Chiavi di una barbarie nazifascista
di Jorge Luis Ubertalli (*); da:alainet.com, 27. 7.2011
I barbari attentati con bombe e proiettili che il nazifascista confesso Ander Behring Breivik, di 32 anni, ha portato a termine pochi giorni fa nel centro di Oslo e in un’isola dove erano accampati giovani del Partito Laburista, meritano molta più attenzione di quella che gli ha dedicato certa stampa, non solo per quanto riguarda i fatti successi ma in relazione al perché.
I quasi 70 morti e la distruzione del centro della città capitale norvegese possono essere, come è stato ripetuto fino alla nausea, opera di un nazifascista, lunatico, xenofobo e razzista che in questo modo, come ha dichiarato, cercava di impedire la mussulmanizzazione e la marxistizzazione dell’Europa. Ma questo non basta. Le dichiarazioni di Breivik, proprie di un oscuro posseduto che ha scambiato i giudei per i musulmani e ha mantenuto, questo sì, i marxisti come pericolo fondamentale dell’occidente cristiano e anche di quello israeliano, di cui dice di far parte, sono solo la punta di un iceberg geopolitico che, oltretutto, ha sempre un colore verde-nero e una consistenza oleosa.
I peccati norvegesi
La Norvegia, paese nordico europeo con solo quasi 5 milioni di abitanti, è stata uno dei fondatori della NATO, organizzazione a cui fino a oggi appartiene. Anche se ha nel suo seno gruppi fascisti e xenofobi come il cosiddetto Partito del Progresso, a cui apparteneva il massacratore di cui sopra, il suo governo socialdemocratico e alleato con altre forze di sinistra amministra il paese. Facendo parte della NATO, ha partecipato all’aggressione all’Afganistan dopo l’11 settembre 2011 – fu criticato dall’opposizione di destra per non aver inviato abbastanza soldati e attrezzature – e, più recentemente a quella della Libia, dove le forze della NATO stanno ancora massacrando la gente e distruggendo beni invece di “salvaguardarli”.
Quando, nel 2005, andò al potere l’attuale primo ministro Jean Stoltenberg, successero fatti degni di essere sottolineati:
- la fusione delle compagnie petrolifere Staoil e Norks Hydro, che con una forza lavoro di 31.000 occupati produce quasi 2 milioni di barili di petrolio all’anno, così che la Norvegia è il terzo esportatore mondiale di petrolio, con riserve certificate di 6.300 barili, dopo la Russia e l’Arabia Saudita. La Norvegia, principale produttore di petrolio in mare, conta sul controllo statale maggioritario delle compagnie fuse. Il 75% dei profitti fluisce nelle casse dello Stato, cosa che permette di disporre di fondi per sviluppare una politica di distribuzione equa delle entrate;
- l’accordo tra Norvegia e Russia per sfruttare congiuntamente, dopo 40 anni di controversie, il petrolio e il gas situati nel mare Artico, sotto una superficie di 175 mila chilometri quadrati. La disputa tra i due paesi, risolta nell’aprile 2009 durante la visita del presidente russo Dmitri Medvedev a Oslo, permetterà che “ogni giacimento che attraversi la linea di demarcazione potrà essere sfruttato congiuntamente e come un unico insieme”. In questo quadro, la Statoil e la russa Gazprom si sono accordate quest’anno per sfruttare congiuntamente il giacimento di Stockham, una gigantesca bolla di gas situata sul lato russo, sfruttamento che comincerà nel 2016. Va chiarito che la piattaforma continentale del mare di Barents contiene più di 7.000 milioni di tonnellate di idrocarburi annuali. L’Artico, come ha dichiarato il Ministro russo per le Riserve Naturali, contiene il 25% delle riserve di idrocarburi scoperte sul pianeta. La politica del Laburisti norvegesi, in questo senso, è stata approvata dai partiti di opposizione, dalle organizzazioni ecologiste, dalla sinistra ovviamente, e dai sindacati;
- nel quadro dell’avvicinamento commerciale con la Russia da parte del Partito Laburista e del governo norvegese, a partire dal 2010 sono cominciate esercitazioni militari congiunte tra i due paesi. Le esercitazioni navali “Pomor 2010” e “Pomor 2011” - quest’ultima portata a termine in cinque giorni il 16 maggio di quest’anno nei mari di Barents e Norvegia - ha visto la partecipazione del caccia-torpediniere russo “Vice Ammiraglio Kulakov” e della fregata norvegese “Helge Instad”, insieme a guardiacoste e aerei della Flotta Russa del Nord e della Forza Aerea norvegese. Le manovre hanno compreso pratiche di tiro, ricerca e distruzione di sottomarini e un’operazione contro “i pirati”. Durante le esercitazioni. In segno di amicizia, i soldati russi e norvegesi si sono scambiati le armi e hanno sparato con quelle. I marinai russi hanno fatto fuoco con i fucili norvegesi MP-5 e le pistole Glock e i norvegesi, da parte loro, hanno utilizzato fucili d’assalto Ak-47 e pistole Makarov.
La vendetta degli innominati
Nel quadro dell’avvicinamento integrale della Norvegia alla Russia, e alcune ore dopo che l’allora capo del Pentagono degli USA – Bill Gates – avvertisse che la mancanza di collaborazione dei soci della NATO metteva in pericolo “l’esito della missione in Libia”, la ministra della Difesa norvegese, Grete Faremo, ha dichiarato all’inizio di giugno che il suo paese avrebbe diminuito il numero di aerei destinati all’attacco della Libia da 6 a 4 e che il 1° agosto sarebbe finita qualsiasi partecipazione della Norvegia nelle operazioni aeree “umanitarie” contro il quasi distrutto paese africano, ricco anch’esso di petrolio, gas e riserve d’acqua.
Poco prima, il 20 maggio, una delegazione norvegese aveva visitato Cuba e sottoscritto con ministri dell’isola rivoluzionaria accordi congiunti su investimenti norvegesi, progetti di acquicoltura marina e gestione di prodotti petroliferi, orientamenti di prevenzione di disastri naturali e progetti di prevenzione dell’ambiente. In più, si erano accordati per mettere in piedi una cooperazione bilaterale tra Cuba e Norvegia in relazione ad Haitì, diventata una portaerei fissa degli USA dopo il terremoto che colpì l’isola anni fa.
Tenendo conto di questi antecedenti, bisognerebbe chiedersi: chi ha formato, orientato e finanziato Breivik perché commettesse i suoi crimini? Chi aveva interesse nel minare la governabilità del governo laburista che, nel quadro di amicizia e cooperazione con il suo vicino russo, stava mettendo da parte la NATO come suo ombrello difensivo in relazione al nulla e messo fine, in un futuro vicino, alla sua avventura in Libia? Chi voleva che, dopo gli attentati del nazifascista – che ha dichiarato di aver assassinato in massa i giovani del Partito Laburista per farla finita con questo partito – il governo norvegese utilizzasse il pugno di ferro contro l’immigrazione – tenuto conto che questa rappresenterebbe un pericolo in relazione all’azione di bombaroli e assassini come Breivik –e tornasse nel recinto di chi provoca aggressioni, guerre e riarmamenti militari e di sicurezza?
Ma niente di tutto questo sta succedendo. Nonostante il soffiare sul fuoco xenofobo e il finanziamento dell’imperialismo ai barbari (con la diversione ideologica della grande stampa che, dopo aver affibbiato il massacro a gruppi islamici o anarchici e di sinistra, si è limitata a definire Breivik come nazifascista che operava da solo o con emarginati come lui, assolvendo per omissione i servizi di intelligence delle potenze occidentali e anche quelli norvegesi, riguardo alla pianificazione ed esecuzione del massacro e degli obiettivi che si era fissato e altre sciocchezze e ipotesi complicate) il popolo e il governo norvegese hanno reagito come dovevano.
Le chiavi di questa barbarie nazifascista vanno cercate nei sub-mondi del potere capitalista e imperialista, e nelle lacrime di coccodrillo degli ipocriti, che parlano di democrazia e libertà mentre esercitano la ragione delle armi e la menzogna per proteggere i loro crimini.
(*) Scrittore e giornalista argentino, collaboratore di Prensa Latina
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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