INTENSIFICARE LA LOTTA CONTRO IL CAPITALE

Intensificare la lotta e l'unità del proletariato contro il capitale

In una nuova emergenza sanitaria il Governo italiano si riarma come dovesse scatenare una guerra. E decide nuove missioni militari in Africa

Al convegno dei giovani industriali il presidente Confindustria Carlo Bonomi si è lamentato che gli 88 miliardi stanziati dallo Stato agli industriali sono solo garanzie e che hanno dovuto anticipare i soldi della Cig. dimenticando volutamente le oltre 2000 aziende che hanno approfittato dell'emergenza per ottenere i soldi della cassa integrazione senza averne bisogno né le condizioni previste.

I capitalisti hanno mantenuto i loro profitti perché la produzione non si è fermata neppure nel periodo peggiore della Covid 19, non è un caso che le zone a maggior contagio sono state (oltre a quelle più inquinate) quelle dove la produzione industriale non ha mai cessato.

Chi è veramente in crisi sono la classe lavoratrice e le masse popolari. Che, fino a quando pagheranno con sacrifici e rinunce le scelte del sistema capitalista? A parte che molti non hanno ancora ricevuto la prevista Cig, si può vivere con un'elemosina statale?

Ammortizzatori sociali e divieto di licenziamento per ora hanno tamponato l'espandersi della disoccupazione, ma con la conferma della chiusura delle fabbriche, a partire da Whirlpool, e la fine degli strumenti assistenziali la situazione diventerà ancora più drammatica. Crescerà quell'esercito di disoccupati che ha la precisa funzione di ricattare gli occupati calpestandone i diritti, mantenere bassi i salari e aumentare precarietà e povertà.

 

Abbiamo assistito alle consuete promesse della recente campagna elettorale che hanno indorato la pillola raccontando come la situazione in Italia sta migliorando, di come gli italiani siano andati in vacanza... scegliendo l'Italia. Tant'è che il voto ha rafforzato l'asse di governo garantendolo sino a fine legislatura, mentre la vittoria dei SI per la futura diminuzione dei parlamentari al referendum (cosa che ci riguardava poco), ha evidenziato l'egemonia delle forze di governo sulle masse popolari, soprattutto nelle periferie delle città. Ha rinsaldato PD e M5Stelle per mantenere il Parlamento fino alla scadenza naturale e, nel frattempo andare all'ennesima modifica della legge elettorale, in vista anche dell'elezione del Presidente della Repubblica.

Ora, dopo che il governo aveva aperto le stalle estive per far "riprendere l'economia", siamo nel ritorno del contagio e di nuovo vengono imposte restrizioni e divieti, tranne quello di... lavorare. Questa pandemia non è più grave di tutti i mali che affliggono nel mondo con milioni di morti e che non hanno mai interessato i governi capitalisti: dalle catastrofi ambientali alla denutrizione, ai vari tipi di malattie. Nel contenimento forzato c'è l'interesse di salvaguardare l'economia e si è lasciata la sanità con i suoi enormi tagli: dal personale ai posti letto, alla ricerca. Tagli effettuati in nome dell'austerità e del pareggio di bilancio imposto dalla UE - momentaneamente sospeso per arginare i danni pandemici - ma che oggi si pagano.

Le carenze ospedaliere sono frutto del capitalismo. I suoi governi, pur prevedendo un'ondata di ritorno del virus, non hanno posto rimedio né con assunzioni, né con l'organizzazione ospedaliera, portandoci a una nuova gestione criminale. Si sono vantati di aprire le scuole a settembre stipando gli studenti sugli autobus perché aumentare le corse... costa troppo!

Per il Governo italiano è prioritario acquistare (nel silenzio mediatico) elicotteri e aerei di attacco, produrre portaerei come se l'Italia dovesse scatenare una guerra. Un giro di miliardi nelle tasche di politici, manager, faccendieri che rendono di più della soluzione dei problemi di un paese come la scuola e la sanità, anche se per strutture private e assicurazioni sono due campi assai remunerativi. Ma, come se non bastasse l'aumento del 6% delle spese in armi nel 2020, il governo rafforza la presenza militare (200 soldati e 20 mezzi terrestri) all'estero con altre due missioni: nel Sahel (un contingente militare era già in Niger) considerata "area strategica prioritaria per gli interessi nazionali", e nel Golfo di Guinea.

Anche nel mondo colpito dalla pandemia hanno continuato ad aumentare le spese militari che nel 2019 hanno registrato un aumento del 3,6% rispetto al 2018 con una cifra record di 1.917 miliardi di dollari. Il solo bilancio militare della NATO arriva a 1.035 miliardi di dollari, cioè il 54% della spesa militare globale. Pensiamo che il bilancio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità - che dovrebbe rispondere alle crisi di natura sanitaria - è di circa 4,5 miliardi di dollari ogni due anni.

Non siamo tutti nella stessa barca neppure nel contagio. I ricchi si salvano i proletari muoiono, tanto meno lo siamo nella crisi economica. Una crisi che ha concentrato e centralizzato il capitale sostenuto dalle banche centrali in una società dominata dai monopoli e dalle potenze imperialiste proiettate all'ottenimento del massimo profitto, alla militarizzazione dell'economia e della società. Situazione che non può soddisfare le esigenze della classe lavoratrice, né quelle sociali, né protegge la salute e l'ambiente.

La borghesia che mai rinuncia ai suoi profitti coglie l'occasione della Covid 19 per ristrutturare il modello produttivo. Un modello che peggiorerà le condizioni di vita e di lavoro del proletariato - in particolare per le donne -, imponendo l'uso della nuova tecnologia, lo smart working (ovvero il vecchio lavoro a domicilio), la didattica a distanza (che esclude 2milioni di studenti), la precarietà, il prolungamento dei rinnovi dei contratti, i ricatti continui ecc. Ciò comporta forme di limitazione delle libertà sociali e di controllo delle masse e, come in primavera, ci saranno ripercussioni su assemblee, presidi, scioperi, manifestazioni. La lotta contro l'emergenza sanitaria, quindi, è lotta contro il capitalismo.

Come risponde la classe lavoratrice alla situazione in cui ci troviamo? Ci sono lotte quotidiane, anche piccole forme di resistenza, alcune volutamente isolate perché condizionate dai sindacati confederali che non cercano la solidarietà di classe, anzi in quanto sostenitori del Governo agiscono per gestire la crisi. D'altro lato le divisioni tra i sindacati di base non danno strumenti adeguati alla gravità dell'attuale situazione, anzi proclamano scioperi generali per la visibilità della propria sigla che disorientano e scoraggiano i lavoratori.

Per combattere il nemico comune che non cambia e di cui bisogna prendere coscienza: capitalismo, Stato, governi borghesi c'è bisogno di unità, solidarietà di classe e dell'unificazione delle lotte con licenziati, precari, disoccupati, sfrattati, lavoratori stranieri e con chi è colpito dalla repressione.

In questo periodo, a livello nazionale, ci sono alcune proposte. Una, espressa nell'assemblea dei "lavoratori combattivi" del 27 settembre a Bologna, organizzata da Sicobas che, mentre ha avuto il pregio di fare intervenire tutti come lavoratori combattivi lasciando fuori dalla porta la propria appartenenza a gruppi e partiti, non ha sciolto l'ambiguità rispetto al cosiddetto Patto d'azione che invece vuole operare come un intergruppi politico di diversi orientamenti. Un fronte di forze con mire egemoniche e concorrenti tra di loro, unite più per il proprio interesse di singolo gruppo che di quello della classe operaia che esprime l'esigenza di unità nella lotta e per generalizzare il conflitto. Al di là delle dichiarazioni dei promotori, in questo tipo di fronte o patto d'azione se non vengono sciolte le ambiguità rischiano di ripercorrere strade già percorse destinate al fallimento.

L'altra è quella confermata nell'assemblea del CLA a Genova il 18 ottobre. Anche qui si sono confrontati lavoratori di vari sindacati e categorie e le loro esperienze. Il CLA non è un nuovo sindacato, ma è nato con l’obiettivo di unire tutti i lavoratori e lavoratrici sui comuni interessi di classe, indipendentemente dalle sigle sindacali, con una coraggiosa parola d'ordine: “unità della classe nella lotta”. Una parola d’ordine che richiede coraggio e assunzioni di responsabilità con l'obiettivo di fare in modo che le forze più combattive anche se ancora piccole, contribuiscano - attraverso un’azione unitaria e organizzata - a valorizzare la necessità di indipendenza e autonomia rifiutando la delega e a rafforzare il movimento operaio, sviluppando le posizioni più conseguenti e classiste per abbattere le barriere alzate da borghesia, revisionisti e riformisti che impediscono ai lavoratori di affermare il proprio protagonismo organizzato.

Due esperienze organizzative che pongono al centro la difesa della salute, della sicurezza sui luoghi di lavoro e contro i decreti Salvini. Unite dalla solidarietà espressa anche nella manifestazione di Modena del 3 ottobre. Una mobilitazione (che poteva essere più incisiva) in risposta alle centinaia di denunce e multe, alle aggressioni poliziesche, dei crumiri, dei fascisti contro i lavoratori che si ribellano allo sfruttamento imposto dal padronato.

Di fronte alla crescente crisi economica e all'emergenza sanitaria causata da anni di continui tagli la borghesia aumenta la sua aggressività, il governo agisce con tutti i mezzi per convincere che la ripresa è possibile. Basta sottomettersi alle sue regole. Spende miliardi nel settore militare ma non risolve il problema Ilva né Lucchini, né quello del gravissimo aumento della disoccupazione. Invece è proprio di fronte all'aggravarsi della situazione che diventa sempre più pressante la lotta contro il capitale che è anche lotta contro l'emergenza sanitaria e contro i disastri ambientali. Per il proletariato e i lavoratori il nemico non cambia ed è in casa nostra. E per combatterlo è fondamentale respingere le divisioni volute da tutti gli opportunisti dei vari partiti e sindacati che impediscono la crescita della coscienza di classe e spezzano le mobilitazioni.

 

Editoriale della rivista “nuova unità” novembre 2020, n.6

 

 

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