che mi piaci di più in un giorno dell’anno nuovo, con tutti i fusibili alle stelle, sparando colpi all’impazzata.”. Quell’immagine, e quella della Sierra (anche i nostri litigi di quei giorni mi sono cari nel ricordo) sono quelle che porterò di te per uso proprio. Per questo non potrò mai scrivere nulla di te e avrò sempre questo ricordo.

 

Fino alla vittoria, sempre, mio caro Che. 

 

Haydée. 

 

Haydée Santamaria Quadrado (1922-1980) partecipò all’assalto del Moncada il 26 luglio 1953. Fu arrestata insieme ad altri, tra cui il fratello Abel che fu assassinato in prigione. Fu lei che fece uscire dal carcere e ricompose, per varie strade, il celebre discorso di Fidel Castro “La Storia mi assolverà”. Uscita dal carcere Haydée combattè nella Sierra. Membro fondatore del Partico Comunista Cubano, costruirà la Casa delle Americhe, un luogo simbolo per tutti gli intellettuali critici del mondo. Farà parte dell’Organizzazione Latinoamerica di Solidarietà (OLAS) costruita per coordinare la lotta insurrezionale di tutto il continente. Morirà suicida nel luglio del 1980.

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 Eduardo Galeano 

 

Quello che nasce sempre

 

Com’è che il Che ha questa pericolosa abitudine di continuare a nascere? Quanto più lo insultano, quanto più lo tradiscono, più nasce. Egli è quello che nasce più di tutti.

 

Non sarà perché il Che diceva quello che pensava, e faceva quello che diceva? Non sarà che per questo continua ad essere così straordinario, in un mondo dove le parole e i fatti si incontrano ben poche volte, e quando si incontrano non si salutano perché non si riconoscono?

 

Prima impressione del Che

 

Ci sono piante, come il cacao, che crescono al sole quando c’è, e se non c’è crescono allombra. Ho sentito dire  che non hanno bisogno del sole, perché lo portano dentro.

 

Il Che era una di quelle piante, e per questo continua ad essere.

 

Dalla prima volta che lo vidi, a Punta del Este, secoli fa, ricordo quello splendore. Suppongo, non lo so, che fosse una luce nata dalla fede. E che non era fede negli dei ma in noi, i piccoli umani, e nella terrestre energia capace di far sì che domani non sia un altro nome dell’oggi.

(Scrittore, saggista, poeta, giornalista uruguayano, una delle voci più importanti della lettera

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