MALATTIE INFORTUNI MORTI IN NOME DEL PROFITTO

SABATO 22 SETTEMBRE ORE 16,00 presso la Casa del Popolo di Marano Vicentino

 

MALATTIE INFORTUNI MORTI

IN NOME DEL PROFITTO

 

 Si muore a livelli di record, sul lavoro, in Veneto. Primi in Italia, tra i primi al mondo. Muoiono operai come soldati in guerra, sulle trincee del lavoro. Operai che cadono da impalcature senza protezioni o schiacciati da presse prive di sicurezza, che sputano le loro vite assieme al muco e al catarro dei tumori che li uccidono, i tumori dell'amianto, del cvm, del cromo esavalente…. Morti bianche????

Sui giornali (quando vengono ricordati) i loro nomi durano un giorno, sulla televisione anche meno. Muoiono dimenticati in fretta. Talvolta, ma è necessario che siano più di tre o quattro, causano dure prese di posizione: le sinistre si ricordano della dura realtà del lavoro, i presidenti esclamano indignati “è inconcepibile”, “è inaccettabile”, “è inammissibile”, le destre tacciono.

 

I fatti rimangono cronaca e spariscono prima ancora di diventare racconto, storia, vissuto. Cresce l'impassibilità. Pennivendoli servili vorrebbero farci credere che l'impresa è modernità, efficienza, intelligenza che avrebbe salvato il mondo (e noi a non capire perché le fabbriche continuino a licenziare, a chiudere). Ci dicono che non c'è niente da aspettarsi dalle “ideologie” e dal loro “ipocrita proselitismo”.

La “lotta di classe”, l'opposizione tra “capitale” e “lavoro” suscitano sorrisi di commiserazione. Arrivano nuove parole, per valutare azioni e individui, “performance”, “competizione”, “profitto”. Parole per intensificare il lavoro, per aumentarne ritmi e carichi, che produrrà ulteriore logoramento fisico e nervoso, causa di altre malattie, infortuni e morti.

Più l'onnipotenza dei padroni dilaga, più i dividendi crescono. Non ci sono alternative alle vite spezzate, se non nella lotta contro lo sfruttamento, del quale sono nient’altro che inevitabili conseguenze. Per questo siamo tutti coinvolti, senza finzioni, senza delegare a nessuno la difesa delle nostre vite e la difesa dei nostri interessi di classe.

Noi, classe operaia, non abbiamo solo il dovere della memoria e l'obbligo “civico” di ricordare chi è caduto. Abbiamo soprattutto il dovere di usare l’arma della memoria per denunciare e lottare affinché non si ripetano più queste stragi, eliminando ogni forma di sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

 

 

LEGGI “VOCI OPERAIE” Giornale operaio dellʼAlto Vicentino

 

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