Le parole e le immagini
La scrittrice Sara Rosemberg riflette, dalla Spagna, sull’assassinio di Gheddafi
da: insurgente.org; 24/10/2011
1. Parole e immagini
In uomo viene bastonato mentre un gruppo rumoroso lo circonda e filma coi cellulari l’agonia atroce e i rantoli del torturato, che è appeso ad una griglia di quella che sembra essere una finestra.
E’ stata la prima immagine che ho potuto vedere di quelli chiamati “ribelli” libici, nel mese di marzo 2011. Un’immagine che non lasciava dubbio alcuno su chi erano. Era barbarie e non ribellione. Ed è un’immagine che, disgraziatamente, non sono riuscita a cancellare.
Anche la parole ribelle, da quel momento, se n’è andata a vivere nella caverna delle parole rubate e denigrate dai mezzi di informazione.
Quali ribelli potevano provare soddisfazione con la tortura?, mi sono chiesta. Chi erano quei ribelli con i cellulari riuniti a celebrare il dolore di un essere umano? Non c’erano dubbi.
Ancora non c’erano molte informazioni, ma qui un settore della “sinistra” scendeva in piazza in fameliche manifestazioni gridando “Né con la NATO, né con Gheddafi”, che è come dire: meglio che me ne resti in casa perché non voglio compromettere il mio comodo posto di cittadino di una potenza imperiale, non voglio smettere di far parte di questa “civiltà” colonizzatrice, eurocentrica e pirata che è sempre stata. E per non dirlo, mi do alla critica dei regimi “non perfetti”, senza analizzare i processi ma le rivoluzioni in astratto, il carattere dei governanti invece che le forme del governo e infine appoggio col mio silenzio e la mia complicità gli affari del capitale finanziario-militare della NATO.
Peccato. La cosiddetta “sinistra europea” – salvo onorevoli casi che conosciamo tutti, il PCE, Rete Rossa, PCPE – ha fatto una piroetta macabra, scoprendo che Gheddafi non era il rivoluzionario ideale di cui avevano bisogno per aprire la bocca contro il genocidio della NATO, e ha appoggiato la NATO con un discorso di ultra-sinistra che può toccare solo i più puri dei puri, quelli incapaci di capire le contraddizioni di ogni processo, e che mi ha portato a cercare rifugio in quella vecchia tesi marxista per capire cosa stava succedendo: il modo di esistenza determina la coscienza. E si è dimostrata vera un’altra volta.
Si, nella Spagna della NATO, il discorso perverso della purezza e della moralità ha coperto i dibattiti politici, col vecchio trucco della trippa sentimentale. Deplorevole. Comprensibile, perché ancora si difende quell’astratto “stato del benessere democratico” che è quello dell’asino con il prezzemolo davanti, e che dipende dal saccheggio imperiale (Repsol, Sacyr, Endesa, Telefonica, ecc. ecc.) dei popoli del mondo che non godono del “benessere europeo”, che non vogliono “democrazia all’europea” e che lottano per la loro sovranità e per una democrazia diretta, partecipativa e socialista.
Dimenticati i più elementari modelli scientifici – o razionali, almeno – dell’analisi politica, hanno condiviso la costruzione del mostro Gheddafi, tanto necessaria per restare zitti di fronte alle atrocità che la NATO e i suoi mercenari locali – molti di essi addestrati a Guantànamo – stavano commettendo in nome della “ribellione”.
Il copione si è costruito passo per passo. E ogni volta che i media utilizzano la parola “ribelli” coniata per loro dal primo giorno, ho voglia di vomitare. E torna l’immagine iniziale dell’uomo torturato mentre gli altri registrano e massacrano il suo corpo a calci. Che tempi questi! , direbbe mia nonna, sopravvissuta ai pogroms zaristi.
E’ vero, la guerra è crudele; si uccide e si muore. Ma la tortura in diretta e l’allegria per questa tortura creava una distanza incolmabile tra la parola che i media usavano con insistenza e quello che si vedeva con grande chiarezza.
La parola ribellione è bella. Difficile da esercitare, difficile da mantenere, difficile da capire e da assumere come il tratto propriamente umano e porta della conoscenza e della vita che si sceglie. Ribellarsi contro questa putrefazione capitalista è l’unica cosa che qualsiasi persona onesta può e deve fare.
Ma il grado di perversione dell’immagine dell’uomo assassinato da un branco “ribelle” massacrava la parola e mi ricordava la frase di Rosa Luxemburg: “Socialismo o barbarie”, come se ella anticipasse il suo assassinio, come se sapesse già quanto fredde erano le acque del fiume dove gettarono il suo cadavere.
Socialismo: altra parola disgraziatamente rubata e che è necessario recuperare. Perché quello che qui si chiama socialismo è neoliberismo e neocolonialismo: barbarie.
Facciamoci domande sulla immensa spesa militare spagnola nelle guerre neo-coloniali, nell’ampliamento delle basi militari, nell’appoggio incondizionato alle violenze della NATO, mentre tutti i nostri diritti di base vengono tagliati e lo saranno ancora di più.
L’immagine dell’uomo appeso, bastonato, scorticato e filmato è stato l’annuncio di ciò che avrebbero fatto col popolo libico e oggi con l’assassinio del colonnello Gheddafi. Non si sono stancati di mostrare quella immagine pornografica del suo viso insanguinato, per espandere il terrore, il terrorismo degli stati membri di quella mafia finanziaria-militare che si chiama NATO.
Purtroppo neppure durante le assemblee del 15-M è stato possibile raggiungere una condanna dei bombardamenti della NATO, né una condanna del genocidio del popolo libico. E’ qualcosa a cui continuiamo a lavorare. Informando, dibattendo e cercando di creare un movimento di solidarietà internazionale capace di emanciparsi dalle menzogne mediatiche e dalla manipolazione costante.
(Traduzione di Daniela Trollio)
del Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni, (MI)
Mail, cip.mi@tiscalinet.it Sito Web- http://ciptagarelli.jimdo.com
Scrivi commento