Fidel Castro

13 agosto 2011

Fidel nei suoi 85 anni

di Atilio Boron (*), da: atilioboron.com, 15.8.2011

 

Fidel, lucido come sempre e più sapiente che mai.

Il trascorrere degli anni accompagnato da una notevole capacità di riflettere sulle vicissitudini della sua vita e del mondo lo hanno arricchito straordinariamente. Il suo sguardo, che ha sempre avuto la capacità di vedere l’orizzonte storico-universale, è diventato più acuto: Fidel vede dove gli altri non vedono, e ciò che vede è l’essenza, non l’apparenza.

Aveva ragione Garcìa Màrquez quando disse di lui che è “incapace di concepire qualsiasi idea che non sia grande”.

 

Ritiratosi da tutti i suoi incarichi al fronte della rivoluzione cubana, continua ad essere, senza il minimo dubbio, “il Comandante”. Non solo del glorioso “Movimento 26 luglio” o delle Forze Armate Rivoluzionarie cubane, ma di un esercito mondiale di donne e uomini che lottano per la loro vita, per la loro dignità e per la sopravvivenza del genere umano, oggi minacciata da un arsenale nucleare di proporzioni incalcolabili, di cui una piccolissima parte basterebbe a distruggere ogni forma di vita sul pianeta Terra.

Sopravvivenza compromessa anche dalla furia predatoria di un sistema, quello capitalista, che trasforma tutto ciò che tocca in merce, in un semplice oggetto la cui finalità escludente è produrre profitto.

 

Grazie a questa visione da aquila, che a suo tempo Lenin riconobbe a Rosa Luxemburg, egli ha potuto denunciare, quasi in solitudine,la crisi ecologica che oggi ci minaccia, così come la demenziale corsa agli armamenti scatenata dall’imperialismo statunitense.

Alcuni ricorderanno sicuramente il suo intervento al primo Vertice della Terra, a Rio de Janeiro nel 1992, quando il Comandante mise in guardia sul rischio ecologico in cui il pianeta già si trovava.

Mentre il presidente degli Stato Uniti George Bush rifiutava di firmare i protocolli di Rio, Fidel denunciava che “un’importante specie biologica corre il rischio di sparire per la rapida e progressiva liquidazione delle sue condizioni naturali di vita: l’uomo”. E continuava la sua analisi dicendo che il consumismo sfrenato e lo spreco irrazionale che l’economia capitalista favorisce sono i responsabili fondamentali di questa situazione: “Con solo il 20% della popolazione mondiale … (i capitalismi metropolitani) consumano i due terzi dell’energia che si produce nel mondo. Hanno avvelenato l’aria, hanno assottigliato e bucato la cappa di ozono, hanno saturato l’atmosfera di gas che alterano le condizioni climatiche con effetti catastrofici di cui già cominciamo a soffrire. I boschi spariscono, i deserti si estendono, migliaia di milioni di tonnellate di terra fertile finiscono ogni anno in mare. Numerose specie si estinguono. La pressione demografica e la povertà conducono a sforzi disperati per sopravvivere, anche a costo della Natura. Non è possibile incolpare di questo i paesi del Terzo Mondo, ieri colonie, oggi nazioni sfruttate e saccheggiate da un ordine economico mondiale ingiusto”.

Naturalmente, le sue parole non furono ascoltate dalla quasi totalità dei capi di Stato là presenti – chi ricorda oggi i loro nomi? – che continuarono a ballare spensieratamente sulla tolda del Titanic.

 

Saggio come pochi, Fidel si chiedeva in quello stesso discorso: “Quando la presunta minaccia del Comunismo è sparita e non restano più pretesti per guerre fredde, corse agli armamenti e spese militari, cosa impedisce di utilizzare immediatamente queste risorse per promuovere lo sviluppo del terzo Mondo e combattere la minaccia della distruzione ecologica del Pianeta?”. Va da sé che conosceva perfettamente la risposta, così come l’aveva esposta in migliaia di occasioni: l’impossibilità ha le sue radici nell’essenza stessa del capitalismo come sistema, e nell’imperialismo come sua forma attuale.

 

Lucido e coraggioso combattente di questo flagello, nella pratica ma anche sul piano delle idee, Fidel ha denunciato i suoi orrori già prima dell’assalto al Moncada e della sua straordinaria difesa (1).

Testimone e, al tempo stesso, eccezionale protagonista della lenta ma inesorabile decadenza dell’imperialismo statunitense, le sue iniziative pratiche così come le sue riflessioni didattiche offrono ai popoli un ricchissimo arsenale di idee e informazioni, raccolte con la minuziosità tipica di un Darwin, di chi sa che per cambiare la complessa realtà del nostro tempo non servono a nulla gli schemi pre-concepiti o le semplificazioni grossolane.

Ritiratosi dai suoi incarichi ufficiali, l’infaticabile soldato continua a lottare senza quartiere nella cruciale “battaglia delle idee”, un fronte che, purtroppo, la sinistra ha trascurato per molto tempo, ma che ora conta su numerosi combattenti.

E da lì illumina il cammino di speranza che conduce all’emancipazione umana e sociale.

 

Come dice una canzone popolare messicana, Fidel “sii felice in questo giorno e che tu ne viva molti altri!”.

 

 

(*) Politologo argentino

(1) Arringa difensiva di Fidel Castro nel processo per l’assalto alla caserma Moncada, conosciuta il titolo di “La Storia mi assolverà”.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni –MI-)    

                                                                                     http://ciptagarelli.jimdo.com/

 

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