ISRAELE VOTA PER L'APARTHEID

Israele vota per l’apartheid

di Gideon Levy (*)

Nelle elezioni di martedì ci sarà un risultato sicuro: circa 100 membri della prossima Knesset (il parlamento israeliano, n.d.t.) saranno sostenitori dell’apartheid. Questo non ha precedenti in alcuna democrazia. Cento su 120 legislatori, un assoluto di maggioranze assolute, che appoggiano il mantenimento della situazione attuale, che è l’apartheid.

 

Con una tale maggioranza, sarà possibile nella prossima Knesset dichiarare ufficialmente Israele come Stato di apartheid. Con un tale appoggio all’apartheid e considerando la durata dell’occupazione, nessuna propaganda potrà rifiutare la semplice verità: quasi tutti gli israeliani vogliono che l’apartheid continui. L’apogeo della sfrontatezza lo chiamano democrazia, nonostante che più di quattro milioni di persone che vivono vicino a loro e sotto il loro controllo non abbiano diritto a votare nelle elezioni.

 

Naturalmente nessuno sta parlando di questo, ma in nessun altro regime del mondo c’è una comunità che vive a fianco di un’altra dove i residenti di una, abitanti di un insediamento in Cisgiordania, abbiano diritto a votare mentre i residenti dell’altra, un villaggio palestinese, non ce l’hanno. Questo è l’apartheid in tutto il suo splendore, la cui esistenza quasi tutti i cittadini ebrei del paese vogliono che continui.

 

 

Un centinaio di membri della Knesset saranno eletti a partire da liste che si chiamano di destra, di sinistra o di centro, ma quello che hanno in comune supera qualsiasi differenza: nessuno ha intenzione di mettere fine all’occupazione. L’ala destra lo dice con orgoglio, mentre il centro-sinistra ricorre a illusioni inutili per nascondere l’immagine, enumerando le proposte per una “conferenza regionale” o una “separazione sicura”. La differenza tra i due gruppi è insignificante. All’unisono la destra e la sinistra stanno cantando “dite sì all’apartheid”.

Risultato: questa elezione non è molto importante, è ben lontana dall’essere cruciale. Così diamoci un taglio all’isteria e al patetismo sul risultato. Non siamo in vista né di una guerra civile né di una crepa. La gente è più unita che mai, votando per l’apartheid. Qualsiasi siano i risultati di martedì, il paese dell’occupante continuerà ad essere il paese dell’occupante. Niente lo definisce meglio di tutti gli altri temi marginali, compresa la campagna del partito Zehut per legalizzare la marihuana.

Così non c’è ragione per trattenere il fiato sui risultati di martedì. Le elezioni sono perse da prima. Per gli ebrei del paese sarà la conferma - a livello di democrazia, di Stato di diritto – alla corruzione in cui vivono ma non farà nulla per cambiare l’essenza basica di Israele quale paese colonialista.

 

L’estrema destra vuole l’annessione della Cisgiordania, un passo che renderebbe permanente davanti alla legge una situazione che, per molti anni, è stata permanente nella pratica. Questo passo presenterebbe un vantaggio tentatore. Finalmente cadrebbe la maschera di democrazia di Israele e finalmente questo potrebbe generare opposizione sia nel paese che all’estero.

 

Ma nessuna persona di coscienza può votare per la destra fascista, che ha in sé persone che invocano l’espulsione dei palestinesi o la costruzione di un terzo Tempio sul Monte del Tempio, la distruzione delle moschee che vi sono o quelli che sognano persino lo sterminio. Il presunto più moderato partito del Likud del primo ministro Benjamin Netanyahu desidera solo mantenere la situazione attuale, cioè l’apartheid non dichiarato.

 

Il centro-sinistra cerca di farsi coinvolgere nell’inganno, senza una parola sulla fine dell’occupazione del Kahol Lavan (una coalizione guidata dall’ex capo della Forza di Difesa di Israele benny Gantz, n.d.t.) né del laburismo, e nemmeno di togliere il blocco alla Striscia di Gaza. Il partito di Benny Gantz ha piani ambiziosi per una conferenze regionale, per fare storia e “approfondire il processo di separazione dei palestinesi compreso mantenere senza concessioni … la libertà d’azione dell’esercito israeliano dappertutto”.

 

E’ passato molto tempo da cui un documento di questo tipo, che ‘ripulisce’ l’occupazione, è stato scritto in tutta la sua disgrazia. E il partito Laburista non resta indietro. Il passo più ardito che sta proponendo è un referendum sui campi di rifugiati attorno a Gerusalemme nel quale, naturalmente, voterebbero solo gli israeliani.

E a questo si aggiungono le logore dichiarazioni sui blocchi di insediamenti, Gerusalemme, la Valle del Giordano e la fine della costruzione di insediamenti fuori dai blocchi, il che significa che la costruzione di insediamenti continuerà a tutta forza. “Strade verso la separazione” le chiama questo partito, il fondatore dell’impresa degli insediamenti. Strade verso l’inganno.

 

Pace? Ritirata? Smantellare gli insediamenti? Non fate ridere i sionisti.

Non resta molto altro, due liste e mezza, marginali: Meretz y Hadash-Ta'al, che appoggiano la soluzione dei due Stati – il vacillante treno che ha già lasciato la stazione – e la Lista Araba Unificata Balad, che è la più vicina e invoca la soluzione di uno Stato, l’unica soluzione dimenticata.  Votate apartheid.

 

 

(*) Giornalista israeliano, scrive per il quotidiano Haaretz; da sempre molto critico sulla politica israeliana di occupazione dei territori palestinesi; da: rebelion.org; 9.4.2019

 

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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