Elezioni 2012
Vince il Movimento 5 Stelle, perdono tutti
gli altri partiti. PdL, Lega e IDV dimezzati
di Michele Michelino
L’analisi del flusso elettorale evidenzia una sonora sconfitta per tutti i partiti. Rispetto al 2010, tutti hanno perso in favore delle liste civiche e per alcuni c’è stato un vero tracollo.
Il Pdl ha perso 175mila voti (-44,8) la Lega ha perso 145 mila voti (-67%), l’Idv 55mila (-58%), il Pd 91mila (-33%), Sel e Federazione della Sinistra ne hanno persi 12mila (-16%).
I ballottaggi delle amministrative 2012, che hanno chiamato al voto 3.463.826 elettori in 100 comuni italiani, hanno dato un altro colpo alla democrazia delegata borghese.
Dai dati parziali limitati ai comuni sopra i 15000 abitanti dove si è votato, (a parte singoli casi, Palermo e Parma e le Regioni a statuto speciale) per i quali conta la personalità dei singoli candidati sindaci e dalle liste civiche, l’affluenza - secondo quanto comunicato dal sito del Ministero dell’Interno - ha subito un calo della percentuale dei votanti del 13,98 % rispetto al primo turno, passando dal 65,36% al 51,38%.
Il calo più vistoso è quello della Lega Nord che passa dal 10,03% delle regionali del 2010 al 2,4% con una perdita di quasi 8 punti. Il PDL passa dal 28,4% al 12,2%, un vero tracollo. Anche il PD, nonostante abbia fatto il pieno dei sindaci (insieme ai suoi alleati), passa dal 25,3% al 15,7%. Anche Sel (che piazza alcuni canditati vincenti come a Genova), e Federazione della Sinistra perdono consensi, FdS è intorno al 2,5%. L’IDV, a parte il successo personale di Orlando a Palermo, perde quasi la metà dei voi. L'UDC passa dal 5,6% al 6% a scapito dei suoi alleati (Rutelli –Fini), mentre il Movimento Cinque Stelle, unico vincitore di queste elezioni, passa dal 3,6% all’8,3%.
Il distacco della politica e dalle istituzioni borghesi dagli interessi proletari ha raggiunto i massimi storici e in queste elezioni amministrative. L’unico vincitore è il Movimento 5 stelle. Tutti i partiti sono stati puniti. La Lega ha perso tutti i ballottaggi, il PDL ne è uscito a pezzi e il PD non sta per niente bene.
Il dato più significativo è rappresentato dall’astensione, in aumento ovunque: metà degli italiani non ha votato. In alcuni comuni “storici” per la sinistra come Sesto San Giovanni nei ballottaggi l’affluenza alle urne ha raggiunto il minimo storico del 39,37%, mentre anche a Genova ha votato meno del 40% degli aventi diritto al voto.
Nella democrazia rappresentativa parlamentare, i rapporti fra minoranza e maggioranza, che mascherano la dittatura del grande capitale, sono foglie di fico destinati a cadere nella crisi.
La crisi ha cambiato la composizione delle classi sociali. Molti elementi delle classi superiori e degli strati intermedi sono stati spinti verso il proletariato.
I partiti che rappresentano la borghesia implicata negli scandali e nelle ruberie, divisa in entrambi gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra, basate su alleanze di un periodo precedente, non riescono più a essere credibili ed egemoni.
Il governo Monti può rappresentare e tutelare gli interessi della finanza, delle banche e della grande industria, ma questo avviene a scapito non solo del proletariato, ma anche di settori sempre più estesi della piccola e media borghesia, che continuano a impoverirsi con le misure prese sui salari, sulle pensioni, con l’aumento delle tasse; settori che non si riconoscono più nei loro partititi di riferimento, oggi sostenitori di questo governo.
La borghesia imperialista con le chiacchiere non può più risolvere i problemi di chi non riesce più a mettere insieme il pranzo con la cena. L’acuirsi della crisi ha determinato il non voto e la mobilità degli elettori.
Gli elettori scontenti, non sentendosi più rappresentati dai vecchi partiti o non sono andati alle urne, o hanno votato il Movimento 5 Stelle, in particolare gli “indignati” della piccola borghesia, ma anche operai. La crisi economica ha causato un grande aumento della disoccupazione (circa 2 milioni) e questo ha portato un rimescolamento fra le classi sociali con soggetti che sono in cerca di una nuova rappresentanza politica, mettendo in crisi i vecchi partiti.
In Europa le borghesie degli stati nazionali (Germania, Francia, Italia ecc) esaltano il nazionalismo, il patriottismo, l’europeismo, nel tentativo di unire i proletari intorno ai loro padroni.
Il vecchio ciclo del capitale ormai si è esaurito. Il relativo benessere frutto della precedente epoca su cui poggiava la politica riformista, si è frantumato e con esso il riformismo.
La crisi acuisce i contrasti e la lotta fra le classi, la Grecia è solo la punta dell’iceberg.
Nella società capitalista gli sfruttati, gli operai disorganizzati che in periodo di relativo “benessere” tendono a riconoscersi in chi dà loro il lavoro, scambiando gli sfruttatori per benefattori oggi fanno i conti con la dura realtà. Istintivamente non si sentono più rappresentati dai vecchi partiti, ma non hanno ancora la coscienza di sentirsi appartenenti alla stessa classe sociale, con gli stessi interessi immediati e futuri, antagonisti a quelli dei loro padroni e non sentono ancora la necessità di dotarsi di nuove organizzazioni politiche e sindacali capaci di condurre una seria lotta di classe imponendo nuove forme di organizzazione.
I proletari senza una rappresentanza politica indipendente dal capitale, senza un loro partito, sono al carro di altre classi sociali, sottomessi alla classe borghese. Oggi serve un partito proletario che si batta contro il governo Monti e l’Unione Europea, contro il capitalismo e l’imperialismo. Non basta sostituire alla guida della società capitalista, i ladri con gli onesti, bisogna combattere il sistema capitalista causa della miseria per la stragrande maggioranza degli abitanti della terra. Ci vuole un partito della classe operaia e proletaria che dichiari apertamente di battersi per la distruzione della società capitalista e per il socialismo, per una società dove si produca per soddisfare i bisogni degli esseri umani e non per i profitti dei capitalisti.
Anteprima della rivista “nuova unità”
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