Attacco all’Iran, preludio al caos mondiale
di Chems Eddine Chitour; da: legrandsoir.info; 18.11.2011
“Se l’Iran continua con il suo programma di sviluppo della bomba atomica, l’attaccheremo. Le sanzioni non sono efficaci … Un attacco all’Iran per fermare i suoi preparativi nucleari sarà inevitabile”
(Shaul Mofaz, Ministro della Difesa israeliano, giugno 2008)
Il rullare dei tamburi contro l’Iran non è una novità. L’attacco imminente alla Repubblica Islamica aspetta da otto anni, e come dice un militare occidentale: “Da otto anni all’Iran manca un anno per mettere a punto la bomba atomica”. Questo preambolo è solo per mostrare, una volta di più, uno scenario già visto.
Periodicamente si tira fuori il problema iraniano e si mobilitano gli ingranaggi della macchina per satanizzare l’Iran. Questa volta il fosco ruolo di lanciafiamme è stato affidato all’attuale direttore dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA).
Nel corso dell’anno e insistentemente i campanacci contro l’Iran sono diventati la musica di fondo. Nessuno discute del perché Israele non ha mai voluto firmare il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, di cui si prendono allegramente gioco i suoi creatori (Stati Uniti e Francia), fino al punto di non permettere visite alle sue installazioni. Israele possiede un arsenale nucleare impressionante. El Baradei, che fu autorizzato a vedere da lontano la centrale, disse “non vedo fumo nella canna della pistola”, così guardò da un’altra parte.
E’ questa l’integrità dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica dopo Hans Blix, che si oppose a Bush rifiutando di avallare l’esistenza delle armi di distruzione di massa in Iraq, dopo la posizione traballante di Mohamed El Baradei e, ora, con l’allineamento incondizionato alle posizioni occidentale del suo attuale direttore generale Yukiya Amano. E’ talmente così che il rapporto AIEA non si basa sulle indagini dei suoi stessi ispettori, che passeggiano in lungo e in largo in Iran, ma su rapporti dei servizi segreti dei paesi occidentali. Inviate anche semplicemente come allegati, queste informazioni sono lì per creare il caos. Nei paesi occidentali non ci si chiede neanche perché l’Occidente appoggiò al principio lo Scià per l’installazione di energia nucleare civile tanto che, sotto il governo di Valéry Giscard d’Estaing, l’Iran diventò azionista di Eurodif e la società tedesca Siemens cominciò a costruire la centrale. Perché, dopo la rivoluzione iraniana, c’è stata una giravolta di 180°? Bisogna impedire che il paese dei mullah disponga di tecnologia nucleare, anche se per uso civile come continuano a sottolineare gli iraniani.
Sono stati necessari 35 anni perché, nonostante tutti i blocchi relativi ai combustibili, la centrale di Bouchehr partisse nel febbraio 2011 e cominciasse a produrre elettricità con combustibile, al momento russo, che gli iraniani voglio produrre concentrando l’uranio natura. Per questo ci vogliono le centrifughe
Israele è minacciata?
Se la si considera seriamente, questa questione fa ridere. Senza alcun dubbio Israele è il quinto esercito al mondo in termini di operatività, e soprattutto di guerra tecnologica. Dispone di più di 200 bombe atomiche che sono là più per dissuadere che per essere lanciate e produrre i danni che tutti conosciamo.
Grazie alla Francia, Israele ha installato una copia perfetta del programma nucleare francese. Simon Peres, attuale Presidente israeliano, aveva un ufficio al Ministero della Difesa all’epoca del governo di Guy Mollet. Poi Stati Uniti passarono in testa, specialmente dopo la frenata decisa dal generale De Gaulle. In fine, toccò alla Germania, in nome del suo inestinguibile debito (riferimento al nazismo, n.d.t.), che equipaggiò l’esercito israeliano di sottomarini nucleari Dolphins (due gratis e l’altro sovvenzionato per un terzo).
In queste condizioni non si può affermare che Israele è minacciato. L’Iraq, che costituiva una minaccia, vide il suo reattore nucleare di Osirak ridotto in cenere, proprio dagli israeliani. Poi Israele lo demolì completamente ed è stata necessaria una generazione per recuperare il suo livello di 20 anni fa.
Ironia della storia, il 16 marzo dell’anno 597 a.C. Gerusalemme cadde in mano a Nabuccodonosor. Il potente re di Babilonia ricevette la sottomissione del regno di Giudea e deportò la famiglia reale e l’élite ebraica nel suo paese, tra i fiumi Eufrate e Tigri (l’attuale Iraq). Nell’anno 587 a.C., dopo un’ultima rivolta, tutta la popolazione di Gerusalemme fu inviata in Mesopotamia e il prestigioso Tempio di Salomone fu distrutto.
Nessun paese del Medio Oriente può essere paragonato a Israele in caso di guerra-lampo. L’Iran è un’altra cosa, è un paese “di peso” che ha 80 milioni di abitanti “formati” che, secondo la grancassa della propaganda occidentale, vanno avanti. E’ un paese tecnologicamente avanzato in tutti gli ambiti. La storia dimostra che l’Iran non ha mai aggredito i suoi vicini. Nell’anno 537 a.C. quando Ciro, re di Persia, conquistò Babilonia, una parte degli ebrei ritornò in Palestina per ricostruire un secondo tempio, restando sempre sotto tutela dei persiani. Si potrebbe dire che Israele non dimentica nulla e fa i suoi conti 2.500 anni dopo?
Al di là della distrazione che può provocare la fuga in avanti con lo scatenamento di un conflitto, sembra che il tandem Obama-Netanyauh, al contrario di quanto di pensa, si capisca bene e potrebbe realizzare il sogno di un Grande Medio Oriente, finendo il lavoro di Bush.Dopo Iraq e Afganistan, rimane l’ “osso duro”, quello che può bloccare lo stretto di Ormuz, l’arteria di scorrimento del petrolio, quello che impedisce il saccheggio e si permette l’insolenza – al contrario dei reucci del Golfo insediatesi in vecchie epoche che si mettono nelle loro mani e non usano il loro cervello – di lottare in forma scientifica e tecnologica andando a marce forzate verso lo sviluppo. L’Iran, in alcun luogo, parla di attaccare gli ebrei, le parole di Ahmadineyad non hanno mai confermato le interpretazioni delle agenzie che hanno volontariamente distorto le sue dichiarazioni.
Una volta di più ecco la scalata di dichiarazioni guerrafondaie tra Israele e la Repubblica Islamica. Il primo Ministro Benjamin Netanyauh ha dichiarato, lo scorso 31 ottobre alla Knesset, che l’Iran costituisce una minaccia non solo per Israele, ma anche per il resto del mondo. Da parte iraniana, il governo si difende affermando che il suo programma nucleare è totalmente civile. Il presidente Mahmud Ahmadineyad ha dichiarato l’8 novembre scorso che “l’Iran non ha bisogno della bomba atomica”, ma che “non indietreggerà mai” davanti agli occidentali. “E’ un rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica o un dettato statunitense a Yukiya Amano” si chiede un giornale di Teheran. Secondo il quotidiano The Guardian, il ministero della Difesa britannico starebbe preparandosi a partecipare a un eventuale attacco militare statunitense all’Iran. Gli Stati Uniti potrebbero “passare rapidamente all’azione” contro le installazioni iraniane vulnerabili.
La guerra segreta
Si sa che gli occidentali hanno cercato di bloccare il programma nucleare iraniano. Il virus informatico Stuxnet, famoso per aver provocato il blocco di un quinto delle centrifughe atomiche installate da Teheran, era stato sviluppato da Israele e Stati Uniti. “Siamo in guerra con l’Iran. La maggior parte di questa guerra è segreta. E tutte e due le parti hanno interesse che resti segreta”, affermava martedì Efraim Halevy, ex direttore del Mossad, il servizio di intelligence israeliano, invitato al Center of Political and Foreing Affairs (CPFA). Infettando un software Siemens utilizzato dal programma, il virus ha sabotato il funzionamento delle centrifughe iraniane che producevano uranio arricchito. Dopo una rapida progressione delle attività di arricchimento nel 2007 e nel 2008, i lavori nucleari iraniani hanno rallentato (1).
Il rapporto dell’AIEA mostra chiaramente che la marcia iraniana verso la bomba atonica, rallentato nel 2010 dal virus Stuxnet, attualmente viene mantenuta attraverso nuove centrifughe che permettono di produrre più uranio arricchito e ha recuperato il ritmo della crescita. Il programma è già tanto avanzato che alcuni esperti stimano che il regime iraniano possieda le conoscenze, la tecnologia e le risorse sufficienti per assemblare una o due bombe atomiche in pochi mesi, se così decidesse. Anche le operazioni segrete attribuite al Mossad hanno rallentato notevolmente il programma: almeno tre scienziati atomici iraniani sono stati misteriosamente assassinati negli ultimi due anni; lo strano virus informatico Stuxnet ha danneggiato le centrifughe che producevano uranio arricchito e inoltre alcune misteriose esplosioni hanno sabotato le installazioni sotterranee iraniane nell’ottobre 2010.
Le ragioni delle minacce
Sembra che Barack Obama non desideri un’avventura militare prima delle elezioni del novembre 2012. Secondo il giornale iraniano Mardomak,”gli israeliani moltiplicano gli avvertimenti a Teheran e sembrano sul punto di passare all’azione (…) Da parte sua Ehud Barak, il Ministro della Difesa israeliano ha ricordato che Israele non può permettersi il lusso di affrontare un Iran nucleare (…) L’evocazione del piano di attacco militare all’Iran arriva nello stesso momento dell’annuncio della ritirata totale dei 39.000 soldati statunitensi in Iraq (…) Teheran ha sempre tenuto che la presenza delle forze di occupazione su suolo iracheno finisse con la firma di un patto di sicurezza tra Bagdad e Washington e con l’installazione di basi militari statunitensi permanenti alla frontiera iraniana (…) Sembra che Nouri Al-Maliki, il Primo Ministro iracheno, si opponga a qualsiasi prolungamento della presenza militare statunitense in Iraq. La ritirata totale delle forze militari statunitensi non solo tranquillizzerebbe l’Iran rispetto alle sue frontiere con l’Iraq, ma anche promuoverebbe i suoi sforzi per colmare il vuoto militare e di sicurezza iracheno (…)” (2).
“Per gli statunitensi e gli israeliani, un Iraq alleato con Teheran offrirebbe all’asse Iran-Siria un vasto territorio esteso da Teheran alle sponde del mediterraneo. Una tale prospettiva rappresenterebbe una autentica sfida agli Stati Uniti e a Israele nella regione. Oltretutto, la resistenza di Bachar El-Assad al fronte della Siria e la prospettiva di non riuscire a rovesciarlo in breve tempo rafforzano l’idea di un attacco all’Iran. Il regime di El-Assad dipende essenzialmente da Teheran sul piano economico, politico e militare. Di conseguenza la sua caduta richiede in primo luogo l’indebolimento dell’Iran e la formazione rapida di un fronte contro la Siria, costituito dalla Turchia e dagli Stati arabi del Golfo Persico con l’Arabia saudita alla testa. Per questo un attacco militare all’Iran servirebbe non solo a diminuire l’influenza della Repubblica Islamica nella regione, ma anche ad accelerare il rovesciamento del regime siriano. Oltretutto, un simile attacco potrebbe distruggere il programma nucleare iraniano, o almeno rallentarlo” (2).
Un’altra ipotesi probabile è quella di una campagna di intossicazione a lungo periodo. Di fatto, con il rapporto dell’AIEA, gli occidentali vorrebbero arrivare ad un indurimento delle sanzioni all’Iran. Questa volta si scagliano contro la banca Centrale iraniana, che vorrebbero isolare dal resto del mondo in modo da paralizzare l’economia. La Commissione sugli Affari Esteri del Senato statunitense ha deciso di proporre al Congresso una legge in questo senso. Così l’operazione di intossicazione avrebbe come obiettivo suggerire ai russi, ai cinesi e ai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che, se continuano ad opporsi all’adozione di sanzioni contro la Banca Centrale iraniana nel Consiglio di Sicurezza, i colpi saranno inevitabili, davvero inevitabili. (3).
Il giornalista Peter Symonds (**) ci dice che questa volta “sarà seriamente”: “Gli articoli apparsi sui giornali britannici Telegraph e Guardian mercoledì 2 novembre rivelano preparativi militari di Stati Uniti e GranBretagna per un attacco all’Iran che vanno molto al di là degli scenari abituali. Fondamentalmente i preparativi per la guerra contro l’Iran non sono più motivati dall’inquietudine sul suo programma nucleare di quanto le invasioni dell’Afganistan e dell’Iraq lo fossero per “il terrorismo” e “le armi di istruzione di massa”; o il bombardamento della Libia da parte della NATO per “proteggere la popolazione libica”. Gli USA si sono temerariamente buttai in una guerra via l’altra nel decennio passato, in un disperato tentativo di compensare il loro declino economico, proiettando la loro egemonia sulle regioni ricche di energia del Medio Oriente e dell’Asia centrale” (4).
Non sappiamo quale sarà la reazione di russi e cinesi, che non vogliono vedere fare e disfare quello che hanno messo in cammino pazientemente, il patto asiatico. Soprattutto perché la caldaia afgana bolle ancora, con il Pakistan immerso in un’atmosfera di insurrezione. E’ questa l’opinione di Peter Symonds, che scrive che sotto l’influenza della crisi c’è una fuga in avanti: “(…) Lungi dall’agire come freno, l’aggravamento della crisi economica mondiale spinge l’imperialismo statunitense a utilizzare la sua potenza militare per consolidare i suoi interessi economici e strategici a spese dei suoi principali rivali europei e asiatici. E’ questa la logica tortuosa che giace sotto la fretta di attaccare l’Iran,considerato a Washington il principale ostacolo alle ambizioni statunitensi in Medio oriente e la ragione principale del suo fallimento in Iraq e Afganistan. Oltretutto, come nel caso della Libia, una guerra portata avanti dagli Stati Uniti contro Teheran minerebbe seriamente i notevoli interessi economici di Cina e Russia in Iran, così come i loro sforzi per forgiare relazioni strategiche più strette” (4).
La fissazione sulle bombe atomiche si deve più all’orrore di Hiroshima e Nagasaki che alla ragione.
Le nuove armi sono molto più pericolose ed efficaci. Tutte le bombe progettate dai paesi occidentali, specialmente quelle al fosforo e all’uranio impoverito, le bombe GBU di cui dispongono Israele e gli Stati Uniti, a cui vanno aggiunti i droni, autentici depredatori, e la guida via satellite, ci danno un’idea delle guerre attuali che si combattono, specialmente in Afganistan, a Gaza e in Libia.
L’ultima parola spetta ancora a Peter Symonds: “Mentre il capitalismo mondiale esita tra una crisi politica ed economica e un’altra, la rivalità tra le principali potenze per i mercati, le risorse e l’ottenimento di vantaggi strategici minaccia di sprofondare l’umanità in un conflitto catastrofico che devasterebbe il pianeta”.
Non c’è altro da aggiungere.
(*) Professore dell’Ecole Polytechnique di Algeri e giornalista.
(**) Giornalista di Sidney, scrive per il World Socialist Web Site e collabora con Globalresearch
(2) Mahmoud Kiyan-Ersi Mardomak «Frapper maintenant ou jamais», http://www.courrierinternational.com/article/2011/11/08/frapper-maintenant-ou-jamais
(3) http://globe.blogs.nouvelobs.com/archive/2011/11/03/les-etat...
(4) Peter Symonds, http://www.wsws.org/francais/News/2011/nov2011/iran-n07.shtm...
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto San Giovanni)
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u=25472 (lunedì, 06 maggio 2013 05:28)
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