Gli israeliani non possono far sì che Gaza sparisca
di Henning Mankell (*), da: rebelion,org, 19/7/2011
Cercherò di riassumere ciò che è stata la Flottiglia di Gaza quest’anno. Tutti sanno che questa volta l’obiettivo era di ritornare con più imbarcazioni disarmate e con una selezione più rappresentativa di persone e organizzazioni. Infine, ma non meno importante, volevamo tornare con più parlamentari. E lo abbiamo organizzato bene.
Ma all’improvviso questa protesta pacifica contro il blocco illegale israeliano è diventata una tragedia greca, quasi concepita da un Euripide moderno. Ovviamente, avevamo previsto che l’esercito israeliano avrebbe utilizzato qualche sistema per impedire che la Flottiglia lasciasse i porti stranieri. Pensavamo che Israele, come sempre, avrebbe potuto accampare la scusa che è autorizzata a fare ciò che le pare. E, di fatto, può farlo fintanto che conta sulla protezione e sui finanziamenti degli USA.
Ma gli Stati Uniti non sono più la potenza che erano. Un giorno questa protezione finirà – forse fra 5 anni? In questo contesto può essere importante ricordare che, mentre scrivo queste righe, l’enorme finanziamento della NASA verrà ridotto al minimo. E la ragione dello smantellamento di questo prestigioso progetto non è altro che il deterioramento dell’economia USA. Che altra ragione ci può essere?
Bene, non eravamo però preparati al fatto che la Grecia vendesse tanto facilmente la sua anima nazionale ad Israele sotto forma di minacce e molestie. Critico me stesso per non averlo previsto. La crisi economica della Grecia ha indebolito la nazione greca, ma è stata una sorpresa che la Grecia, di fronte alle minacce di Israele (con l’appoggio degli Stati Uniti), piegasse la testa in modo così totale. D’altra parte ammetto francamente che ho sovrastimato la forza della democrazia greca. O, per dirla in altro modo, non ho saputo vedere quanto è sottile la vernice che ricopre quella che chiamiamo democrazia israeliana. Le azioni di Israele mi ricordano, più che altro, i metodi di una dittatura militare.
Tornerò più avanti alla questione del perché la Grecia è stata messa in ginocchio e del perché un movimento di solidarietà relativamente piccolo come quello della nostra Flottiglia è stato capace di scuotere la politica internazionale e di spaventare Israele fino al punto di spingerla a sfidare i suoi vicini e l’Unione Europea.
In primo luogo bisogna dire quanto segue: grazie al fatto che la Grecia ha impedito alle nostre navi di lasciare i suoi porti e che le nostre imbarcazioni sono state sabotate da sommozzatori ostili non identificati, in questo momento nessuna Flottiglia naviga verso Gaza. Tuttavia è possibile che alcune navi lo facciano per proprio conto. E, dato che questo spezzerebbe l’unità della nostra causa, sono profondamente in disaccordo. La cosa più probabile, invece, è che la guardia costiera greca fermi le navi, perché gli israeliani non desiderano alcuna pubblicità negativa come quella dell’anno scorso, quando commandos israeliani spararono a volontà dagli elicotteri. Da qui deriva che forse è meglio che sia la Grecia a restare col cerino in mano. Israele, e quelli che si oppongono alla nostra causa considereranno questo una nostra sconfitta e il primo Ministro Georgi Papandreu riceverà una pacca sulla spalla dai suoi amici israeliani (ma le proteste in Grecia cresceranno).
Ma questa non è una sconfitta. Torneremo con più appoggi e con una Flottiglia più grande, e prometto che il regime israeliano non avrà un attimo di respiro finché non toglierà il suo blocco illegale. Quest’anno la nostra azione ha avuto un impatto più grande rispetto all’anno scorso, quando i media non ci prestarono attenzione fino a che i commandos israeliani cominciarono ad assassinare alla grande.
Anche se le nostre navi non si sono mosse di un centimetro, per Israele si tratta di un nuovo fallimento. La disperata paura del regime fa sì che aumenti l’opposizione alle violazioni dei diritti umani che esso compie a Gaza. Secondo il diritto internazionale di base, è illegale applicare castighi collettivi come fa Israele a Gaza.
Come sempre, dico che Gilad Shalit (1) avrebbe dovuto essere stato liberato molto tempo fa e che Hamas deve smettere di lanciare razzi contro Israele; dico che dobbiamo considerare la situazione dal punto di vista di questa domanda: cosa c’è stato prima, l’oppressione o la ribellione?
Neppure gli intellettuali israeliani possono agitare la loro bacchetta magica e far sì che la realtà scompaia: la realtà che i palestinesi sono trattati da cittadini di seconda classe nel loro stesso paese.
Il blocco di Gaza, fondamentalmente, non è una questione di cemento, pannolini o medicine. Si tratta della dignità umana di cui Israele priva i suoi abitanti e degli atti di disperazione che questo provoca.
Ma, per me, il più grande mistero è il fatto che il regime israeliano non si renda conto che sta scavando la propria fossa e che alla fine la situazione diventerà insostenibile. Perché continuano a bendarsi gli occhi?
Perché quest’anno Israele ha deciso di traslocare il blocco in Europa, o ciò che, ironicamente, potremmo dire di “esternalizzare” il blocco? Che differenza c’è rispetto all’anno scorso?
Naturalmente, la differenza sono le sollevazioni in Medio Oriente e in Africa del Nord. Questi fatti sono molto preoccupanti per gli israeliani. Ma essi sanno anche che possono approfittare dell’inquietudine che regna nei circoli del potere d’Europa e degli Stati Uniti.
E’ sintomatico che l’anno scorso molte più istituzioni internazionali appoggiassero apertamente la nostra Flottiglia. Ma ora, quando la regione MOAN (Medio Oriente e Africa del Nord) è instabile, è più conveniente tornare a dimenticarsi dei palestinesi e assicurarsi che Israele possa mantenere un qualche tipo di controllo nella regione.
Chi si preoccupa di qualche palestinese maltrattato quando è in gioco la stabilità dei paesi produttori di petrolio?
Quando la situazione della MOAN si chiarirà, aumenterà l’appoggio alla nostra causa. E la mia ipotesi è che allora sarà più grande che mai. Perché il nostro mondo è cinico.
Ma non credo che Israele debba godere troppo di questo trionfo. In Europa – e non diciamo in Grecia – l’indignazione per la brutale intromissione di Israele negli affari interni del paese ellenico è ogni volto più grande.
A causa delle sue azioni il cieco regime israeliano sta diventando un paria mondiale. Perché non riflettono su cosa conviene loro di più? Con quali argomenti difenderanno il blocco di Gaza se nelle prossime elezioni Hamas dovesse perdere? Come giustificare la costruzioni di nuovi e più grandi insediamenti illegali e la violazione che questi rappresentano?
Così, è da considerare positivo i fatto che Roni Shaked, del giornale Yedioth Ahronoth, abbia detto che “sarebbe meglio togliere il blocco che respingere quelli che protestano contro”. Se, cioè, le mie informazioni su questa affermazione sono corrette..
Senza dubbio questo sarebbe un buon primo passo nel cammino che bisognerà percorrere perché israeliani e palestinesi, in condizioni di eguaglianza, costruiscano un futuro comune.
Non compete a me dire che forma deve assumere questo futuro. E neppure ho mai preteso dirlo.
(*) Scrittore svedese di fama mondiale, ha partecipato alla Flottiglia della Libertà nel 2010 e nel 2011.
(1) Soldato israeliano prigioniero di Hamas dal 2006.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S. Giovanni)
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Tyron Veillon (martedì, 31 gennaio 2017 19:02)
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