Necrocapitalismo

Necrocapitalismo

di Jonathan Martìnez (*); da: publico.es (estratto); 1.7.2022

 

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I morti di Melilla (enclave spagnola in Marocco dove, nel tentativo di entrarvi, sono morti più di 18 migranti e centinaia sono i feriti, n.d.t.) non meritano alcun cordoglio. Sono solo un numero. Un mucchio di corpi sepolti in una fossa comune a Nador.

Non sappiamo nulla di loro perché la loro storia la stanno raccontando i loro boia.

 

Saskia Sassen, che nel suo libro “Immigranti e cittadini” studia la storia delle correnti migratorie in Europa, dimostra che i salari miserabili non sono una ragione perché una persona abbandoni la sua società, percorra migliaia di chilometri  e si giochi la pelle entrando in un territorio dove i suoi diritti non sono garantiti. Coloro che emigrano di solito fuggono da difficoltà molto più gravi.

L’ACNUR stima che la guerra in Sudan del Sud abbia lasciato una scia di 4 milioni di sfollati. Più di 2 milioni di persone sono fuggite dal paese e alcune hanno lasciato le loro ossa a Melilla.

Chiunque voglia dare un volto agli istigatori delle milizie sud sudanesi troverà, in un rapporto dell’ONU, il nome di vari consorzi stranieri del petrolio.

 

Negli ultimi anni varie compagnie internazionali si sono gettate sul continente africano per accaparrarsi ingenti estensioni di terreni coltivabili in campagne di espropriazione massiccia e sgomberi delle comunità native. Coloro che si sono opposti alla spoliazione hanno dovuto affrontare arresti arbitrari e rappresaglie violente. In un recente studio intitolato “Seccare le terre africane”, l’Istituto Oakland denuncia che gli investitori privati dell’industria agroalimentare hanno devastato le forme tradizionali di sussistenza delle popolazioni locali e hanno sistematicamente violato i diritti umani.

I discendenti degli schiavi africani non se ne vanno dalle loro terre ma ne  vengono espulsi.

 

Nel corso della nostra storia, l’espansione delle relazioni capitalistiche ha lasciato dietro di sé una sinuosa traccia di sangue. Perché il capitalismo si estenda fino all’ultimo confine del pianeta, perché colonizzi fino all’ultimo dei corpi, esso ha bisogno di continuare l’espropriazione delle terre, di istigare le guerre per il controllo delle risorse e di sminuire i migranti, le donne e coloro che si allontanano dalla sessualità dominante.

 

L’abolizione del diritto all’aborto negli Stati Uniti, mascherata da un’ipocrita copertura morale, risponde allo stesso impulso totalitario. Silvia Federici (sociologa, filosofa e attivista italo-statunitense, n.d.t.)spiega che ogni processo di accumulazione capitalistica relega le donne alla condizione di macchine da riproduzione di nuovi operai.

 

Il capitalismo – dice Karl Marx – ci impone la necessità di vendere la nostra forza lavoro e fornisce alla classe dominante la continua possibilità di arricchirsi comprandola. Se il modo di produzione capitalistico continua, è perché esiste una immensa maggioranza della popolazione che è obbligata ad offrire il suo lavoro ad un padrone per sopravvivere.

 

A fronte dell’eccesso di mano d’opera l’economia capitalistica sminuisce le vite in eccesso, le disumanizza e abbassa il loro valore per ridurre i costi del loro sfruttamento. Una persona che entra a far parte della categoria di immigrato illegale lavorerà sempre sotto un regime di coercizione e dovrà accettare salari più bassi e condizioni più prossime alla servitù.  Così il capitalismo può sfruttare pienamente i flussi internazionali di mano d’opera e promuove scoppi di razzismo per mettere uno contro l’altro i lavoratori in base alla loro origine.

 

Ci sono molti modi di uccidere, scrive Bertolt Brecht. Possono cacciarti un coltello in pancia, negarti il pane, gettarti in guerra o condannarti a morire sul lavoro. Solo alcuni di questi modi sono illegali.

 

Questa è la moneta del nostro capitalismo necrofilo. Annichilire le vite eccedenti. Lasciare che muoiano nella terribile lista d’attesa di un ospedale strapieno o in un campo profughi. Obbligarli ad indebitarsi perché consegnino la loro anima ad un fondo “avvoltoio” in cambio di un tetto. Far loro pagare tributi feudali a corporazioni dell’energia che vivono nell’opulenza in piena crisi. Trasformare le frontiere in trituratori umani perché i lavoratori stranieri soccombano al terrore.

 

“Se c’è un responsabile, sono le mafie che trafficano in esseri umani” dice Pedro Sanchez (n.d.t.: capo del governo spagnolo, esponente del PSOE, il Partito Socialista Operaio Spagnolo)  riguardo alla mattanza di Melilla. “Bisogna essere chiari sull’immigrazione, dietro ci sono le mafie” aggiunge Margarita Robles (n.d.t. Ministra degli Esteri del governo spagnolo, anche lei del PSOE) con un argomento preso dalla estrema destra europea.

 

Allora, scusate il sospetto, ci facciamo una domanda ragionevole.

Se davvero lottiamo contro le mafie …. perché assassiniamo le loro vittime?

 

(*) Giornalista spagnolo

 

(traduzione di d.t.)

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