La Libia è il nostro futuro
di Luis Britto Garcìa (*), da: alainet.org, 26.6.2011
1. Nessun uomo è un’isola; la morte di chiunque mi colpisce, predicava John Donne (**). Nessun paese è fuori dal pianeta: il genocidio contro un popolo mi assassina.
Tutto ciò che succede in Libia mi ferisce, ti fa danno, ci colpisce.
2. Parliamo da uomini, e non da sciacalli o da monopoli mediatici. Non si bombarda la Libia per proteggere la sua popolazione civile. Non si protegge alcun popolo buttandogli sopra esplosivi o facendolo a pezzi con 4.300 attacchi “umanitari” per più di cento giorni. Bruciano la Libia per rubarle il suo petrolio, le sue riserve internazionali, la sua acqua sotterranea. Se il ladrocinio trionfa, qualsiasi paese con delle risorse sarà saccheggiato.
Non chiedere su chi cadono le bombe: cadranno sopra di te.
3. Incarcerarono i comunisti; niente poteva importarmi meno, perché non sono comunista, ironizzava Bertold Brecht. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva una zona di “esclusione aerea” in favore dei secessionisti libici, ma permette un bombardamento infernale; la Cina e la Russia si astengono dal veto alla decisione perché, dato che non sono libici, non potrebbe importargliene meno. Immediatamente gli Stati Uniti minacciano la Cina di dichiarare una “moratoria tecnica” del loro impagabile debito estero con lei e aggrediscono il Pakistan. La Cina replica che “qualsiasi altra ingerenze degli Stati Uniti in Pakistan sarà interpretata come atto non amichevole” e arma il paese islamico con cinquanta caccia JF-17.
Nessun popolo è fuori dall’umanità: se non voti l’aggressione contro un altro, la scateneranno contro di te.
4. Tolstoj racconta di un orso che attacca due contadini: uno scala un albero, cedendo all’altro il privilegio di difendersi da solo. Questi riesce a vincere e racconta che le ultime parole della belva sono state: “Chi ti abbandona non è tuo amico”. La Lega Araba, l’Unione Africana e l’OPEC scalano l’albero dell’indecisione aspettando il loro turno per essere squartati.
Se abbandoni le vittime, sarai abbandonato.
5. Come ai tempi in cui il fascismo assaltava l’Africa, oggi Italia, Germania, Inghilterra, Francia e altri sicari della NATO sacrificano armi e truppe in una guerra che favorirà solo gli Stati Uniti. Obama, a cui il Congresso impedisce di investire apertamente fondi nel conflitto, striglia i suoi complici della NATO perché sacrificano meno del 2% dei loro PIL alle spese militari, e ordina loro di immolarne almeno il 5% (“Il futuro della NATO”, Editoriale di El Paìs, 15.6.2011).
Sono istruzione inapplicabili quando la protesta sociale, la crisi finanziaria, il debito pubblico impagabile e le stesse spese sugli armamenti minano i governi del G-7. Davanti a queste richieste l’Italia opta per non partecipare troppo a questo pasticcio. L’Agenzia Internazionale dell’Energia autorizza il consumo, dalle riserve che non ha, di sessanta milioni di barili di petrolio in due mesi. Gli Stati Uniti sperperano per il 2010 spese militari per 698.000 milioni di dollari, il 43% del totale mondiale di 1.600.000 milioni di dollari (confirmado.net, 17.6.2011). Così si dilapidano in morte le risorse che dovrebbero salvare le vite.
Se metti in piedi una guerra, le guerre divoreranno te.
6. Come ai tempi di Alì Babà e dei quaranta ladroni, i banchieri internazionali, che tanto benevolmente hanno ricevuto 270.000 milioni di dollari in depositi e riserve della Libia, danno l’assalto al bottino e studiano come trasferirlo a quelli che cercano di assassinare i suoi legittimi proprietari. Ai monarchici di Bengasi creano anche una banca centrale e una moneta secessionista. Sono gli stessi finanzieri il cui ladrocinio costa all’umanità l’attuale collasso economico.
Non chiedere a chi rubano i banchieri: stanno rubando a te.
7. Nello stile delle blitzkrieg (guerre-lampo) naziste, il presidente degli Stati Uniti inizia guerre senza l’autorizzazione dei suoi legislatori e le prolunga ignorando il Congresso, dove dieci deputati denunciano il Presidente e il segretario alla Difesa uscente Robert Gates e vietano la concessione di fondi per l’aggressione contro la Libia definendola illegale e anticostituzionale.
Non verificare se devi imporre ad altri popoli con le armi la democrazia: prima vedi di finirla con i resti che rimangono nel tuo stesso paese.
8. Ogni uomo è un pezzo di continente, parte del tutto, insiste John Donne. I nemici dell’uomo non smettono di spezzettarlo per distruggerlo meglio. Gli imperi, che sono instabili rompicapi di pezzi messi insieme a forza, all’estero fomentano o inventano il conflitto di civiltà contro civiltà, il battibecco dell’iraniano contro il kurdo, dello sciita contro il sunnita, dell’indù contro il mussulmano, del serbo contro il croato, del discendente contro l’ascendente, dell’ancestrale contro il moderno, del libico contro il libico, del venezuelano contro il venezuelano. Di ogni variante culturale si vuol fare un paesello e di ogni paesello un protettorato. Chi ci separa, ci fa a pezzi, chi mi divide mi mutila.
Non indagare come spezzettano la Libia: stanno squartando te.
9. Ogni saccheggio inizia con promesse di colpo facile e si impantana in una macelleria senza uscita. Le guerre dell’Afganistan, dell’Iraq, della Libia, dello Yemen e l’aggressione al Pakistan decollano come marce trionfali ma si schiantano in olocausti catastrofici e nessuna finisce o si decide. La resistenza dei loro popoli ritarda l’immolazione da cui non ti libereranno né veti omissivi, né organizzazioni astensioniste, né banchieri borseggiatori, né Congressi che non contano niente.
Non chiedere perché vengono assassinati i patrioti libici: stanno morendo per te.
(*) Scrittore venezuelano. Ha vinto il Premio Nazionale di Letteratura nel 1980.
(**) Grande poeta inglese, morto nel 1631.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)
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