REFERENDUM IN LOMBARDIA E VENETO

 

Sconfiggere il disegno reazionario del referendum truffa di Lombardia e Veneto


Luciano Orio | nuovaunita.info 

 

L'unica autonomia da conquistare è quella dei lavoratori dal capitale. Lavoratori e proletari se ne stiano a casa il 22 ottobre
Pensiamo che i nostri lettori siano sufficientemente informati e diserteranno le urne del referendum del 22 ottobre. La consultazione referendaria dovrà esprimersi circa la concessione di maggior autonomia (soprattutto in materia fiscale) a Lombardia e Veneto, come proposto dai governatori leghisti Maroni e Zaia. Il referendum ci costerà circa 50 milioni di soldi pubblici, spesi inutilmente, dato che non produrrà alcun effetto concreto ed è pure ambiguo, perché non chiarisce gli indirizzi concreti da dare alla richiesta di maggior autonomia. Si tratta della solita ipocrita propaganda leghista cui strizza l'occhio il PD, ma anche M5S, in un vortice di confusione politica e storica creato ad arte.


C'è da farsi rizzare i capelli in testa di fronte a simili richieste quando si riportano i disastri combinati dai due governi regionali tra fallimenti e truffe bancarie, scandalo Mose e Pedemontana Veneta, inquinamenti e cementificazione dei territori, scandali sanità ecc. ecc., mentre l'indice di sfruttamento cresce, la disoccupazione dilaga in pianta stabile e i morti di lavoro aumentano (alla faccia delle cifre, statistiche e sondaggi con cui tentano quotidianamente di tranquillizzarci).

 

Una volta scelto di starcene a casa, però, si tratta di capire un po' di più il significato politico di questo passaggio all'interno di un processo economico-politico che coinvolge l'Europa intera e di cui in questi giorni si fa un gran parlare per via di un altro referendum, in Catalogna. Ampi settori di borghesia lombardo-veneta lavorano da tempo sul piano economico e politico per favorire un processo di integrazione regionale a trazione "nordica", teso al superamento dei limiti nazionali, attraverso un processo di secessione "morbida". Servendosi a piene mani di propaganda e demagogia, usano questi inconsistenti referendum autonomisti, esclusivamente consultivi, per negoziare con il governo di Roma il riconoscimento di nuovi poteri e competenze e contrattare nuovi livelli della tassazione dovuta allo Stato. Se, come dice la Lega, l'obiettivo è quello di trattenere il 90% della tasse, ci rendiamo facilmente conto che è in gioco una partita importante, dell'ordine di decine e decine di miliardi di euro. Si capisce bene allora che c'è poco da votare: qui la secessione sarà solo per i padroni, la loro indipendenza di classe sarà largamente premiata, dato che a guadagnarci saranno solo loro. Per i lavoratori oppressi e sfruttati all'interno dello Stato centralizzato o della Regione federata poco cambierà: sfruttamento era e tale rimane.

Piuttosto c'è da riflettere sulla crisi dello Stato nazionale in tempi di crisi generale del sistema. Si avvertono evidenti affinità con situazioni analoghe (Catalogna, Scozia, Belgio): nella prospettiva di un'Europa a due velocità, le borghesie di ogni ordine e grado dei singoli paesi europei non possono che allinearsi e mantenere il passo, puntando sul carattere regressivo e reazionario della rivendicazione nazionale. In questi casi il bla-bla sull'identità storica e nazionale nasconde il puro ed egoistico interesse economico. In altri territori, tuttavia, questi processi presentano un carattere politico opposto (Donbass, Paesi Baschi).

Non esistono quindi criteri formali; sono i rapporti di classe e le forze che li rappresentano a decidere del carattere regressivo o progressivo della rivendicazione nazionale. Come comunisti siamo per l'indipendenza e la libertà dei popoli oppressi, ma questo non significa che sosteniamo qualunque nazionalismo.

Sarà interessante vedere, anche nell'immediato futuro, lo sviluppo di queste contraddizioni e l'esito del referendum. Funzionerà ancora l'eterno slogan leghista "paroni a casa nostra" per aggregare il consenso popolare al carro delle spinte indipendentiste e dell'interesse capitalista?

Nel frattempo godiamocela: la Scozia se ne va dal Regno Unito, la Catalogna si stacca dalla Spagna, l'Emilia si separa dalla Romagna e il Veneto perde Sappada, che va in Friuli, Treschè Conca e Lamon che passano al Trentino. Meglio del calcio-mercato, no?

 

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