CRISI SANITARIA E CRISI ECONOMICA

CRISI SANITARIA E CRISI ECONOMICA

I limiti alle libertà individuali e collettive imposti alla società e alle rivendicazioni operaie che governo e sindacati impongono in nome della crisi possono essere infranti. Quando gli accordi sanciscono l’immiserimento degli operai in nome della “difesa della salute” - da loro completamente ignorata nelle fabbriche, vedi il numero crescente di morti sul lavoro - e della possibilità della ripresa dei profitti, vanno respinti.
Le lotte dei lavoratori della logistica organizzati nel Sicobas, ma anche in altri sindacati di base, insegnano che i loro interessi non si stabiliscono sulla base della “compatibilità”, ma sulla base delle loro reali condizioni di lavoro e di vita. Su queste basi la lotta può essere diretta dagli operai anche senza e contro i sindacati filo-padronali e conquistare risultati impensabili, come dimostra la lotta della Fedex a Piacenza .
Dopo mesi di lotta, i lavoratori che hanno resistito e lottato hanno riavuto il loro posto di lavoro in FedEx alle stesse condizioni!

Le lotte operaie smascherano la democrazia borghese e mostrano la dittatura del capitale sul lavoro salariato e sulle classi sottomesse.
Oggi padroni, governi e sindacati  venduti , in nome della “guerra contro il virus”, tramite una legge di stato, ordinano la vaccinazione obbligatoria per gli over 50 pena la perdita del lavoro, il  divieto di mobilità senza Super Green pass: l’apartheid. E ancora denunce, multe e ricatti vengono usati per costringere i lavoratori a lavorare secondo i piani del capitale, mentre le forze “dell’ordine” presidiano militarmente il territorio.

Intanto i prezzi di tutti i generi alimentari, del gas e energia hanno raggiunto aumenti che riducono di molto il salario operaio.

Se nei periodi di espansione economica i capitalisti potevano anche permettere che le lotte salariali e normative riportassero il salario al livello del valore della forza lavoro e vantare la loro democrazia, oggi nella crisi pandemica e economica ogni lotta diventa un intoppo per la ripresa dei profitti e scatena reazioni violente.

Il metodo di imporre la ripresa del lavoro tramite polizia, carabinieri e  magistratura è la strada scelta dalla borghesia in uno stadio in cui il sindacato confederale è completamente asservito ai padroni e non riesce più a reprimere e controllare le lotte.
Dietro la facciata democratica si mostra la dittatura borghese.

Nella democratica Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, nella patria della democrazia borghese, la macchina repressiva dello stato scende in campo (in tutti i paesi ) per garantire nuovi livelli di sfruttamento.
Dal terzo mondo alle metropoli imperialiste, il moderno proletariato industriale, la classe più conseguente nella lotta contro i governi e il capitale  deve subire in nome della difesa dal “virus” continui attacchi alle condizioni di vita e di lavoro .

Anche nelle pandemie non possiamo dimenticare che i popoli del mondo si scindono in borghesi e proletari, e l’estorsione di plusvalore dagli operai non può essere interrotta.

In una società fondata sul profitto le fabbriche devono produrre e gli operai devono essere sfruttati: gli operai sono gli emarginati storici dell’epoca imperialista.
Gli operai conquistano alleati ponendo i propri interessi di classe e dimostrandosi i più coerenti nemici del capitale.

Oggi chi si ribella alle regole imposte da governi e CONFINDUSTRIA  viene  isolato, accusato di individualismo, corporativismo, di spirito antinazionale, perché bisogna pensare alla “collettività”.

Gli zelanti difensori del capitale, governi , sindacati e “scienziati “ al loro servizio che  ci propinano ogni giorno interessati sermoni sulla difesa della salute  umana, sono gli stessi che mandano al macello migliaia di lavoratori ogni anno .

L’ATTUALE CRISI ECONOMICA STA FORGIANDO ANCHE IN ITALIA I PROMOTORI DEL NUOVO OLOCAUSTO DEL CAPITALE. PERCHE’ I DEMOCRATICI NON ABBIANO DA INDIGNARSI FRA TRENT’ANNI, AGLI OPERAI, AI COMUNISTI, IL COMPITO DI COMBATTERLI SUBITO.

 

 

Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”


 

 

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