INTERVISTA A ALDO MILANI

Intervista del coordinatore nazionale del SICOBAS, al giornale “nuova unità”

Presente e futuro

Con Aldo Milani, a tutto tondo, dopo la sua assoluzione

Michele Michelino

nuNel 2017 sei stato arrestato con una accusa infame di estorsione, di aver incassato mazzette, e sbattuto in prima pagina su tutti i quotidiani nazionali e le televisioni per sputtanare te, il Sicobas e tutti e tutti quelli che creano conflitto con il capitale lottando per i loro interessi. Il 13 maggio 2019 sei stato assolto (ricordiamo che il PM aveva chiesto 2anni e 4 mesi di reclusione), ma i mass-media hanno riportato la notizia in poche righe su quotidiani e tv locali dimostrando di essere un'informazione di regime al servizio dei padroni. Come hai vissuto questa vicenda tu e i compagni del sindacato?

 

Milani. In realtà con patteggiamento era già stato condannato il Piccinini e contro di me non vi era nessuna prova in quasi cinquemila pagine di intercettazione solo in sette sono citato e la sola volta che si parla di soldi che i Levoni dovevano dare lo si fa in riferimento alla nostra cassa di resistenza. In pratica Piccinini mi chiedeva quanti soldi il SI Cobas aveva sborsato per sostenere i lavoratori in lotta ed avendo risposto che erano stati spesi 30 mila euro, Piccinini mi diceva che ne aveva chiesti 60 mila ai Levoni e tutto ciò era un acconto sulla parte economica che dovevano pagare per le mancate corresponsioni in busta paga e che erano oggetto di trattativa tra gli avvocati di parte. Io rispondevo con un va bene (un niente per accusarmi di estorsione). Non c’entravo niente, ero estraneo alle mazzette del sig. Piccinini come si evidenzia dalle immagini trasmesse anche se manipolate e quindi sono stato assolto dalle accuse.
Il fatto grave è che continua l’attacco repressivo perché sembra che gli avvocati di parte vogliano fare appello. In ogni caso proprio oggi il mio sindacato ha presentato una denuncia tendente a dimostrare che l’azienda LEVONI continua nella stessa politica non pagando il dovuto ai lavoratori, anche se loro (LA PROCURA, IL PADRONE) cercano di far diventare estorsione la semplice attività di contrattazione sindacale. A gennaio è stato dichiarato lo stato di agitazione per la GLS enreimpris di Piacenza, dove io non intervengo direttamente e solo per il fatto che ho firmato lo stato di agitazione, sono state depositate, da parte dell'azienda, 22 pagine di denuncia nelle quali si cerca di paragonare l'indizione dello sciopero - se non si ottiene l'incontro per una trattativa sulla applicazione contrattuale - come un ricatto e quindi una estorsione. Minacciare lo sciopero se i padroni non si attengono al CCNL significa estorsione. In pratica i padroni tendono a mettere in discussione l’attività di sciopero. Formalmente lo sciopero lo riconoscono però vogliono svuotarlo della possibilità di usare certe forme di lotta per ottenere dei risultati; questo è il loro obiettivo e stanno spingendo affinché si approvi una legge per regolare lo sciopero. 
Esiste il precedente dell’accordo - già firmato dai Confederali e dalla stessa USB - che tende ad impedire i veri scioperi perché prevede che si possano fare solo se hai una sostanziale maggioranza nelle RSU. 
Noi ad oggi non abbiamo all’interno delle aziende della logistica le RSU, ma le RSA e non firmando questo accordo tendono a non riconoscerci istituzionalmente. Noi non l'accettiamo e non abbiamo firmato accordi che tendono a regolare il conflitto. 

nu. I lavoratori da subito ti hanno espresso solidarietà avendo capito che ti avevano teso una trappola per fare fuori te e il SICOBAS, però abbiamo visto che questo fatto ha creato disorientamento e divisioni anche in una parte del movimento sindacale. Alcuni sindacati confederali e anche sindacati di base in concorrenza con il Sicobas hanno preso per buone e a pretesto le accuse di estorsione del padrone avallate dalla Procura e dallo Stato contro di te prendendo subito le distanze e negando anche un minimo di solidarietà. Molte organizzazioni e compagni invece da subito ti hanno espresso solidarietà. Quali sono state le cause che hanno contribuito a far cadere l’accusa nei tuoi confronti.

Milani.  Le cause che hanno permesso la mia assoluzione sono dipese da diverse cose. A parte la mobilitazione ci sono altri fattori del perché il giudice mi ha assolto dalle accuse. Il primo è stato senz’altro la mobilitazione dei lavoratori sin dal primo momento, già il giorno del mio arresto in tutti magazzini i lavoratori hanno scioperato dando un chiaro segnale alla controparte. Anche nel giorno della sentenza nei magazzini spontaneamente si sono fermati per un'ora senza che ci fosse stata una chiara indicazione dell’organizzazione sindacale per indire lo sciopero, io stesso ero all'oscuro di tale decisione. 
Inoltre una cinquantina di persone il giorno della sentenza autonomamente hanno deciso di fare un presidio fuori dal tribunale. Anche nel nostro sindacato c’è stata una discussione perché chi non ha esperienza sosteneva che era meglio non fare dimostrazioni a Modena, così pure aveva suggerito il mio avvocato il quale sosteneva: tanto abbiamo vinto sul piano giudiziario, attenzione perché se fate qualche iniziativa in città possono usare le mobilitazioni per pronunciare una sentenza negativa. 
C’è stato un contrasto prima di tutto da parte mia nei confronti del mio avvocato perché con la sentenza poteva essere decisa da pregiudizio politico nei nostri confronti e quindi doveva essere il sindacato a decidere il che fare. Anche alcuni dei nostri quadri pensavano che era meglio non fare niente dal momento che l’accusa si era sgonfiata e il problema poteva essere risolto sul piano giudiziario. Invece abbiamo fatto una mobilitazione che ha permesso non solo di portare avanti la lotta su contenuti politici più avanzati, 
l’attacco contro di me che era stato portato avanti non era perché io non avevo fatto niente, anzi è proprio perché esercitiamo la lotta di classe contro i padroni, le istituzioni statali, per tali motivi che mi potevano condannare.  I fatti dimostrano che tutte le volte che si manifesta davanti ai tribunali con una certa forza è un motivo in più per far capire le nostre ragioni e questo può condizionare in parte anche le valutazioni dei giudici. Il secondo elemento è che la giudice Musti - capo dei giudici a Modena che in prima persona si era esposta la sera stessa del mio arresto invitando altri padroni a denunciarmi per lo stesso reato, e che a detta di molti ha sempre affrontato questi processi in maniera molto reazionaria - è stata sostituita una settimana prima di questa sentenza. Non è un caso che il nuovo giudice abbia aspettato il 13 maggio un mese dopo che era finito l'ultima udienza per dare la sentenza. Io ero convinto che mi condannassero perché il PM, anche se ammetteva che avevo fatto l'estorsione a fine di bene per i lavoratori, aveva chiesto una condanna a due anni e 4 mesi di reclusione.
Secondo me sono arrivati alla soluzione in senso positivo anche perché vi è stato questo cambiamento a livello di gestione della magistratura modenese: problema risolto quando l’organo supremo della magistratura ha sostenuto che questa giudice Musti aveva vinto il concorso di giudice a Modena in maniera illegale, perché avevano "truccato" la graduatoria. A Modena, a detta anche di fonti giornalistiche, c’è un gruppo di giudici appartenenti alla massoneria, legati al PD, che si sta disgregando nella misura in cui si stanno determinando altri equilibri politici del sistema di potere. 
La magistratura, la questura, gli organi di polizia di Modena nelle settimane precedenti alla sentenza avevano sempre avuto delle forme repressive di attacco alle lotte dei lavoratori e agli scioperi che facevamo. Anche i mezzi utilizzati dal punto di vista militare, da polizia e carabinieri, sono sempre più improntati alla violenza, non sparano più lacrimogeni in aria, ma quando sei seduto per terra: questo atteggiamento è un anticipo di quello che sarà il decreto sicurezza bis. Non potrai più neanche avere in mano un fumogeno per essere 
condannato. Modena fa scuola, è un apripista all'accentuarsi delle azioni repressive contro gli scioperi e alle nostre forme di lotta che portiamo avanti nella logistica e questo modello si estenderà a tutti.
Il terzo elemento sono le contraddizioni in campo nemico, nelle forze borghesi, nell’ultimo periodo relativo allo sciopero dell’Italpizza, la CGIL ha cominciato a prendere pozione contro una aperta repressione delle lotte. In questa azienda la maggioranza dei lavoratori è iscritta, su indicazione delle cooperative alla UIL, e per concorrenzialità, in questo caso, la CGIL si è schierata perché sia applicato il contratto in relazione alle professionalità esercitate. In più c’è stato un incontro al MISE dove l’inserimento dei 5stelle nella gestione di quel ministero ha favorito noi perché questo partito cerca di mettere in discussione la forza del PD nell'area modenese. Infatti, nell'incontro con l’azienda Italpizza al Ministero, quando la UIL ha posto il veto sulla nostra presenza perché non firmatari di contratti nazionali, il funzionario gli ha risposto negativamente sostenendo che anche il SI Cobas aveva tutto il diritto di stare al tavolo di trattativa. Questi fatti, insieme all’allargamento della lotta e del conflitto, secondo me hanno influito in parte sulla decisione del giudice di assolvermi. 

nu. Alla fine ti hanno assolto ma per un anno e mezzo sei stato messo alla gogna mediatica, ti hanno applicato delle restrizioni e impedito di muoverti liberamente, cosa ha comportato per te questo domicilio coatto?

Milani. Il fatto di dover stare in casa senza possibilità di muovermi è stato un grosso problema, ma tutti noi che ci muoviamo sul terreno della lotta con una visone di classe dobbiamo metter in campo che andranno avanti contro le lotte operaie e la repressione sarà un dato oggettivo che aumenterà. Però, stare ai domiciliari è stato pesante non potendomi muovere sul territorio. Essendo, in questa fase, ancora il compagno che si muove di più sul piano nazionale per il sindacato, stare chiuso in casa e segnalare quando uscivo dove andavo è stato molto pesante. Un altro aspetto a proposito di repressione: Venerdì dell'altra settimana siamo stati a Napoli per un’assemblea operaia e mentre eravamo in albergo di notte del (18), si sono i presentati i carabinieri notificando una denuncia per uno sciopero fatto qualche mese prima al coordinatore del sindacato di Bologna, Simone Carpegiani, il quale aveva prenotato le camere dell'hotel. Il sistema intimidatorio, come si vede, è continuo e riguarda tutti. Anche gli altri sindacati, se si muovono su un terreno meno movimentato del nostro, se pensano di non essere toccati da questa svolta repressiva si sbagliano. Avranno anch'essi problemi di agibilità sindacale. Le scelte repressive che si acuiscono non attaccano solo il Sicobas ma tutti coloro che eserciteranno il conflitto di classe.

nu.Tu pensi che oggi ci sia una fascistizzazione del sistema capitalista?

Milani. Oggi non esiste un sistema fascista, c’è una tendenza alla fascistizzazione dello Stato attuata attraverso un utilizzo più accentuato della repressione. I capitalisti, nella crisi, avendo sempre minori margini di soprapprofitto per corrompere strati di lavoratori e aggregare intorno a sé il consenso della piccola e media borghesia hanno bisogno di dotarsi di strumenti di controllo e di repressione più accentuati. Lo Stato oggi, nella crisi, ha meno briciole e spazi economici per coinvolgere questi strati, quindi debbono ricorrere alla repressione dei movimenti a cominciare da quelli dei lavoratori. Davanti a questo scenario che ci vedrà più colpiti dalla repressione, diventa impellente allargare il fronte di lotta. La risposta non può più essere solo la denuncia di questo aumento della repressione, ma quella di organizzarsi di più, generalizzare la lotta dei lavoratori e delle lavoratrici, fare fronte unico!

nu. La vostra esperienza molto radicale anche nelle forme di lotta sindacale, nonostante le conquiste ottenute dimostrano anche i limiti dell’azione sindacale basata sui rapporti di forza. Sappiamo entrambi che la lotta sindacale è necessaria per porre un argine allo sfruttamento, al peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita del proletariato, ma i licenziamenti, i morti sul lavoro e tutti i mali che deve subire la classe operaia contro cui lotta ogni giorno sono solo gli effetti del sistema; la causa risiede nel capitalismo/l’imperialismo. Nel Sicobas come intendete muovervi nelle contraddizioni tra lotta sindacale e organizzazione politica, vi ponete il problema dell’organizzazione politica di classe e del potere?

Milani.  Posso rispondere per me non per tutti i compagni del sindacato. Anche nelle nostre tesi abbiamo cominciato ad abbozzare una prospettiva politica. A differenza del passato, faccio un esempio, negli anni '20 mentre si lottava per la difesa del salario, delle condizioni dei lavoratori, contro i licenziamenti ecc, i riformisti e i comunisti avevano prospettive diverse. I riformisti nello sviluppo della lotta trovavano un accordo con i padroni e il più delle volte tradivano gli interessi specifici di quelle stesse lotte, i rivoluzionari erano più conseguenti nella difesa economica e dei diritti dei lavoratori e si adoperavano per l'allargamento della lotta. Oggi invece, soprattutto negli ultimi 70 anni, dopo che c’è stata una maggiore integrazione dei sindacati nello Stato e questo è avvenuto in tutto il mondo, non solo in Italia, le piattaforme dei sindacati confederali sono dall'inizio improntate alla difesa del sistema capitalistico. Se l'economia è in crisi si debbono accettare i sacrifici ed i lavoratori devono aumentare gli indici di produttività. Questo criterio di fondo avviene per le piattaforme di tutti i settori, nei metalmeccanici, chimici e altre categorie. 
Era così come allora, all'inizio del '900 ma oggi è ancora più evidente, sostengono e rivendicano questi sindacati apertamente le esigenze dell'economia capitalista, 
gli interessi borghesi. 
Al primo posto si mette la produttività, la salute del sistema, per cui bisogna accettare sacrifici, licenziamenti e via di seguito. Essendo poi venuta a mancare, almeno negli ultimi cent’anni, un’organizzazione di classe nella forma partitica (una volta erano i partiti che erano il punto di riferimento dei sindacati) i lavoratori si presentano di fronte all’avversario senza avere una politica prospettica e spontaneamente arrivano a sviluppare una politica tradunionistica tuttalpiù cercano di supplire alla mancanza del partito compiti che hanno una valenza non puramente di contrattazione della forza lavoro. Non è un caso che noi sosteniamo che il compito del sindacato e quello di rivendicare al meglio le condizioni dei lavoratori, ma per poterlo fare bisogna definire gli obiettivi e le forme di lotta all'interno di una prospettiva anti capitalistica. Il sindacato finisce per supplire la mancanza del partito e avere un ruolo che "non è il suo". Le nostre lotte sul piano delle rivendicazioni sono coerentemente anticapitalistiche: abbiamo ottenuto la riduzione di due giornate di lavoro all'anno, molto poco ma è in controtendenza con quello che sta succedendo in Europa. Questo però dimostra che la battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro si può fare concretamente se si costruiscono delle lotte ed un fronte unitario dei lavoratori, forti aumenti salariali, passaggi di livello non in base alla professionalità, ma agli anni di presenza nei magazzini. Tutta la lotta classe contro classe non può essere fatta solo per avere un costo più favorevole della forza lavoro e anche su questo terreno il capitalismo se le condizioni del mercato lo impongono chiude le fabbriche, la lotta deve spostarsi e allargarsi contro tutte le manifestazioni del dominio borghese. Ecco perché dei compagni si pongono non solo di portare avanti delle lotte radicali ed in senso anticapitalista, ma diventa essenziale favorire la formazione di un'organizzazione politica e non solo sindacale della classe.
Tuttavia la crisi evidenzia che questo sistema ormai non può più concedere neanche queste briciole e le briciole le ottieni solo se si in grado di fare la lotta in un quadro anticapitalista. La caratteristica del Sicobas, a differenza degli altri sindacati è questa. Il sindacalismo di base sta entrando in crisi, perché nel '92/93 quando è nato, era una forma di critica alla democrazia all’interno delle fabbriche, ai burocrati sindacali che decidevano e i lavoratori non avevano nessun spazio, allora questo è stato un momento dirompente però oggi restando sul terreno del tradeunionismo di spartirsi un po’ le quote: meno al profitto più al salario, si resta ancorati ad una visione opportunista che non paga nemmeno più. È necessario legare la battaglia dal punto di vista economico alla necessità di sviluppare una propria organizzazione politica. Questo è e sarà un dato imprescindibile per quei lavoratori che si vorranno porre come classe nei confronti della classe borghese: dovranno porsi il problema di un attacco più complessivo al sistema capitalista. I due termini, sindacato e partito non si debbono intendere separati e non si può dire questa è solo una lotta limitata all'ambito sindacale, oppure questa è relativa all'ambito politico e riguarda quindi il partito. I due elementi non sono distinti sono strettamente collegati nella lotta operaia.

L’avanguardia dei lavoratori non si conquista attraverso la propaganda delle idee. L’organizzazione politica se nascerà e, noi cerchiamo di favorirla, sarà data se saprà coniugarsi alle lotte dei lavoratori d'avanguardia. Alcuni di noi stanno lavorando per far evidenziare ed emergere la necessità di una organizzazione politica perché ci sono tanti problemi che riguardano i rapporti fra le classi e solo una organizzazione politica può sviluppare un'azione per rendere coscienti i lavoratori. Bisogna essere dialettici, noi abbiamo un vantaggio e un handicap. Il vantaggio è che il sistema capitalistico della logistica dove operiamo maggiormente noi la composizione organica del capitale e più bassa rispetto ai diretti concorrenti, quindi più utilizzo degli uomini che dei mezzi, inoltre in Italia - a differenza degli altri paesi imperialisti nostri concorrenti che hanno avuto una maggiore forza e dominio nei paesi arretrati e una immigrazione di terza generazione - l'immigrazione è avvenuta negli ultimi vent'anni. Oggi in Italia l'immigrazione conta numeri consistenti. 
Abbiamo una classe operaia meno ideologizzata, meno legata ai partiti, meno sindacalizzata, diventa più protagonista delle lotte, anche se non ha una visione politica di prospettiva. Molti di loro pensano che attraverso le lotte sindacali si possano ottenere risultati duraturi, definitivi. Ma anche nella logistica nell’ultimo anno e proprio nelle aziende in cui si sono ottenute più conquiste sindacali, aumenti di salario, riduzioni dell’orario di lavoro, e migliori condizioni di lavoro è in atto una riorganizzazione del sistema padronale che sta portando alla chiusura delle aziende, questo è il capitalismo bellezza.
Il risultato di questo processo è che gli stessi operai come i nostri che hanno ottenuto con le lotte da 700 a 2200/2400 euro in certi magazzini importanti non possono pensare che le cose vadano sempre bene, devono porsi il problema che sempre nel processo capitalistico la concorrenza e il processo di ristrutturazione ha conseguenze sul loro livello di vita.
 

nu.  La concorrenza divide i lavoratori e la lotta contro lo sfruttamento li unisce, tuttavia le contraddizioni nel proletariato rimangono, come convivono nel Sicobas le varie nazionalità, e con diverse religioni? 

Milani. L’unità nella lotta ha dimostrato la forza dei lavoratori e li ha uniti sul piano sindacale, ma il fatto che questi operai provengono da varie parti del mondo fa sì che si portino dietro anche l’ideologia delle regioni di provenienza.

Certo che oggi costruire un partito marxista all’interno dei lavoratori diventa un problema in un settore di classe in cui il 95% appartengono a religioni diverse. L’averli organizzati, uniti, perché c’era un razzismo anche fra loro, discutendo insieme anche delle questioni religiose, non in maniera ideologica ma rendendo evidente come gli antagonismi di classe sono inconciliabili, per noi è una battaglia politica e questo è utile anche dal punto di vista politico internazionalista. Noi oggi abbiamo 32 nazionalità all’interno del sindacato per cui il nazionalismo è un problema presente. Per esempio, molti pensano che Erdogan sia per loro un punto di riferimento, in particolare nelle aree arabe. Noi quindi c’e anche una battaglia contro questi aspetti che sono culturali, religiosi e politici che dobbiamo fare, che non è solo sindacale, ma anche politica. Noi non ci poniamo solo il problema di migliorare le condizioni sul posto di lavoro, ma il problema nostro come marxisti è quello di porre il problema dal punto di vista politico. 
Su questo, a livello di slogan, di concezione, di battaglie i nostri quadri cominciano e sentire questa influenza. Per molti dirsi comunisti diventa un problema. Per esempio ieri discutevamo con i compagni tedeschi del Partito Comunista m-l e loro ci dicevano che in Germania se dici che sei comunista, marxista non puoi neanche partecipare ai sindacati ma vieni espulso. Oggi per noi non è cosi, anche se diciamo che siamo comunisti, ponendoci dal punto di vista marxista per i nostri lavoratori non c’è questo problema anche negli slogan, negli interventi che fanno si stanno muovendo su quel terreno. È la materialità che li spinge a risolvere la contraddizione e quindi anche l’elemento soggettivo, l‘organizzazione politica diventa sempre più importante proprio per la direzione di questo processo. Gli stessi lavoratori cominciano a prendere coscienza della limitatezza della lotta sindacale, sia aziendale sia di settore. Noi siamo nati come sindacato fondamentalmente della logistica, andare oltre come a Modena, Napoli o altre parti è importante. Modena più di Bologna ha la ceramica, la Maserati, la Ducati, metalmeccanica, alimentare con l’Italpizza è la prima in Europa, tutta una serie di altri settori. Il 30% dei lavoratori di queste fabbriche sono immigrati, ma anche italiani e questo significa che cominciamo a incidere perché anche questi cominciano ad aderire al sindacato. Non pensiamo di allargarci e diventare da soli il sindacato di classe, ma lavoriamo in una prospettiva di fronte unico con tutti i lavoratori per fare una battaglia sul terreno complessivo che per noi diventa fondamentale. 
Il nostro definirci sindacato intercategoriale ha un valore in prospettiva, non è il sindacato di più federazioni, una confederazione, con il segretario dall’alto che gestisce. Noi vogliamo essere dei coordinatori di un’attività contro la delega che oggi è ancora molto forte anche nel Sicobas e mettere al centro i Cobas, deve essere il delegato che si fa attivo dal punto di vista sindacale e politico di questo processo o confronto. Anche adesso nel sindacato si tende a dare più peso ai coordinatori invece che al Cobas.

nu. Il vostro slogan “se toccano uno toccano tutti” è diventata la parola d’ordine generale del movimento operaio e di lotta e questo è un grande risultato. È uno slogan che si basa sulla solidarietà di classe che gli operai coscienti hanno sempre praticato e che oggi con l’acuirsi della concorrenza e la guerra fra poveri diventa ancora più importante. Tu hai detto che riconosci i limiti della lotta economica-sindacale e, quindi l’importanza di una organizzazione politica, ma i lavoratori più coscienti di cui parlavi prima cominciano a porsi il problema del Potere operaio? Del socialismo?

Milani. Sì, anche se in maniera empirica. Oggi succede che con l’allargamento e la radicalizzazione della lotta alcuni pensano che questo sia possibile attraverso il sindacato. Noi stiamo lavorando per favorire il confronto sul terreno politico. Sta poi alle avanguardie dimostrare che questa è una limitatezza. Basta seguire le nostre manifestazioni anche esterne dove si vede come questo avviene. Oltre agli obiettivi della lotta economica si pongono i problemi dell’imperialismo, la presenza imperialista nelle varie aeree nei loro paesi e tutta una serie di temi, ma non si tratta solo di propagandare come è giusto che i marxisti facciano sempre. Ci vuole la capacità di far comprendere che questa lotta è all’interno delle cause che producano queste contraddizioni. Sta a noi far comprendere, e lo stiamo facendo, che dentro questa prospettiva puoi anche avere dei vantaggi sul piano economico. Ora molti lavoratori s’iscrivono al sindacato, abbiamo cinque avvocati per i servizi, come in altri sindacati, ma il nostro è un sindacato di militanti.

nu. Nel mese di maggio prima in Francia e poi in Italia ci sono stati manifestazioni e picchetti dei lavoratori portuali e di comitati contro la guerra per impedire l’attracco nei porti di una nave che portava armi saudite da utilizzare nella guerra civile in Yemen, cosa pensi di questo fatto?

Milani. Noi siamo solidali, a livello di denuncia anche noi lo stiamo facendo. Io pongo però l’accento sulla materialità. Anche la questione delle donne proletarie all’interno dei posti di lavoro è un problema che ci poniamo anche praticamente avendo ormai un buon numero di lavoratrici all’interno del sindacato e abbiamo fratto uno sciopero di tutti i settori questo problema.
Anche su temi come quello della guerra ricordo che è la DHL quella che porta le armi per gli americani in Medio oriente e nei vari fronti di lotta, quindi la logistica è un settore fondamentale.

Riuscire a fare degli scioperi internazionali significa ostacolare, agire concretamente contro la guerra non limitandosi solo alla propaganda seppur necessaria contro l’imperialismo e oggi purtroppo su questo problema siamo ancora indietro, ma ci stiamo lavorando. Infatti, nei nostri incontri nazionali poniamo sempre il problema di un collegamento anche materiale, non solo volantini e prese di posizione di denuncia. Siamo stati recentemente in Asia, in India abbiamo preso contatti come sindacato con sindacati di quei paesi perché crediamo che l’unità internazionale ci rafforzi, ad esempio il gruppo Zara produce i propri abiti in Bangladesh e in quelle’aree, lo stesso vale anche per Benetton e tutti i gruppi multinazionali.
Recentemente in quell’area hanno licenziato migliaia di lavoratori perché avevano fatto uno sciopero, ecco davanti a questi avvenimenti essere in grado di far scioperare e mobilitare tutti i lavoratori del gruppo anche in Italia è fondamentale. Non è che noi ci poniamo il problema dell’internazionale per il futuro, noi cerchiamo di praticarlo già adesso, come importante è confrontarsi e discutere di questa crisi e delle lotte che si stanno sviluppando a carattere internazionale per noi è fondamentale. 

Intervista raccolta il 20 maggio 2019 , pubblicata sul periodico comunista di politica e cultura “nuova unità” n.3/2019

 

 

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