Italia: 'Ecco come costruivamo le armi di Gheddafi'
Luigi Consonni, ex operaio Breda Fucine, denuncia le implicazioni dell'industria italiana nei massacri libici
Cinque ex operai della Breda Fucine di Sesto San Giovanni hanno spedito una lettera ai giornali nella quale denunciano le "lacrime di coccodrillo versate da politici e industriali" corresponsabili della carneficina libica.
Anche la loro fabbrica, partecipata dallo Stato italiano, "ha fornito armi, bombe, cannoni e mitragliatrici per le navi e gli aerei (e le contraeree) che
oggi sparano sugli insorti". L'ha fatto almeno dagli anni Ottanta, ma forse anche da prima.
PeaceReporter ha contattato Luigi Consonni, primo firmatario di quella lettera.
Su quali basi ritenete che la Breda abbia fornito armi a Gheddafi?
Non abbiamo prove, ma riteniamo di aver prodotto armi per Gheddafi dalla metà degli anni Ottanta a quando la Breda Fucine è stata messa in liquidazione (1992, poi venduta alla Metalcam del gruppo Tassara nel 1996, ndr). Le prove mancano perché noi facevamo gli sgrossatori per Breda Meccanica Bresciana, per Agusta e soprattutto per Oto Melara.
Cosa significa "sgrossatori"?
Breda Fucine aveva una grossa forgia che da grandi pezzi d'acciaio estraeva cannoni. La trave andava nel forno, poi era tirata fuori incandescente e infine messa sotto una pressa da cui usciva a forma di cannone. Questo era poi mandato al trattamento termico per dargli le caratteristiche tecniche necessarie alla lavorazione. Infine in torneria, dove veniva fatta la sgrossatura dell'involucro esterno e il foro interno del cannone. A questo punto, dalla Breda Fucine passava alla Oto Melara che lo rifiniva. Per cui il pezzo definitivo era molto diverso da quello che lavoravamo noi, che comunque era indubbiamente un cannone.
Producevate altre armi?
Noi le chiamavamo "le cannette". Forgiavamo dei piccoli pezzi d'acciaio che diventavano dei tubi lunghi - un metro, un metro
e mezzo - e sottili. Erano le canne delle mitragliatrici antiaeree e sicuramente anche di quelle che venivano messe sugli aerei e sugli elicotteri dell'Agusta. La Breda Meccanica Bresciana
rifiniva questi pezzi e poi li passava all'Agusta.
Per avere le prove della vendita a Gheddafi bisognerebbe passare per Breda Bresciana, Oto Melara e Agusta.
Altri operai ci hanno raccontato che spesso si faceva una triangolazione con la Germania per evitare che emergesse il rapporto con Gheddafi, che in quel momento - siamo negli anni Ottanta - era
il "mostro" additato da Reagan. Si vendeva alla Germania - per cui noi producevamo anche i cannoni dei carri armati Leopard - che a sua volta vendeva a Gheddafi.
Nel 1991 c'è la prima guerra del Golfo, la prima a cui partecipa anche l'Italia, e lì comincia la vostra presa di coscienza.
Ci fu una sollevazione, soprattutto tra gli operai più giovani. Aderimmo alla manifestazione spontanea che ci fu a Milano,
eravamo almeno ventimila. Chiedemmo anche ai sindacati di fare una raccolta di firme per sensibilizzare sulla produzione di armi. Di fatto questo tema si innestò su una presa di coscienza
preesistente, visto che la Breda non andava bene da tempo e c'era già un comitato di lotta a cui aderivano molti operai e su cui convergevano lavoratori che venivano da altre fabbriche. Avevamo
anche un giornale di fabbrica.
Poi la Breda fu scorporata in tre pezzi.
Gabriele Battaglia
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