Rivoluzione cubana

 

La testardaggine cubana

di Atilio A. Boron (*); da: atilioboron.com;.ar; 1.1.2020

 

Ogni anno nuovo invita a fare un bilancio dei successi e delle frustrazioni, a incoraggiare nuove speranze e, nella Nostra America, a ricordare un fatto storico: il trionfo della Rivoluzione Cubana.

 

Come ho fatto in numerose occasioni, il ricordo e l’omaggio a quella grande vittoria popolare e all’interminabile sconfitta dell’imperialismo nordamericano, che da ormai sessantuno anni morde furioso la polvere della sconfitta – cosa che mai gli è successo in alcun altro angolo del pianeta,  prevalgono sopra qualsiasi altro tipo di considerazione.

  

Senza sottovalutare niente e nessuno, le nostre piccole storie personali e anche i grandi accadimenti di natura collettiva vengono eclissati dalla luce abbagliante di quell’alba del 1° gennaio 1959. Quel giorno la storia di “una sola grande nazione” di cui parlava Bolìvar, venne divisa in due: Fidel e i giovani del 26 Luglio realizzarono un’impresa che costruì un ‘prima’ e un ‘dopo’ nel nostro divenire storico, destinato a durare per sempre e a dare nuovi significati alle nostre secolari lotte per la liberazione nazionale e sociale, ma anche un nuovo senso e un orizzonte nuovo alle battaglie del nostro tempo.

  

Ma non fu solo quel fatto iniziale: il popolo e il governo cubano hanno avuto il coraggio di sostenere, contro tutti e contro tutto, per più di sei decenni quella vittoria omerica che ha reso possibile che la Nostra America uscisse dalla preistoria e cominciasse a scrivere la propria storia.

 

Una storia durissima, di resistenza contro il più grande potere del pianeta, e di ardua costruzione del socialismo.

 

Primo, perché l’imperialismo non ha smesso un secondo di molestare la Rivoluzione Cubana. E a fronte di ciò il popolo cubano si è guadagnato per sempre l’aggettivo “eroico” perché ha resistito con fermezza mostrando una virtuosa ostinazione che non ha paragoni nella storia universale.

 

E costruzione, dicevamo, perché nelle peggiori condizioni immaginabili Cuba cominciò a costruire il socialismo e oggi continua il compito con tenacia esemplare.

 

 

Il sabotaggio del governo statunitense è stato persistente, crescente e brutale. Democratici e repubblicani si sono alternati alla Casa Bianca, ma tutti hanno mantenuto la loro malata ossessione di schiacciare la Rivoluzione Cubana e cancellare dalla faccia della terra un esempio che dimostra che, anche se sotto l’attacco “ad ampio spettro” della più grande superpotenza del pianeta, un paese della periferia può garantire a tutta la sua popolazione salute, educazione, alimentazione, sicurezza sociale ed una vita, austera ma degna.

 

Cosa che nessun paese capitalista può fare perché in tutti questi quei diritti che la Rivoluzione Cubana offre ai suoi cittadini sono nere merci o opportunità di affari.

  

Questo spiega il rabbioso impegno della Casa Bianca per farla finita con la Rivoluzione. La sua sola sopravvivenza, in condizioni tanto avverse, è la prova irrefutabile della superiorità del socialismo (senza negare i suoi problemi) sul capitalismo.

  

Se, come dice Donald Trump, il socialismo ha fallito, perché non sopprime il blocco che attanaglia l’isola e le costa un immenso sforzo per ottenere quello che in quasi tutto il mondo si ottiene senza il minimo sforzo? Ad esempio: facilitare le esportazioni cubane, permettere il libero transito dei residenti negli Stati Uniti per visitare l’isola quando lo desiderano, ricevere le rimesse degli emigrati cubani che vivono negli USA, permettere che Cuba importi ciò di cui ha bisogno senza applicare durissime sanzioni economiche a paesi terzi o alle società coinvolte in questa attività, favorire il turismo e mettere fine alle innumerevoli restrizioni di ogni tipo imposte all’Isola ribelle per la sua audacia.

 

Se si parla di fallimenti, gli Stati Uniti ne sono un campionario pietoso: un paese roso dalla violenza, con periodici assassinii di massa e indiscriminati nelle scuole, nei centri commerciali e nelle chiese, attuati da soggetti sconvolti da una società alienata e alienante; un paese che ha decine di milioni di drogati che consumano tutta la droga letale che viene prodotta sul pianeta e che rafforzano il narcotraffico; un paese ricchissimo – per quanto di suo e per quanto ha rubato al resto del mondo – e che tuttavia non può mettere fine alla povertà che tocca circa il 15% della sua popolazione; un paese che ha prostituito il suo processo politico e che oggi non è altro che un regime plutocratico dove prevalgono unicamente gli interessi della classe dominante, tema sul quale oggi esiste un sorprendete consenso all’interno dell’establishment accademico.

  

Se il socialismo ha fallito, perché la Casa Bianca e il potere mafioso (nelle sue due accezioni: corporativo e gangsteristico) che la rappresenta non lasciano in pace Cuba?

 Risposta: perché allora l’esempio di Cuba, importante come è oggi, lo sarebbe moltissimo di più e i popoli del mondo potrebbero provare la tentazione di avanzare per questa via, cosa assolutamente inammissibile per il potere capitalista su scala mondiale.

  

Per questo … grazie Cuba per la tua Rivoluzione e per nutrire le nostre speranze, e per aver fatto della giustizia, dell’internazionalismo e della solidarietà le stelle polari che guidano i popoli nella costruzione di un mondo migliore!

 

 (*) Politologo argentino

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

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