Anniversari

Engels nel suo bicentenario

di Atilio Boron (*); da: lahaine.org; 3.12.2020 (estratto)

 

Il 28 novembre si sono compiuti 200 anni dalla nascita, a Barmen-Elberfeld (Prussia) di Friedrich Engels, il grande amico e permanente collaboratore di Karl Marx. E’ l’occasione per rivedere la biografia di questo giovane, figlio di una ricca famiglia della borghesia tedesca, proprietaria di una importante filanda a Manchester.

 

Brillantissimo e aperto, come pochi, ai segni del suo tempo, il suo spirito inquieto e ribelle lo spinse ad ignorare l’università, nonostante la sua condizione economica gli avrebbe aperto le porte di qualsiasi istituzione scolastica superiore della Germania. Ma lo scolasticismo, la vacuità e il fanatismo degli accademici tedeschi – oltre alla rigida gerarchia delle università – erano insopportabili per uno spirito così inquieto e incisivo come quello del giovane Friedrich. Rassegnata, la sua famiglia lo mandò a Manchester, ad apprendere l’amministrazione della fabbrica una volta finito il servizio militare di un anno nell’ottobre  1842.

 

Quel disprezzo per l’università e il “castigo” familiare nel mandarlo in Inghilterra gli permise di prendersi una vendetta anticipata grazie ad una notevole prova intellettuale: tra i 22 e i 24 anni portò a termine una minuziosa ricerca sociologica sulla classe operaia a Manchester, cuore del capitalismo industriale, che sarebbe stata pubblicata a Lipsia nel 1845 quando il suo autore non aveva ancora compiuto i 25 anni. Si tratta, naturalmente, del suo celebre libro “La condizione della classe operaia in Inghilterra”, un riferimento obbligato ancor oggi in qualsiasi corso di studi sulla storia dell’industrializzazione britannica.

 

Questo giovane della borghesia tedesca si sarebbe trasformato in un grande intellettuale, nel senso più ampio della parola, eclissato in parte dall’enorme ombra che proiettava il genio di Karl Marx. Questi, per nulla propenso all’adulazione e al facile elogio, fece giustizia quando definì il suo amico in due frasi. Una, Friedrich, “l’uomo più colto d’Europa”. L’altra: “Un vero dizionario universale, capace di lavorare a qualsiasi ora del giorno o della notte, che avesse mangiato o no, veloce nello scrivere e nel comprendere come il diavolo stesso.”.

Furono queste inusuali virtù a fare di Engels un interlocutore privilegiato – quasi esclusivo – di Marx per quarant’anni. Perciò egli fu testimone, consigliere, critico e, come si sa, silenzioso e invisibile co-autore di alcuni dei più importanti apporti teorici plasmati nella sua opera. Dal momento in cui si incontrarono per la prima volta nel 1843, Marx avvertì che questo giovane, minore di due anni, era un intellettuale di uno spessore fuori del comune, le cui parole mai ignorò e il cui consiglio cercò sempre, fino all’ultimo giorno della sua vita, spentasi nel 1883. Un talento a cui Marx affidò, in varie occasioni, la redazione di lavori che poi sarebbero stati pubblicati con la sua firma. Vari articoli pubblicati dal New York Daily Tribune – la cui scrittura avrebbe poi dato origine niente meno che a “Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte” – vennero scritti da Engels su richiesta di Marx.

Da parte sua, questi accettò di scrivere lunghe sezioni o frammenti di opere che più tardi sarebbero apparse con la firma di Engels, come il 10° capitolo della II parte del “Anti- Dühring. In quella dichiarata ammirazione di Marx per il suo amico, benefattore, compagno di militanza e interlocutore intellettuale gioca certo un ruolo decisivo il fatto che sia stato questo giovane borghese di Barmen-Elberfeld a invitare il fino ad allora solo filosofo di Treviri ad addentrarsi sulla via dell’economia politica inglese, una disciplina praticamente esoterica nella ritardata Germania della prima metà del secolo XIX e a cui Engels aveva un accesso favorito in parte dagli interessi commerciali che la sua famiglia aveva in Gran Bretagna.

 

Marx deve ad Engels niente meno che l’aver richiamato la sua attenzione sulle possibilità che possedeva l’economia politica classica per l’analisi del capitalismo e della società borghese, e per lo sviluppo del pensiero e della pratica del socialismo. Senza l’aiuto di Engels,  Marx sarebbe comunque arrivato a quelle fonti, ma grazie al suo amico lo fece prima e meglio.

 

Ci sarebbero un sacco di ragioni per celebrare il bicentenario della nascita di Engels. Nel mio libro “Diario di bordo di un navigante. Teoria politica e dialettica della storia latinoamericana” (appena pubblicato dalla CLACSO) c’è un lungo capitolo dedicato ad esplorare la ricchezza e l’attualità del pensiero engelsiano e il debito intellettuale e politico che abbiamo per un lavoro che, tra tante altre cose, rese possibile la straordinaria divulgazione e popolarizzazione internazionale del marxismo.

 

Di seguito, e come esempio, vi invito a leggere uno dei paragrafi finali del suo libro “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato” del 1884.

Notate la premonitrice attualità delle sue parole: primo, per l’importanza che attribuisce ai “debiti dello Stato”; secondo, sostituite “Borsa” con Wall Street; terzo: “società per azioni” con mega-corporations padronali e, quarto e finale, aggiungete a “il trasporto e la produzione” i rami più dinamici dell’economia attuale: quelli tecnologici (Apple, Google, Facebook, Amazon, Microsoft, ecc.) e otterrete in una concisa sintesi una precisa radiografia della natura dello Stato e del potere nei capitalismi contemporanei, delle loro insanabili contraddizioni e della loro radicale incompatibilità con un sistema democratico.

 

Leggiamo quanto scriveva in quel passaggio della sua opera per dimostrarlo:

La forma più elevata di Stato, la repubblica democratica – che nelle nostre condizioni sociali moderne sta diventando una necessità sempre più ineludibile, non riconosce ufficialmente differenze di prosperità. In essa la ricchezza esercita il suo potere indirettamente, ma proprio per questo in un modo più sicuro.

Da un lato, sotto la forma di corruzione diretta dei funzionari, del quale l’America è un modello classico e, dall’altro lato, sotto la forma di un’alleanza tra il governo e la Borsa. Questa alleanza si realizza con più facilità quanto più crescono i debiti dello Stato e quanto più le società per azioni vanno concentrando nelle loro mani non solo il trasporto ma anche la produzione, facendo della Borsa il suo centro”.

 

Le parole e gli elogi sono superflui. Grazie per tutto, grazie per essere esistito, eternamente giovane Friedrich. Hasta la victoria, siempre!

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

 

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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