Vittorio Arrigoni: continueremo ad essere umani?
di Annalisa Melandri — da: www.annalisamelandri.it – 16.4.2011
Ciao Vik.
Soprattutto, esisteva la fede nella rivoluzione e nel futuro, un sentimento di essere entrati all’improvviso in un’era di eguaglianza e libertà.
Gli esseri umani cercavano di comportarsi come esseri umani e non come ingranaggi della macchina capitalista. (George Orwell, Omaggio alla Catalogna)
Lo hanno zittito per sempre. Vittorio Arrigoni, internazionalista italiano nell’inferno di Gaza, non continuerà ad essere il testimone scomodo del genocidio israeliano in terra palestinese.
Sequestrato questo giovedì da un gruppo integralista salaafita che aveva chiesto, in ambio della sua vita, la libertà di alcuni ostaggio detenuti nella Striscia dalle autorità di Hamas, lo hanno assassinato prima che fosse trascorso il termine di 30 ore che avevano fissato per la sua liberazione. La notizia del suo sequestro era circolata in un video in cui si vedeva Vittorio con gli occhi bendati, la mani legate e sangue sul viso. Un sequestratore gli tratteneva la testa per i capelli. Nel video, oltretutto, si accusava Vittorio di diffondere valori occidentali e il governo del premier Ismail Haniyeh (Hamás) di essere contrario alla Sharia (la legge religiosa musulmana) e di essere troppo moderato nelle sue posizioni su Israele.
Nella notte è arrivata la notizia del ritrovamento del corpo di Vittorio. I servizi di sicurezza di Hamàs hanno dichiarato di averlo trovato soffocato in una casa abbandonata che era stata indicata come il nascondiglio del gruppo. Probabilmente è stato torturato. A quanto sembra i sequestratori lo hanno assassinato prima del blitz che lo stava per liberare, e finora quattro persone sono state arrestate. Si parla di un gruppo salaafita fuori controllo.
Tuttavia ci sono molte domande e troppi dubbi e la situazione non sembra chiara. Prima di tutto, perché uccidere Vittorio? Un grande amico e partigiano del popolo palestinese, la cui morte certo non favorisce la causa contro i crimini di Israele a Gaza. Secondo, la galassia salaafita è eterogenea e varia e a volte alcuni gruppi stabiliscono alleanze che nascondono situazioni poco chiare e insospettabili. La sigla che ha diffuso il video è sconosciuta e altre realtà salaafite hanno negato il coinvolgimento nell’assassinio del giovane italiano.
I complottisti pensano che dietro l’assassinio ci sia la mano occulta del Mossad, anche se non in forma diretta, parchè Vittorio Arrigoni stava organizzando dall’Italia la seconda Flottiglia che avrebbe spezzato l’accerchiamento militare alla costa di Gaza e sarebbe tornato nel suo paese questa settimana stessa.
Vittorio era un attivista del ISM (International Solidarity Movement) la stessa ONG solidale con il popolo palestinese a cui apparteneva l’attivista statunitense Rachel Corrie schiacciata da un bulldozer delle Forze di Difesa di Israele a Rafah nel 2003 mentre cercava di impedire che questo demolisse alcune case palestinesi.
Arrigoni dal 2008 viveva stabilmente nella Striscia di Gaza, vicino ai contadini e ai pescatori, accompagnandoli nel loro lavoro e facendo per loro lo scudo umano contro le pallottole dei franchi tiratori israeliani di terra e di mare. Nel 2008 era stato sequestrato e incarcerato dall’esercito israeliano durante un attacco a pescatori nel mare di Gaza e espulso in Italia due volte. Gli avevano anche sparato. Era sempre riuscito a tornare a Gaza per mare.
Durante l’Operazione Piombo Fuso del 28 dicembre 2008, Vittorio fu l’unico italiano e uno dei pochi stranieri che avevano deciso di rimanere a Gaza City. Sotto i bombardamenti e gli attacchi dall’aria, da terra e dal mare morirono 1.500 persone delle quali circa mille erano civili e di questi quasi 500 erano bambini.
Vittorio non aveva paura di niente. Agiva con la forza che dà la lotta contro le ingiustizie e l’amore per un popolo che aveva scelto come suo. Per questo lui (e gli altri militanti dell’ ISM) avevano deciso di farsi un’altra volta scudi umani, quella volta nelle ambulanze della Mezzaluna Rossa Palestinese, portando i feriti all’ospedale, sgombrando le case prima e dopo un bombardamento, curando i bambini rimasti orfani. Vittorio si fermava solo per pochi momenti, per dettare gli articoli per il quotidiano italiano Il Manifesto e per raccontare al mondo cosa stava succedendo con la complicità delle potenze occidentali. La pagina web di Vittorio durante l’operazione Piombo Fuso era diventata l’unica fonte di informazioni dall’inferno. Da allora erano aumentati i suoi lettori, che erano anche i suoi amici, parchè Vittorio trovava il tempo di scrivere a tutti, di rispondere a lettere, messaggi, commenti. Aveva un’energia inesauribile. I suoi reportage erano stati raccolti in un libro in italiano, spagnolo e inglese intitolato Gaza: continuiamo ad essere umani. Il titolo del libro in italiano, Restiamo umani, era la frase con cui chiudeva sempre i suoi reportage o i sui messaggi ed era l’invito che faceva a tutti noi - e credo anche a se stesso - di non perdere, nonostante non fosse facile, l’umanità e la tenerezza solidale verso l’uomo, di fronte ad una guerra e ad un’occupazione disumana.
Naturalmente Vittorio aveva anche tanti nemici. Il governo e l’esercito israeliani prima di tutto. Nel 2009 una pagina canadese, Stop The ISM, del sionista di ultra-destra Lee Kaplan faceva un appello alle forze armate di Tsahal a ucciderlo, mettendo nella pagina web la fotografia de Vittorio y di altri attivisti dell’ISM, i loro nomi e cognomi e le loro foto.
In quei giorni - era il 17 gennaio 2009, in piana Operazione Piombo Fuso - riuscimmo, noi suoi lettori e amici, a far sì che venisse chiusa la pagina canadese di Stop the ISM e anche una pagina italiana di estrema destra dove erano stati tradotti alcuni articoli di Kaplan. Mi scrisse una lettera ringraziandomi del risultato e mandandomi un abbraccio “dal tuo target numero uno”. Anche nella tragedia gli piaceva scherzare. Una risata contro l’odio. Questa era la sua arma, che però non l’ha salvato.
La pagina de Kaplan sta funzionando un’altra volta e solo appena pochi minuti dopo la notizia del sequestro di Vittorio la sua fotografia è stata tolta.
Giorni fa Vittorio aveva inviato come sempre una lettera informando dei nuovi bombardamenti a Gaza. Scriveva dalla finestra di casa sua, affacciata sul porto di Gaza City.
Io non ho mai visto la sua casa, né il porto di Gaza, né un bombardamento. Mi immaginavo tutto attraverso i suoi occhi. Attraverso i suoi occhi sentivo la disperazione di un popolo, le raffiche di spari, le esplosioni, l’odore d’aglio del fosforo bianco, le grida, persino l’amaro sapore del sangue.
Se io muoio non piangete per me, fate quello che facevo e continuerò a vivere (Che Guevara).
Ma sentivo anche le risate e le voci dei bambini che l’attorniavano sempre. Sembrava un gigante di fronte a loro, piccoli, magri, sempre sorridenti di fianco a lui. Per questo lo ammiravo, per l’amore incondizionato per i bambini e per un popolo che aveva deciso di amare come se fosse parte di lui.
Lo ammiravo anche parchè era uno degli ultimi internazionalisti. Lui credeva nell’internazionalismo, al modo delle brigate della guerra civile di Spagna che tanto lo appassionavano. Il suo riferimento era George Orwell e Omaggio alla Catalogna, racconta il giornalista, suo amico e compagno sulle ambulanze di Gaza sotto il Piombo Fuso, Alberto Arce, nel commovente ricordo che fa dalle colonne del quotidiano spagnolo El País. Lo chiamavano pacifista e cooperante ma, come scrive Alberto Arce, a Vittorio non piaceva la parola cooperante; “un combattente per la pace” lo definisce nel suo articolo e racconta che Vittorio “aveva tatuata la parola mukawarma – resistenza– in arabo sull’avambraccio destro”.
Vittorio Arrigoni incarnava tutti i valori dell’internazionalismo: l’abnegazione, il sacrificio, il disprezzo della paura che non è qualcosa di negativo dato che si chiama coraggio, e la coscienza che il lavoro di informazione era una parte molto importante della solidarietà con il popolo palestinese. Era completo, Vittorio. Non bisognava aggiungergli niente. Persino la sua decisione di rimanere umano di fronte alla barbarie stupiva.
Risposi di corsa alla lettera che Vittorio aveva inviato ai suoi contatti dalla finestra di casa sua a Gaza City. “Stai attento”, gli dissi. Era l’8 di aprile e lui mi rispose subito, facendo eco alla frase di J.J. Rousseau che chiude i miei messaggi (l’uomo è nato libero e tuttavia vive dappertutto in catene): “Grazie. Se ho deciso di restare qui è perché viviamo in catene ma moriamo liberi”. Una settimana dopo hanno ucciso il combattente della pace.
Vittorio ha vissuto ed è morto libero. Libero di seguire il suo cuore e lottare contro l’oppressione e il genocidio che Israele impone al popolo palestinese.
Sono quelli che lo hanno ucciso che sono in catene, prigionieri del loro stesso odio e fondamentalismo.
Tuttavia bisogna aggiungere che, anche pensando che la responsabilità sia interamente del gruppo salaafita, non si può non vedere la grave e criminale responsabilità storica di Israele che, con la sua politica genocida ha trasformato Gaza in una gabbia di cui gli integralisti musulmani si stanno appropriando.
Continueremo ad essere umani, Vik. Ma oggi no. Oggi la rabbia è troppo grande.
(traduzione del testo originale in spagnolo da Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88 – Sesto S.Giovanni
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