Gaza vista da Israele

L’assedio di Gaza si è trasformato nel blocco morale di Israele

di Yitzhak Laor (*), da: rebelion.com, 7.7.2011

dal quotidiano Haaretz (**)

 

 

Israele è davvero legato ai centri di potere nel mondo. Le predizioni di uno tsunami, attualmente, sembrano essere esagerate ma – tuttavia – prima di cantare vittoria è meglio ricordare che l’occupazione israeliana è l’occupazione militare più lunga dei tempi moderni.

I territori occupati nei suoi due versanti – il Margine occidentale e la Striscia di Gaza – vivono sotto un regime brutale che ben pochi altri occupanti si sono permessi. Senza leggi, il blocco e il tasso di infermità tra i bambini, le interruzioni delle strade e l’arbitrarietà dei soldati che irrompono nelle case (immaginatevi i vostri figli svegliati nella notte da grida di uomini armati che abbattono le porte e li accecano con le torce), la prolungata occupazione, un disastro per noi e per i palestinesi – perché Israele conta sull’appoggio dell’Occidente.

Gli insediamenti hanno trasformato l’occupazione in qualcosa di insolubile, per lo meno nei prossimi decenni, per cui l’occupazione non solo prospetta una nuova generazione di soldati israeliani, incitati dai rabbini incendiari, ma anche una terza e una quarta generazione di palestinesi con le stesse condizioni di vita.

Il fatto che la Striscia di Gaza sia diventata un simbolo internazionale della crudeltà è una prova in più della stupidità dei nostri governanti. L’Operazione Piombo Fuso e il blocco di Gaza – che godono entrambi di un ampio consenso nazionale – hanno trasformato Gaza in un simbolo che ha vita propria, che non ha neppure più bisogno della partecipazione dei palestinesi. La democrazia israeliana appare per quello che realmente è. In nome della maggioranza (sei milioni di ebrei) ci si permette di proibire quasi tutto alla minoranza (cinque milioni in Israele e nei Territori).

La minoranza (araba) nazionale in Israele ha il diritto di voto, ma non ha un canale televisivo proprio; ha l’assicurazione per le malattie ma anche un alto tasso di disoccupazione e il tasso di mortalità infantile è più alto di quello israeliano (l’8,3 contro il 3,7 per ogni 100 nascite).

Tel Aviv, che si vende al mondo come una città liberale, è l’unica città dell’ovest che non ha una popolazione musulmana. La sua “autenticità” è razzista, la minoranza del 20% non esiste nella vita della città. E consigliamo ai suoi propagandisti di non segnalare Yafo come prova della diversità. Yafo, con la sua immigrazione yuppie, è l’esempio perfetto dell’apartheid portato a termine dalla “laica” e “liberale” Tel Aviv.

Neppure la propaganda ufficiale aiuta. Quante più pressioni Israele fa ai paesi centrali occidentali e ai giganti dei mezzi di comunicazione, più cresce l’ondata contro, perché l’avversione contro l’occupazione e il razzismo israeliano sorgono dalla conoscenza che ciò che fa Israele è finanziato dall’Occidente, che riceve gli aiuti dell’Occidente e dalle connessioni con i centri di potere, come un monumento vivente al colonialismo.

Non c’è migliore esempio per rafforzare questa idea che il modo in cui i greci stanno impedendo la partenza della Flottiglia con gli aiuti per Gaza. E non è solo la Grecia quella che ci sta provando.

Le coalizioni che si stanno organizzando in Occidente contro Israele includono membri della sinistra. Ve ne sono altre e non tutte sono umanitarie. Non tutte simpatizzano per gli ebrei. Questi gruppi continueranno ad aumentare nella misura in cui la comunità politica occidentale si dimostrerà “impotente” di fronte all’ostinazione di Israele. Naturalmente non è che sia impotente, è che - quando ha un interesse materiale - questa è capace di avere un comportamento barbaro e tipicamente occidentale, come sta facendo attualmente in Libia e in Iraq.

L’avversione contro Israele è commisurata alla crescente rabbia antisistema, in un contesto politico in cui non c’è differenza tra i partiti. Le proteste in Grecia sono un esempio: i manifestanti mostrano la loro delusione, che non nasce dall’occupazione israeliana ma dalla mancanza di potere delle masse per influire su ciò che sta succedendo nei loro paesi riguardo all’economia e alla guerra.

Israele è solo uno dei molti punti che occupano l’orizzonte politico, o apolitico. Sono poche le persone che si uniscono alla Flottiglia, ma molte di più quelle che partecipano alla raccolta degli aiuti e molte più ancora quelle che prendono coscienza della sua oppressione. Le manifestazioni di protesta sono parte di un crescente consenso antisistema. L’albo di quelli che da sempre sono conosciuti come “i politici ipocriti” unisce questa ipocrisia alla crudeltà israeliana.

Non c’è da meravigliarsi, quindi, che il blocco di Gaza porti con sè un blocco morale a Israele. Lentamente, ma sicuramente, in un mondo pieno di ingiustizie, crimini di guerra e razzismo verso le minoranze e i migranti, Israele ha imparato, durante decenni di stupidità, il modo di diventare il simbolo dell’ingiustizia e di questi crimini. Non siamo più l’incarnazione del progresso, come abbiamo strombazzato per molto tempo, ma esattamente il contrario.

E questo, per la verità, è solo l’inizio.

 

(*) Poeta, scrittore e giornalista israeliano. Molte delle sue opere poetiche sono contro l’occupazione israeliana dei Territori.

(**) Importante quotidiano israeliano fondato nel 1919.

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

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