Pirati nei Caraibi

Pirati nei Caraibi 1

 

La “giustizia” britannica si tiene parte delle riserve di oro del Venezuela

di Marco Teruggi (*); da: lahaine.org; 4.7.2020

 

Il giudice britannico Nigel Teare, del Tribunale Superiore di Giustizia inglese, ha sentenziato che le 31 tonnellate di oro venezuelano che si trovano nella Banca d’Inghilterra non possono essere gestite dalla Banca Centrale del Venezuela (BCV) visto che “il governo di Sua Maestà ha riconosciuto Juan Guaidò come presidente costituzionale interinale del Venezuela”.

 

La giustizia britannica ha quindi stabilito che chi avrà accesso all’oro in discussione, stimato in 1,6 mila milioni di dollari, sarà il “governo di Guaidò” attraverso la “giunta ad hoc del BCV” che egli ha nominato nel luglio 2019, pochi mesi dopo la sua auto proclamazione.

La Banca Centrale del Venezuela ha annunciato che “farà immediatamente appello contro l’assurda e insolita decisione di un tribunale inglese che pretende di privare il popolo venezuelano dell’oro così  urgentemente necessario per far fronte alla pandemia di covid-19”.

La causa per la restituzione dell’oro da parte della BCV era iniziata a fine 2018. Il riconoscimento nel gennaio 2019 dell’autoproclamato Guaidò come “presidente incaricato” da parte della Gran Bretagna ha congelato la risposta del governo britannico alle richieste venezuelane, cosa che il governo di Nicolàs Maduro ha denunciato sul terreno diplomatico numerose volte.

 

John Bolton, ex consigliere alla Sicurezza Nazionale del regime statunitense, ha scritto nel suo libro “La stanza dove è successo, una memoria della Casa Bianca” di questa decisione britannica. Lì scrive che l’allora ministro delle Relazioni Estere britannico,Jeremy Hunt, era “entusiasta di cooperare” con gli Usa, “ad esempio congelando i depositi d’oro del Venezuela depositati nella Banca d’Inghilterra”.

Bolton si riferisce a questa decisione di inizio 2019 come parte dei “passi che già si stavano facendo per fare pressione finanziariamente su Maduro”. Nello stesso paragrafo del libro sottolinea come, in quei giorni, stavano lavorando per inasprire le sanzioni all’industria petrolifera venezuelana.

 

La BCV continuò durante il 2019 e il 2020 a cercare di accedere alle riserve di oro. Nel maggio scorso presentò una causa davanti al Tribunale Commerciale di Londra perché la Banca di Inghilterra restituisse l’oro venezuelano. Nella causa venivano esposte non solo le ragioni legali ma anche quelle umanitarie: l’ammontare dell’oro sarebbe stato destinato direttamente al Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite per far fronte alla pandemia nel paese.

 

La mancanza di risposta della Banca d’Inghilterra per mesi si doveva alla zona grigia diplomatica costruita nei confronti del Venezuela. Mentre il governo inglese aveva riconosciuto Guaidò, la sua “ambasciatrice” Vanessa Neumann veniva ricevuta dal governo legittimo ma senza le credenziali formali, situazione simile per vari paesi d’Europa e dell’America Latina che così obbediscono agli ordini di Washington.

Così, mentre da un lato la politica estera appoggiava il governo “parallelo” in Venezuela, la situazione legale non era per nulla chiara; cosa diversa dal caso statunitense  dove, pur con alcune tensioni, erano allineati la Casa Bianca, il Dipartimento di Stato, quello del Tesoro e quello della Giustizia.

Questa situazione di mancanza di chiarezza , con riferimento alla quale la Banca di Inghilterra si giustificava per la mancata risposta, è stata chiarita dalla sentenza di giovedì.

 

La sentenza rappresenta non solo una perdita per la Banca Centrale del Venezuela ma costituisce un precedente per altre cause in situazione simile, come quella dei 120 milioni di dollari appartenenti alla BCV che si trovano depositati nella Deutsche Bank, o numerosi conti congelati in altre banche.

 

Si apre così una nuova porta perché si approfondiscano i meccanismi del furto di attivi e beni del Venezuela all’estero, cosa che ha cominciato a succedere dall’inizio del riconoscimento statunitense di Guaidò.

IL caso paradigmatico è quello della CITGO, la filiale statunitense della PDVSA (la società statale petrolifera venezuelana) – valutata in 8 mila milioni di dollari – che è stata sottoposta ad embargo dal regime statunitense nel 2019, e che oggi rischia di finire “legalmente” all’asta e di essere smembrata per essere così comprata da una società petrolifera canadese, la Crystallex, o da una statunitense, la Conoco Phillips.

 

Questo processo di spoliazione è stato uno degli obiettivi centrali contro il Venezuela. Il governo venezuelano ha convocato, ad esempio, nel mese di maggio l‘incaricato degli Affari del Regno Unito per “presentare una protesta formale ed esigere spiegazioni riguardo alla creazione nella sua Cancelleria di una Unità per la Ricostruzione del Venezuela”.

 

Così, mentre Guaidò ha perso ogni influenza nel paese, il suo “mantenimento” artificiale permette che i processi di rapina contro la Nazione bolivariana vadano avanti.

Questa politica di pirateria e di blocco è anche causa delle divisioni della destra nel paese. Il settore che ancora fa riferimento al “governo parallelo” sostiene la necessità delle sanzioni e del congelamento degli attivi. Dicono, contro l’evidenza, che questi non colpiscono la popolazione ma solo il nucleo del potere del chavismo.

L’altro settore, invece, sia politico che economico, si oppone alla strategia di asfissia e spoliazione progressivi. Questo è il settore che parteciperà alle elezioni amministrative del prossimo 6 dicembre, alle quali sono iscritti ben 89 partiti politici.

(*) Giornalista di Pagina12, quotidiano argentino

 

 

Pirati nei Caraibi 2

Ecco la lettera che Hebe de Bonafini, fondatrice e figura storica delle Madri di Plaza de Mayo, ha scritto alla Regina Elisabetta d’Inghilterra sulla questione dell’oro venezuelano:

 

Buenos Aires, Argentina, 4 luglio 2020

 

Signora Regina Elisabetta d’Inghilterra,

 

oso scriverle perché da 43 anni in Argentina la mia vita è dedicata a coloro che hanno meno.

In questi giorni ho saputo che il suo paese, che è sempre stato colonialista, ha deciso di rubare al popolo del Venezuela i risparmi in oro depositati nelle banche inglese.

 

Io credo -o meglio, ne sono convinta – che lei non ha bisogno di quell’oro e nemmeno il suo popolo. 

Oso dirle, da donna del popolo a donna che regna: non le sembra un abuso da parte vostra? Questo furto non è un sopruso?

 

Amo il  paziente popolo del Venezuela come amo il mio, e per questo ho deciso di scriverle.

Spero che sappia capirmi e che possa aprire la sua mano che contiene già sufficiente oro e che, ne sono sicura, non ne ha bisogno di altro.

 

Rispettosamente

 

                                                                                                             Hebe de Bonafini

                                                                                               Associazione Madri di Plaza de Mayo

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S,Giovanni)

News