GRECIA

La crudele agonia greca

di Juan Torres Lòpez (*); da: rebelion.org, 2.3.2012

 

In Europa stiamo assistendo ad un autentico sacrificio. La lenta agonia a cui stanno sottomettendo i cittadini greci non ha altra ragione se non salvare i bilanci delle banche europee per poi iniziare una nuova fase di conquista del capitale privato in tutta Europa.

 

Come è logico e come c’era da aspettarsi, il sacrificio si maschera con belle parole e argomenti per far credere che in realtà ciò che si porta a termine è il “riscatto” della Grecia per evitare il suo inevitabile affondamento. Ma niente è più lontano dalla realtà.

 

Se già non fosse stato chiaro prima, il cosiddetto “secondo salvataggio” greco ha messo in evidenza una volta di più la vera intenzione delle autorità europee. Si diffondono menzogne con l’intento di confondere, ma i dati contraddicono la propaganda ufficiale. Nessuna delle misure di austerità messe in atto già da due anni da parte del governo greco, su richiesta delle autorità europee e internazionali, ha funzionato. Ed era prevedibile, perché in realtà non si cercava il suo recupero né si poteva conseguirlo in alcun modo; l’economia greca ha continuato ad affondare, anche se ora più clamorosamente: l’attività è diminuita del 14% da quando c’è la crisi, cosa che dimostra che i tagli non sono un rimedio davanti alla recessione economica.

Ed è logico. E’ vero che la Grecia si portava dietro da prima un problema di debito pubblico - tra l’altro per la corruzione della dittatura dei colonnelli, delle imprese che hanno lucrato sulle Olimpiadi e per le truffe di Goldman Sachs, guidata allora in Europa dall’attuale governatore della Banca Centrale Europea (Mario Draghi, n.d.t.) - che ha fatto sì che l’incidenza straordinaria della crisi finanziaria causata dalla banca internazionale fosse ancora più grave in questo paese. Come è successo in altri paesi, il governo greco ha dovuto affrontare un grande debito pubblico supplementare mentre diminuivano le sue entrate pubbliche, quale effetto del brusco arresto dell’attività economica, che ha dato origine alla recente spirale di indebitamento.

 

La situazione si sarebbe potuta risolvere facilmente nei primi momenti: si trattava di un debito tra i 40.000 e i 50.000 milioni di euro, circa venti volte meno di quello che i governi di Germania e Francia hanno impiegato per salvare le loro banche private. E circa cento volte meno del totale speso in Europa a questo scopo. Cioè si trattava di una quantità molto piccola in confronto a quella che è stata dedicata al salvataggio degli interessi privati (con la differenza, inoltre, che erano questi ad aver provocato il danno ed era il popolo greco che ne soffriva, per quanto ora si dia la colpa del debito alla corruzione “al dettaglio”, che è vero che è abbastanza diffusa in Grecia).

 

Per affrontare con successo il problema del debito (altra cosa è farla finita con i fattori strutturali che lo provocano), con quasi assoluta certezza sarebbe bastato che la Banca Centrale Europea se ne fosse fatta carico, negoziando con il governo greco la sua restituzione in tempi ragionevoli, dopo aver determinato quale parte di questo debito era “odioso”, cioè imposto al popolo greco senza il suo consenso. E che, nello stesso tempo, si fosse messo in moto, sempre con l’appoggio di Bruxelles e della BCE, un piano di appoggio all’economia per ritrovare un modello di crescita e rigenerare le capacità di creazione di entrate nell’economia ellena.

 

E’ vero che questo cambio di direzione avrebbe richiesto di riconfigurare tutto il modello europeo di crescita - caratterizzato dall’esistenza di forti squilibri commerciali interni e da uno spettacolare incremento della diseguaglianza nazionale in tutti i paesi – e di mettere in campo piani di stimolo pubblici che avrebbero richiesto un nuovo sistema fiscale più giusto e progressivo. Ma questa era esattamente la pre-condizione per salvare anche il resto delle economie colpite dalla crisi e quella europea nel suo complesso.

 

Il problema, naturalmente, consiste nel fatto che un cambio di questa natura non è neutro dal punto di vista della distribuzione della rendita e del potere, perché presuppone di colpire molto seriamente i privilegi e i profitti delle banche e delle grandi aziende europee e, in particolare, della banca tedesca. Incapaci di affrontare queste ultime, e nonostante fosse evidente che qualsiasi altra condotta avrebbe condotto all’affondamento definitivo della Grecia - in primo luogo, e degli altri paesi in seguito - le autorità europee hanno deciso di intervenire in Grecia con un unico principio morale e con una sola strategia economica: la banca viene prima di tutto.

 

E’ stato questo che ha portato a lasciare il finanziamento del debito greco in mano alle banche. Così, grazie ai pettegolezzi filtrati dalle banche stesse e a volte dalle autorità stesse per far salire artificiosamente il rating del rischio greco, il debito è diventato progressivamente e scandalosamente sempre più costoso fino ad arrivare alla situazione attuale, fornendo contemporaneamente succulenti profitti a banche e speculatori di ogni tipo.

Una spirale irrazionale e quasi diabolica: la banca provoca la crisi e genera il debito e la stessa banca si incarica, con un debito più grande, di imporre il pagamento ogni volta più oneroso a costo di distruggere la generazione di entrate che possano pagarlo.

 

Per sottolineare il principio che i debiti devono essere pagati al di là di tutto, anche indipendentemente dalla forma in cui sono nati e dalla responsabilità di chi li ha provocati, le autorità europee non hanno avuto dubbi in questi ultimi anni nell’imporre alla Grecia misure di risanamento tanto brutali quanto inadeguate anche rispetto all’obiettivo del pagamento del debito che dicevano di perseguire: tagli a stipendi e salari e delle spese sociali o privatizzazioni che hanno distrutto il tessuto industriale e milioni di posti di lavoro, provocando la diminuzione delle attività e delle entrate, oltre che un incremento impressionante della povertà e delle sofferenze sociali di ogni tipo. Questo sì, anche aumentando l’acquisto di armi dalla Francia, dall’Italia o dagli Stati Uniti, mentre i governi di questi paesi imponevano a quello greco di abbassare ancor più il salario minimo.

 

Obbligando la Grecia ad indebitarsi ancor di più sui mercati per rifinanziare il suo debito pubblico, risulta chiaro il disegno tanto assurdo quanto oneroso di una unione monetaria che rinuncia a disporre di un’autentica banca centrale per concedere invece privilegi alle banche private.

Qualcosa che non si può considerare un semplice errore ma la conseguenza tragica della complicità tra autorità politiche e poteri economici e finanziari che si sta stabilendo in Europa.

 

Quello che sta succedendo è talmente irrazionale che, nel voler salvaguardare fino all’ultimo euro del profitto bancario, si arriva a perturbare l’equilibrio finanziario di cui le banche stesse hanno bisogno per continuare a guadagnare denaro.

 

Come sappiamo, le banche oggi si trovano quasi completamente de-capitalizzate in conseguenza della crisi prodotta dall’accumulazione massiccia di spazzatura finanziaria degli ultimi anni. Da qui consegue che la Banca Centrale Europea (trasformata in finanziatrice delle banche private invece di esserlo dei governi, come deve fare qualunque banca centrale) deve fornire a queste tutto il denaro di cui hanno bisogno.

Così nella Banca Centrale Europea si da il via all’1% perché le banche private finanzino la Grecia a tassi di interesse molto più elevati (1).

Ma, come conseguenza di tassi così alti che provocano le pressioni della stessa banca, e delle politiche imposte dalle autorità che la difendono, il rischio di non pagamento è ogni volta più alto. Così alto che sicuramente la banca dovrà rinunciare a riscuotere una buona parte del debito. Cosa che porta la Banca Centrale Europea a intervenire ma, invece che salvando la Grecia, salvando nuovamente la banca privata, comprando titoli ad alto rischio nel cosiddetto mercato secondario, cioè spostando di nuovo i rischi dalle banche private a se stessa.

 

E’ così che le autorità europee permettono che le banche private facciano affari d’oro sulla pelle del popolo greco. L’obiettivo non è altro che rendergli facile il risanamento dei bilanci senza smettere di ottenere pingui profitti con il denaro della banca centrale, con la fonte inestinguibile di debito che nasce dalla Grecia (perché le autorità le impongono di indebitarsi per pagare il debito) e con gli acquisti della Banca Centrale Europea.

Un affare bello e buono perché il conto lo paga un altro: il popolo greco.

 

L’operazione è crudele al massimo grado. Perché il piano funzioni bisogna succhiare tutto il profitto possibile dal debito della Grecia ma bisogna farlo evitando che il sistema finanziario europeo collassi (cosa che potrebbe succedere se l’economia greca giunge alla completa estenuazione e smette di pagare del tutto), per cui è necessario che la Grecia agonizzi (facendo salire al massimo il suo tasso di rischio) ma senza perdere del tutto la vita.

La Banca Centrale Europea e l’Unione Europea sono coloro che si incaricano di sostenere il sottile filo di vita finché si reciterà l’atto finale del piano che consisterà, molto probabilmente, in un terzo “salvataggio” greco. Anche se allora, probabilmente, colpirà tutti i titoli che la BCE ha comprato dalle entità finanziarie.

 

Allora la Grecia sarà liberata dal peso del debito, ma solo dopo aver lasciato estenuate la sua economia e la sua società, e là potrà cominciare la battaglia, comune ad altri paesi europei, che il capitale privato europeo deve vincere: smantellare completamente i settori pubblici e modificare profondamente la disciplina economica.

 

Non si tratta di dare consigli a nessuno, ma sarebbe meglio per i greci dare un colpo definitivo ed essere disposti ad abbandonare la roulette russa a cui li hanno obbligati a giocare, rifiutando il debito e uscendo fuori dall’euro, se necessario. Passeranno anni duri, ma forse non peggiori di quelli che li aspettano dentro.

E altri paesi, come il nostro, dovrebbero prenderne nota. La Grecia non soffrirà da sola.



(*) Professore di Economia Applicata all’Università di Siviglia, scrittore e membro del Consiglio Scientifico di Attac Spagna.
(1) L’autore si riferisce qui al fatto che la BCE ha prestato in questi giorni più di mezzo bilione di euro a 800 tra banche e entità finanziarie della zona euro, a condizioni di interesse molto favorevoli (l’1%) con un termine di restituzione di tre anni.

 

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto San Giovanni)

 

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