Pagine di storia operaia. LA SVOLTA DELL’EUR E LA NASCITA DEL COORDINAMENTO OPERAIO DI SESTO SAN GIOVANNI

Pagine di storia operaia

LA SVOLTA DELL’EUR E LA NASCITA DEL COORDINAMENTO OPERAIO DI SESTO SAN GIOVANNI

Dal sindacato conflittuale al sindacato cogestore.

Nel 1977 il sindacato confederale (CGIL-CISL-UIL) attua la cosiddetta “svolta dell’EUR” basata sui sacrifici imposti ai proletari per fare uscire il paese dalla crisi. Luciano Lama, segretario generale della CGIL , per la prima volta dichiara pubblicamente: “è un diritto dei padroni che dimostrano di essere in crisi quello di liberarsi degli esuberi”. Questa dichiarazione creò grande malcontento tra i lavoratori.

Durante un provocatorio tentativo di comizio davanti all’Università di Roma, Luciano Lama e il servizio d’ordine del PCI vengono travolti da centinaia di studenti e lavoratori. Il segretario della CGIL viene costretto alla fuga mentre nella piazza si accende una vera e propria battaglia tra la polizia accorsa in massa a difenderlo e i dimostranti.

Questo episodio verrà subito usato dallo Stato e dal PCI per dare fiato alla campagna “contro il terrorismo” e in “difesa dello stato democratico nato dalla Resistenza”. Il parlamento “democratico” approva a tempo di record le nuove misure di polizia ed il sindacato si assume il compito di essere il principale sostenitore fra i lavoratori degli interessi “dell’economia nazionale” a cui subordina le richieste operaie rendendole “compatibili”.

La riduzione del costo del lavoro, tema ricorrente negli anni successivi, diventa il punto centrale del documento economico del direttivo CGIL-CISL-UIL del gennaio 1978. La prima applicazione si traduce, come riporta il documento, nel “responsabile contenimento delle rivendicazioni accompagnato allo scaglionamento degli oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, che riducano le ripercussioni della crescita delle retribuzioni dirette sul costo complessivo del lavoro”. Inoltre, usando i disoccupati come arma di ricatto contro gli occupati, CGIL-CISL-UIL chiedono sacrifici ai lavoratori, costringendoli a lavorare di più e a costi più bassi, con l’unico risultato di abbassare i salari. Si entra così in una spirale infernale, perché i bassi salari costringono al doppio lavoro e questo contribuisce ad espellere dai luoghi di lavoro gli operai e gli impiegati resi “esuberi”. Il risultato è che la politica dei sacrifici aumenta la disoccupazione.

Questo piano delle confederazioni contiene altre dichiarazioni impensabili solo pochi anni prima, come la mobilità del lavoro che produrrà nuovi licenziamenti.

Continua il documento sindacale:

“la mobilità nel quadro di un coerente programma di sviluppo è una necessità, sia all’interno delle imprese, sia fra le imprese, anche fra diversi settori di attività economica; inoltre i processi di mobilità vanno ricondotti nel quadro di un governo pubblico unitario del collocamento, della mobilità, della formazione professionale e del lavoro da realizzare con un impegno diretto delle Regioni”. Sacrifici a sostegno dell’economia nazionale sono dunque le proposte politiche che CGIL-CISLUIL fanno ai lavoratori.

Tradotte in altre parole queste proposte significheranno:

- AUMENTO DEI PROFITTI PER I CAPITALISTI

- ABOLIZIONE DELLE FESTIVITA’, AUMENTO DEGLI INFORTUNI E DELLA NOCIVITA’ PER I LAVORATORI

 

Ma nelle fabbriche i lavoratori iniziano ad esprimersi anche con forme di lotta e di organizzazione indipendenti dal PCI e dal sindacato.

Una delle prime fu quella degli operai della squadra dei magli del reparto Forgia della Breda Fucine contro la nocività che, ponendo il problema della salute nei luoghi di lavoro, respingendo i ricatti e le minacce sia dei padroni che del sindacato, si rifiutarono di lavorare su un impianto pericoloso fino a quando non fu riparato.

In quegli anni il Servizio di Medicina Preventiva per gli Ambienti di Lavoro (SMAL) di Sesto San Giovanni fece una serie di rilievi nei reparti della Breda. Nelle sue relazioni (dal 1974 al 1988) denunciava l’uso massiccio, nei reparti Aste leggere, Forgia, Trattamento Termico, Montaggio, di amianto, cromo, nickel, cobalto ed altri agenti altamente cancerogeni e inquinanti. Questi rapporti, indirizzati al Consiglio di fabbrica della Breda Fucine, alla Direzione Aziendale, all’Assessorato alla Sanità della regione Lombardia e del Comune di Sesto S.Giovanni, all’Ispettorato del Lavoro, a CGIL-CISL-UIL, alla F.L.M. (Federazione Lavoratori Metalmeccanici), furono da tutti completamente ignorati in nome della produttività e competitività.

Circa 20 anni dopo, nel 1996, davanti alle continue morti per tumori di decine di operai che avevano lavorato in questi reparti, i lavoratori della ex Breda Fucine - che privatizzata, smembrata in tre società, di lì a poco avrebbe chiuso - e i loro familiari hanno costituito il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio.

Purtroppo il numero dei malati e dei morti è destinato a salire ancora: fino ad oggi ne contiamo oltre 70. E’ questo il pesante prezzo pagato dai lavoratori della Breda Fucine sull’altare del profitto. Ma il presente è frutto del passato…….

Con la svolta dell’EUR i sindacati ed il P.C.I. si assunsero in prima persona il compito di contenere i salari, sostenendo fra i lavoratori la tesi “...che l’aumento dei salari avrebbe fatto salire l’inflazione”. Il Gruppo Operaio cercò di combattere questa tesi, ma presto si rese conto che non bastava denunciare gli accordi e le piattaforme sindacali rivendicando più soldi. Nelle assemblee di fabbrica PCI e sindacato erano maestri nell’argomentare teoricamente e politicamente la necessità dei sacrifici, ed era proprio a partire dalle compatibilità con il sistema capitalista e dalle esigenze aziendali, che essi stabilivano gli incrementi salariali e normativi.

La lotta imponeva ai militanti del Gruppo Operaio un salto nella comprensione teorico-politica e cominciammo a darci gli strumenti adeguati. Dopo una ricerca, facemmo una selezione dei materiali che ci potevano servire nella battaglia politica. I primi due libri nei quali trovammo aiuto e risposte furono “Lavoro salariato e capitale” e “Salario prezzo e profitto” entrambi di Karl Marx. Questi libri, scritti oltre centocinquant’anni fa, ci fornirono elementi utili per smontare la tesi che sostenevano PCI e sindacati sul rapporto salari-inflazione, permettendoci di dare una spiegazione teorica alle nostre argomentazioni politiche-sindacali e ai nostri obiettivi.

Queste letture, insieme a “Stato e rivoluzione” e a “L’imperialismo fase suprema del capitalismo” di Lenin, sono state per noi una bussola e una guida per l’azione quotidiana in fabbrica. La necessità di contrastare le teorie sostenute dal PCI sulla “classe operaia che si era fatta stato” nell’ambito del sistema capitalista, o di alcuni settori dell’Autonomia Operaia che affermavano che gli operai erano ormai integrati nel sistema capitalista, portò successivamente i compagni più attivi del gruppo operaio alla necessità dello studio del Capitale di Karl Marx. Per oltre un anno, prima un giorno alla settimana e poi ogni 15 giorni, a turno uno di noi preparava e relazionava un capitolo agli altri membri del gruppo; l’astrazione teorica con forti riferimenti alla realtà nella quale eravamo inseriti generava dibattiti accesissimi.

La conoscenza di questi testi, fra cui il “Manifesto del Partito Comunista” di Marx, ci permisero di intraprendere e/o organizzare azioni di lotta facendoci assumere posizioni indipendenti ed in contrasto con il PCI.

 

Volantino 1

 

SULLA PERICOLOSITA’ DEL LAVORO IN FABBRICA

Le condizioni antinfortunistiche in forgia sono inesistenti. Da tempo succedono fatti gravi. Oltre ai rumori, al fumo e al calore che minano la salute, lavorando sugli impianti vecchi e logori gli incidenti sono all’ordine del giorno. Gru che perdono pezzi, magli che perdono i bulloni, con grave rischio per gli operai.

L’ultimo incidente verificatosi al maglio 35000 alla presenza dello SMAL (è partito come un proiettile un blocchetto di ferro) solo per puro caso non ha ammazzato qualche operaio.

La direzione rispondendo alla lettera inviata dallo SMAL all’ispettorato del lavoro dove si denunciavano le condizioni di lavoro e l’incidente successo, ancora una volta ha scaricato la colpa sugli operai.

Alla squadra che voleva far rilevare la pericolosità di certe lavorazioni e l’inesistenza delle protezioni antinfortunistiche è stato risposto che non va interpellata la squadra ma solo il capomaglio per un consulto tecnico, allontanando in malo modo gli operai.

Operai della Breda Fucine,

in nome dell’aumento della produttività e del profitto i padroni e i loro tirapiedi ci costringono a lavorare in condizioni pericolose.

L’aumento dello sfruttamento è la causa principale dell’aumento degli infortuni.

RIBADIAMO LA DIFESA DEI NOSTRI INTERESSI, RIFIUTANDOCI DI LAVORARE FINO A QUANDO NON SARANNO GARANTITE LE MISURE ANTINFORTUNISTICHE.

Un gruppo di operai della Breda Fucine

Gennaio 1978

Nota: SMAL – Servizio di Medicina preventiva per gli Ambienti di Lavoro

 

 

Volantino 2

 

CINQUE OPERAI IERI SONO MORTI IN UNA FABBRICA DEL VENETO

Uno di essi è caduto in una fossa di liquami. Gli altri quattro sono morti nel tentativo di salvarlo. Il liquame era diventato un tossico mortale perchè da tempo non veniva sostituito.

Nessun controllo era stato eseguito prima di avviare il lavoro di scarico.

La vita degli operai non costa niente ai padroni, ci sono tanti disoccupati da mandare al macello che non vale la pena di sprecare qualche spicciolo in opere di prevenzione.

Gli investimenti devono essere produttivi, ciò che non rende profitto è capitale morto, muoia dunque l’operaio purché si valorizzi il capitale!

Per quattro operai che non hanno esitato a dare la loro vita nel disperato tentativo di salvare un compagno i valori morali sono completamente rovesciati. Quando non si ha proprietà da difendere, quando si è costretti a vendere quotidianamente le proprie braccia per vivere, quando la solidarietà con i propri compagni diventa l’unica possibilità, di difendersi dallo sfruttamento, ci si può anche gettare in una fossa di veleni per allungare un braccio al proprio compagno di sventura. Ma sono valori di una classe particolare che dev’essere tenuta sottomessa ai gradini più bassi della società. Quando se ne parla è solo per insultarli.

Gli operai sono assenteisti, non producono abbastanza, non sono abbastanza solidali con i padroni e l’economia è in crisi.

Per i cinque operai, per le loro famiglie dunque neppure un minuto di sciopero, non un comunicato di condanna o di solidarietà.

Evidentemente anche per i “rappresentanti dei lavoratori” l’umanità si distingue per il valore della pelle, ci sono quelle pregiate e quelle che non valgono neppure un minuto di protesta.

D’altra parte sono 5.000 gli operai che ogni anno vengono assassinati sul posto di lavoro.

Tre ore di sciopero per ciascuno significherebbe far perdere ai padroni 15.000 ore di profitti.

Dove andrebbe a finire la solidarietà nazionale per salvare i padroni dalla crisi?

OPERAI, CINQUE COMPAGNI SONO MORTI E NON NE CONOSCIAMO NEPPURE IL NOME, NON POSSIAMO ONORARNE LA MEMORIA NÈ AIUTARNE LE FAMIGLIE. ECCOCOSA CONTIAMO NELLA DEMOCRAZIA DEI BORGHESI.

Gli operai dei Magli e Trafila della Breda Fucine

 

 

Volantino 3

 

ANCORA SULLE FESTIVITA’

Compagni,

OGGI UN’ALTRA FESTIVITA’ VIENE SACRIFICATA IN NOME DELLA RIPRESA DEI PROFITTI.

Intanto, mentre sono in corso le trattative tra Confindustria e sindacati per l’accordo definitivo sulla questione, sta per essere varato il nuovo governo di solidarietà nazionale.

Come sugli altri punti politici le diverse fazioni borghesi giocano al rialzo per racimolare qualche ministero nel prossimo rimpasto di governo, e usano le rispettive correnti sindacali come base di manovra:

. Il PCI (CGIL) per piazzarsi nel governo, ma con calma, senza bruciature

. Il PSI e i partiti minori (UIL) con foga, per non essere tagliati fuori

. I gruppi semirivoluzionari per inserirsi nelle famose “contraddizioni interborghesi” che reggono lo strascico ai più sinistri.

Così si minacciano scioperi generali, marce a Roma con seguito di operai ecc...

Lo stesso PRI di La Malfa invoca a gran voce il PCI al governo, perché sarà difficile far digerire le nuove misure antioperaie senza la sua copertura. Non ci illudiamo su questi rigurgiti di “sinistra”.

L’accordo politico sarà raggiunto anche se ciò provocherà il malumore dei più “emarginati”.

C’è da ristabilire la competitività dell’imperialismo italiano, bisogna intensificare lo sfruttamento degli operai, occorre un quadro politico più compatto.

SICCOME SI STA CONTRATTANDO IL PREZZO DELLA NOSTRA PELLE, SARA’ BENE PRECISARE ALCUNI PUNTI.

1. Noi non crediamo nei santi, ma le festività sono turni di riposo necessari e ormai acquisiti dal movimento operaio. Non vogliamo monetizzare il riposo. Tanto più che il salario non è che il prezzo della nostra forza-lavoro, ovvero il nostro “costo di produzione” per vivere e riprodurci come specie di operai. Sul breve periodo i pochi soldi che ci troviamo in più nella busta paga verranno smangiati dall’aumento dei prezzi e ci ritroveremo come prima, ma con 5 giorni di riposo in meno. Non è riducendo il riposo che si adeguano i salari al costo della vita, ma lottando per gli aumenti.

2. I sacrifici imposti dal padronato e accettati dal sindacato dovevano servire a incrementare l’occupazione. In realtà è aumentata la disoccupazione! Le stesse fabbriche in cassa integrazione hanno abolito le festività. Se servono più ore di lavoro perché non si assumono gli operai necessari?

Evidentemente la disoccupazione serve ai capitalisti per ricattare gli operai e imporgli condizioni capestro. Chi lavora ha il privilegio di essere sfruttato, chi non lavora di fare la fame.

3. L’abolizione della festività è una richiesta contrattabile o è una imposizione? Se si tratta di richiesta contrattabile come affermano i sindacalisti:

a) deve essere facoltativo e ogni operaio deve essere libero di lavorare o no; se non si lavora deve essere corrisposta la festività normale.

b) nel caso venga lavorata deve essere pagata come “festività”; inoltre le festività lavorate devono essere accantonate come ferie.

Se non si accettano questi punti non si tratta di richiesta contrattabile, ma di imposizione coercitiva all’allungamento di orario, di cui il sindacato deve considerarsi responsabile.

 

Un gruppo di operai della Breda Fucine

 

4 gennaio 1978

 

Dal libro - 1970-1983 - La lotta di classe nelle grandi fabbriche di Sesto San Giovanni

 

http://www.resistenze.org/sito/ma/di/sc/madsmisg.htm

 

 

News