Le prigioni israeliane o l’inferno in terra
di Ralph Schoenman (*), da: lahaine.org, 14.6.2011
Le carceri israeliane sono essenzialmente carceri politiche. I reclusi sono soprattutto palestinesi sospetti, accusati e, a volte – sulla base di confessioni sotto coercizione – “condannati” per aver realizzato, incitato o progettato atti di resistenza, pacifici o armati. Nonostante non ci siano statistiche sulla popolazione penale, il numero dei prigionieri che scontano lunghe condanne in carceri di massima sicurezza sfiora con ogni probabilità i 3.000; ci sono 30 donne palestinesi incarcerate a Neve Tertza, senza contare quelle portate dal Libano. Gli avvocati stimano che ogni anno vengano imprigionati nelle carceri israeliane 20.000 palestinesi, tra i quali più di 640 bambini.
All’interno delle frontiere del 1967 ci sono dieci carceri: Kfar Yonah, Prigione centrale di Ramle, Shattah, Damun, Mahaneh Ma’siyahu, Beersheba, Tel Mond (per giovani), Nafha, Ashquelon e Neve Tertza.
Nei territori occupati dal 1967 ci sono 9 carceri: Gaza, Nablus, Ramallah, Belen, Fara’a, Jerico, Tulkarem, Hebron e Gerusalemme.
Ci sono centri regionali di detenzione a Yagur (Jalameh) e Atlit, vicino ad Haifa, Abu Kabir a Tel Aviv e il Moscobiya (Complesso Russo) a Gerusalemme. A questi vanno aggiunti le caserme generali della polizia ad Haifa, Accra, Gerusalemme e Tel Aviv, i 18 distretti di polizia in tutto lo stato e i 40 posti di polizia nei territori occupati, tutti utilizzati per interrogare e torturare i detenuti.
Anche le installazioni militari di tutto il paese servono da centri di interrogatorio e tortura. I prigionieri concordano sul fatto che il più selvaggio di questi è quello di Armon ha-Avadon, conosciuto come il “Palazzo dell’Inferno” e “Palazzo della Fine”. Si trova a Mahaneh Tzerffin, vicino a Sarafand.
Infine, per custodire la grande quantità di prigionieri portati dal Libano durante l’invasione del 1982 e i giovani catturati nelle retate contro la mobilitazione di questi mesi, sono stati attrezzati accampamenti di detenzione che non hano altro riparo che tende. Sono diventati famosi per l’inumanità delle condizioni e per la tortura sistematica i centri di detenzione di Meggido, Ansar II (a Gaza) e Dhahriyeh.
Trattamento discriminatorio
Le differenze tra le carceri per palestinesi nei territori occupati dal ’67 e nell’Israele di prima del ’67, cioè da entrambi i lati della “zona verde” non sono molto grandi. La prigione di Ashquelon, quella di Nafhta, la grande ala della prigione di Beersheba e l’ala speciale della prigione di Ramle, anche se si trovano nell’Israele di prima del ’67, sono grandi centri di detenzione per i palestinesi dei territori occupati dal 1967: la Margine Occidentale, Gaza Damun e tel Mond si utilizzano per la gioventù palestinese.
L’ubicazione fisica delle carceri influisce poco sulle condizioni. Le autorità carcerarie israeliane mantengono una rigorosa segregazione tra gli accusati di crimini e i giudicati di delitti “contro la sicurezza”, o prigionieri politici.
Dato che solo pochi ebrei sono prigionieri politici e solo pochi palestinesi – soprattutto dei territori occupati – sono prigionieri comuni, la separazione è di fatto una segregazione tra prigionieri ebrei e detenuti palestinesi. Non è permesso alcun contatto o comunicazione. Stanno in prigioni separate o in ali diverse della stessa istituzione.
Si fanno distinzioni anche tra i prigionieri palestinesi dei territori occupati dal ’67 e reclusi arabi israeliani, che sono palestinesi e drusi residenti in Israele da prima del 1967 ed hanno cittadinanza israeliana. Le condizioni di prigionia dei prigionieri del Margine Occidentale e di Gaza a volte sono peggiori di quelle degli “israeliani” di prima del ’67.
Ad alcuni – anche se non a tutti – dei prigionieri israeliani di prima del ’67 viene concesso un letto o un materasso. Godono di questo “privilegio” circa il 70% degli israeliani di prima del ’67. Possono anche ricevere una visita ogni due settimane e scrivere due lettere al mese. Gli si concedono 3 coperte in estate e 5 in inverno.
I prigionieri dei territori occupati dal ’67 dormono per terra in inverno e in estate. Gli si concede un materasso di gomma di mezzo centimetro di spessore, una visita e una lettera al mese.
Mentre lo spazio vitale medio per prigioniero nelle carceri europee è di 10,5 mq., nelle prigioni per palestinesi del Margine Occidentale e di Gaza essi godono di un decimo di questo spazio: 1,5 mq. per recluso.
Regime amministrativo per decreti
La burocrazia carceraria è legge essa stessa. All’entrare in questo dominio il cittadino perde tutti i suoi diritti. Viene sottomesso all’autorità completamente arbitraria di persone selezionate per la loro durezza.
IL Decreto delle Prigioni (rivisto nel 1971) consta di 114 articoli. Non contiene nessuna clausola o paragrafo che definisca i diritti del prigioniero. Questo decreto detta una serie di norme legalmente vincolanti al Ministero dell’Interno ma è lo stesso Ministro che formula queste norme mediante decreto amministrativo. Nessuna disposizione stabilisce gli obblighi dell’autorità e non c’è clausola che garantisca ai prigionieri un livello di vita minimo.
In Israele è permesso per legge internare venti reclusi in una cella di non più di 5 metri per 4 e 3 di altezza. Spazio che comprende un gabinetto aperto. I prigionieri possono restare confinati in tali celle per 23 ore al giorno.
Il rapporto Kutler
Il giornalista israeliano Yair Kutler pubblicò nel 1978 su Ha’aretz una vasta inchiesta sulle condizioni fisiche nelle carceri ubicate nell’Israele di prima del ’67. Yair Kutler chiama la vita carceraria in Israele “l’inferno in terra” e descrive ogni carcere in dettaglio. Il suo racconto è sconvolgente.
Kfar Yonah: alti funzionari chiamano questo carcere “Kevar Yonah” (la tomba di Yonah). E’ il centro di detenzione che terrorizza chiunque varchi la sua porta. I detenuti lo hanno chiamato “Meurat Petanim” o “il covo dei cobra”.
“Il ricevimento che aspetta i reclusi lì fino ad essere giudicati è orripilante”. Le celle sono terribilmente fredde e umide. I materassi squallidi, gibbosi e sudici, sono superaffollati. La maggior parte dei reclusi non hanno altro posto dove mettersi se non sul pavimento. L’odore dominante di escrementi umani, di sudore e di spazzatura non si allontana mai dalle celle chiuse con sette catenacci. Nell’ala D ci sono tre stanze in cui sono ammucchiati dodici, diciotto e venti detenuti.
Carcere Centrale di Ramle: Ramle è una delle prigioni più dure di Israele. E’ una vecchia caserma di polizia che era stata utilizzata come stalla per la cavalleria. Superaffollata e maleodorante, alberga settecento reclusi. Molti prigionieri non dispongono di un letto, di un angolo o di pochi metri quadrati. Spesso cento uomini devono dormire per terra. Ci sono 21 celle di isolamento. La luce solare non vi entra mai. Sono chiuse ermeticamente. Appesa al soffitto c’è una lampadina accesa giorno e notte. Oltre alle celle di isolamento Ramle dispone di una serie di celle sotterranee. Sono di 2 metri per 80 per 2 metri di altezza. Sono buie, sporche e puzzano terribilmente. Non ci sono finestre né lampadine. Una piccola apertura nella porta lascia penetrare un debole riflesso della luce del corridoio. Prima di mettere un prigioniero nella cella lo denudano e gli danno un camicione sporco. Una volta al giorno lo lasciano andare al gabinetto; per il resto del giorno e per la notte deve trattenersi. Può orinare in un tubo incastrato nella porta. Non ha diritto né ad una uscita all’aria né alla doccia. Spesso ci sono bastonate. Il più utilizzato è “il metodo della coperta”. Alcune guardie coprono la testa del prigioniero e lo colpiscono finchè sviene. Per evitare il confinamento, un prigioniero deve sapere come vivere una vita di totale sottomissione e auto degradazione.
Damun: la vita a Damun è “l’inferno in terra”. “Le condizioni di vita sono tremende e provocano raccapriccio a qualsiasi visitatore che arriva in questo luogo dimenticato da Dio”. Gli edifici asorbono il freddo e l’umidità. Cinque coperte non basterebbero per riscaldarsi. “Molti sono malati e la maggioranza disperata”. L’ala dei giovani ha condizioni ancora peggiori. L’affollamento è così terribile che i giovani possono sgranchirsi per due ore ogni quindici giorni e questo intervallo a volte si allunga.
Shuttah: Il sovraffollamento è terribile. L’odore si sente a grande distanza … Le celle sono buie, umide e gelate. L’ambiente è soffocante. In estate,durante il periodo di calore della valle di Bet Shean, la prigione è un inferno ardente.
Sarafand: Il “Palazzo della Fine” si trova dietro un alto reticolato che tutti i turisti che passano per l’ultimo tratto della strada da Gerusalemme a Tel Aviv possono vedere, a soli 8 chilometri dall’aeroporto Ben Gurion. E’ il perimetro di Sarafand, che ha una superficie di 16 km. quadrati e contiene i più grandi magazzino e polveriera dell’esercito. E’ anche il deposito del Fondo Nazionale Ebreo, che utilizza Sarafand per immagazzinare macchinari per la costruzione di nuovi insediamenti nell’Israele di prima del ’67 e nei territori occupati da quella data.
La relazione inesorabile tra occupazione, insediamenti, colonizzazione e il sistema di tortura inflitto ai palestinesi salta all’occhio. Sarafand - il centro della tortura - ha un significato storico.
Fu costruita prima della 2° Guerra Mondiale e servì come deposito principale regolamentare della Gran Bretagna. Fu uno dei più noti campi di concentramento per detenuti durante la rivolta palestinese contro il dominio britannico e la colonizzazione sionista della terra del 1936. Gli antichi edifici del Mandato Britannico furono semplicemente occupati dalle autorità israeliane, senza cambiare le loro funzioni, utilizzandoli per rinchiudere una nuova generazione di detenuti palestinesi. Il centro, conosciuto da ebrei e palestinesi durante l’era britannica come il “campo di concentramento” ha mantenuto il suo carattere e il suo uso.
Nafha: Un carcere politico: i prigionieri politici palestinesi non godono dello lo status di Prigionieri di Guerra ma si costruiscono accampamenti di prigionieri per loro. I suoi abitanti chiamano Nafha “il carcere politico”. Si trova nel deserto, a 8 chilometri da Mitzoe Raon e a metà della strada tra Beersheba e Eilat. E’ ubicata in una zona deserta, con terribili tempeste di sabbia. La sabbia invade tutto. Le notti sono estremamente fredde e il calore del giorno è insopportabile. Serpenti e scorpioni passeggiano per le celle. La cella tipica è di sei metri per tre. Ci sono dieci materassi per terra e non c’è spazio per altro. In un angolo un water primitivo con sopra una doccia. Mentre un prigioniero usa i servizi gli altri devono lavarsi o pulire i piatti. In una stanza come questa dieci prigionieri passano 23 ore al giorno. Per mezz’ora al giorno possono stare in un piccolo cortile di cemento di 5 metri per 15. Molti prigionieri sono malati, soffrono le conseguenze di ripetute torture e delle brutali condizioni di vita carceraria.
Pratiche di tutti i giorni nelle carceri israeliane
I prigionieri politici hanno dichiarato molte volte che le condizioni nei centri di detenzione e nelle carceri, sia dell’Israele ante ’67 come nei Territori Occupati a partire dal ’67, sono studiate per distruggerli fisicamente e psicologicamente.
Bastonature: I prigionieri sono bastonati in tutte le carceri dell’Israele ante ’67 e dei Territori Occupati. A Ramle , questo si fa nelle celle sotterranee o “celle di isolamento”. Un certo numero di guardiani appendono il prigioniero e lo colpiscono con pugni, scarponi o manici di zappa che vengono conservati in un armadio vicino alle celle sotterranee.
Nel carcere di Damun lo si fa in modo più primitivo. Gli internati vengono bastonati pubblicamente nel cortile. Le guardie più brutali sono incaricate della “Posta”. Si tratta del veicolo di trasporto di detenuti che fa tre viaggi alla settimana dal centro di detenzione di Abu Kabir alla prigione di Shattah. Si ferma in tutte le prigioni dell’interno di Israele salvo che in quelle di Ashqelon e Beersheba. Ogni viaggio della “Posta” riporta un saldo di bastonature brutali. Al minimo pretesto le guardie fanno scendere la vittima dal veicolo ala prima fermata e “lo colpiscono sino a renderlo irriconoscibile”.
Isolamento: Legalmente, l’isolamento non è considerato una punizione. In realtà, pochi possono sopravvivere molti mesi in elle di un metro per due e mezzo per 23 ore al giorno. Ma nessun prigioniero che abbia cercato, verbalmente, di mantenere il rispetto di se stesso ha evitato periodi nelle celle di isolamento.
Lavoro: Il lavoro carcerario è lavoro forzato. E’ organizzato come “mezzo per rendere difficile la vita dei prigionieri”. Ai prigionieri politici viene assegnata deliberatamente la produzione di scarponi per l’esercito israeliano, reti di camuffamento, ecc.. A coloro che rifiutano vengono tolti “privilegi” come il denaro per la mensa, il tempo fuori dalla cella, libri e giornali, materiale per scrivere. Alcuni vengono puniti con l’isolamento. Il salario medio per questo lavoro è di 60 pesetas all’ora. Il lavoro forzato vuole massimizzare la tensione fisica e emozionale. E’anche sfruttamento.
Cibo: E’ poco. I bilanci sono esigui. La carne, le verdure e la frutta assegnate ai reclusi sono spesso confiscate dai funzionari. Uova, latte e pomodori freschi sono considerati lusso per i prigionieri.
Cure mediche: Nel 1975 un prigioniero del carcere di Damun si tagliò i polsi e le gambe. Gli altri reclusi chiamarono la guardia. Arrivò una delegazione di guardiani. L’infermiere aprì la cella, afferrò il prigioniero e senza dire una parola cominciò a colpirlo al viso. Il prigioniero cadde al suolo, l’infermiere continuò a dargli calci. I prigionieri sono rinchiusi in edifici inadeguati. D’estate soffrono un calore bruciante. D’inverno l’umidità li intride fino alle ossa. Nella prigione di Ramle, durante l’inverno, un terzo della popolazione reclusa soffre di geloni a mani e piedi per il freddo tremendo. L’unico medicamento disponibile è la vaselina, ma anche questa è disponibile raramente. I prigionieri che scontano condanne di pochi mesi lasciano le carceri con inabilità permanenti. Le condizioni di illuminazione sono così cattive che i prigionieri soffrono di un deterioramento della vista. Le affezioni alle ginocchia e le ulcere hanno un’incidenza cinque volte maggiore tra i prigionieri rispetto alla popolazione in generale.
Asafir: A partire dal 1977 i prigionieri hanno fatto sapere che vengono torturati in ogni carcere anche da un piccolo gruppo di collaborazionisti, alcuni dei quali non sono veri prigionieri ma confidenti che si fanno passare per tali. Che siano prigionieri che collaborano o confidenti infiltrati nelle carceri, si tratta di un procedimento istituzionalizzato. In ogni carcere e centro di detenzione ci sono stanze speciali riservate per i collaborazionisti, conosciuti come “asafir” o “uccelli cantori”. Tra loro abbondano i criminali pericolosi, selezionati per la loro brutalità. Altri sono reclutati tra coloro che sono incarcerati come prigionieri politici nonostante non abbiano trascorsi politici. A questi vengono concessi privilegi a seconda dei servizi che prestano.
Non sono casi isolati
Per quanto siano famose le pretese democratiche e umanitarie di Israele, le prove presentate qui, così come quelle accumulate in tutti gli studi sulla colonizzazione e la dominazione sionista in Palestina, smascherano questa facciata.
I casi individuali esaminati qui non sono casi isolati o prodotto di circostanze eccezionali. Fondamentalmente non differiscono da altri casi. I torturatori non sono poliziotti aberranti fuori di testa. Sono membri di tutte le sezioni della polizia israeliana e delle divisioni di sicurezza e operano nel compimento della loro missione.
La violenza è la norma del trattamento dei palestinesi, che siano contadini che portano i loro prodotti al mercato o giovani che lanciano pietre, cittadini palestinesi dell’Israele ante ’67 o palestinesi residenti nei Territori Occupati nel ’67 e successivamente.
La tortura è parte fondamentale del sistema legale, la coercizione è la strada della confessione e la confessione è fondamentale per condannare.
Il trattamento fatto ai prigionieri non cambia secondo il partito che è al potere. Se il Primo Ministro Menachem Begin classificava i palestinesi “bestie a due gambe”, la brutalità sistematica imposta al detenuto palestinese non è meno severa sotto i governi di Linea Laburista. Come disse il vecchio Primo Ministro David Ben Gurion, “Il regime militare esiste per difendere il diritto a stabilire insediamenti ebrei dovunque”.
(*) Ralph Schoenman, studioso, giornalista e attivista del movimento per i diritti civili negli USA, è stato segretario generale della Bertrand Russel Peace Foundation. Tra il suoi libri “La storia nascosta del Sionismo”.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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