di Giuseppe Pelazza (avvocato)
Più killer che combattenti: la crisi dell'occidente vista attraverso le forme della guerra
ANSA 6 maggio 2011 ore 11,24: “Tel Aviv, 6 mag. Sull’esempio dell’uccisione di Osama Bin Laden, e
confortato dalle reazioni favorevoli della comunità internazione, Israele potrebbe colpire il leader degli Hezbollah Hassan Nasrallah. Lo dice l’ex capo dell’intelligence militare Aharon
Zeevi-Farkash. «Non siamo una superpotenza e non tutto quello che è lecito per gli USA viene consentito anche a noi – spiega -. Tuttavia c’è un cambiamento graduale nelle regole della guerra al
terrorismo, e si è aperta più libertà di manovra»”.
Dunque, perfino Israele, che già si è sempre distinta nella pratica dell’uccisione di leaders palestinesi, nota che c’è un ulteriore “passo in avanti” nella lotta
al terrorismo, che “si è aperta più libertà di manovra”.
Ed è vero, è terribilmente vero.
Negli ultimi giorni l’aviazione della Nato (o dei “volenterosi”…) ha ripetutamente
cercato di uccidere Gheddafi, riuscendo tuttavia “soltanto” ad uccidere il suo figlio più giovane e tre piccolissimi nipotini; così, comunque, suscitando il giubilo dei
cosiddetti ribelli di Bengasi, armati e sostenuti dalle nazioni occidentali, Italia compresa.
Giubilo “imperiale”, si è poi oscenamente manifestato negli Stati Uniti in seguito
alla affermata uccisione di Osama Bin Laden. E “giustizia è stata fatta”, ha proclamato il democratico presidente Obama.
Ma tale pratica è sempre stata occultata, mai rivendicata apertamente o affermata, nei fatti (nonostante le smentite formali), con spudorata chiarezza come è nel caso degli obiettivi militari che la Nato sostiene di voler colpire, quando invece colpisce abitazioni abitate da bambini, perché lì le democratiche armate occidentali ipotizzano si trovi Muammar Gheddafi. Ci tocca, così, di assistere al passaggio dalla rivendicazione – avvenuta negli scorsi anni – dell’utilità della tortura alla esaltazione, come massima forma di giustizia, delle esecuzioni sommarie.
Se oggi, cioè, il potere del sovrano va oltre l’uso della forma legale del dominio, e
dimentica l’importanza, per la conservazione di se stesso, del mito della legalità, lancia un segnale di debolezza, svelando, nella sua decadenza, la sua costitutiva
barbarie. E dubbi più non potranno essere posti, più non si potrà confondere, caduto ogni mascheramento, chi lotta per la propria libertà, contro il dominio dei pochi, e chi ferocemente difende il proprio dominio e il proprio disumano privilegio.
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