La battaglia delle idee
di Katu Arkonada (*); da: surysur.net; 20.6.2012
Battaglia di idee non significa solo principi, teoria, , conoscenze, cultura,
argomenti, replica e contro-replica, distruggere le menzogne e seminare verità.
Significa fatti e realizzazioni concrete.
Fidel Castro
Gli anni ’90 furono anni decisivi per la sinistra in generale, e quella europea in particolare. La caduta del Muro nel 1989 e la pubblicazione di La fine della storia e l’ultimo uomo di Francis Fukuyama, che annunciava la fine delle ideologie e l’entrata in un mondo post-politico senza ideologie, hanno sprofondato la sinistra in generale in una crisi senza precedenti, crisi da cui la sinistra europea non è ancora uscita.
Il capitalismo ebbe così la strada sgombra per costruire un’egemonia politica, economica, militare e culturale e, per questo, si dotò di nuovi strumenti, con i mezzi di comunicazione che giocavano un ruolo fondamentale su questo campo di battaglia.
In quegli anni ’90, un mural realizzato dal comitato di Herri Batasuna nel quartiere di San Vicente, Barakaldo, sintetizzava in maniera semplice - ma allo stesso tempo chiara e concisa – qual è il fine ultimo dell’ideologia, riprendendo la frase di Malcolm X: “Se non vi premunite, i mezzi di comunicazione vi porteranno ad odiare gli oppressi e ad amare gli oppressori”.
Oggi – 2012 - ci troviamo in un momento storico in cui l’ideologia dominante governa la maggior parte del pianeta. Ormai non servono più piccoli cambiamenti diretti a riformare il sistema, solo con l’audacia si può pensare a trasformare le cose, perché l’oppressore è ogni volta più efficace, e ci fornisce il colore invisibile della nostra vita quotidiana. Abbiamo bisogno, come dice Perry Anderson, di un’analisi caustica, decisa, se necessario brutale, del mondo quale esso è, senza concessioni alle arroganti richieste della destra, ai miti conformisti del centro e neppure alla devozione benpensante di molti a sinistra.
Le idee incapaci di commuovere il mondo sono anche incapaci di scuoterlo.
Ma questo succede in un momento in cui molti settori della sinistra hanno messo da parte la loro nozione di ideologia. Mentre le élites economiche continuano la loro inarrestabile offensiva, questioni come la lotta di classe vengono relegate su un piano secondario. Mentre i “mercati” definiscono i nostri modi di vita e di produzione, noi cerchiamo di difendere lo Stato del Benessere, una grande frode costruita a costo dello sfruttamento delle persone e delle risorse del Sud.
In definitiva: mentre il capitalismo tira i fili del nostro destino come persone e come popoli, noi abbiamo difficoltà a parlare del socialismo come alternativa.
Allora, cos’è l’ideologia? E’ il processo di produzione di pratiche e di costruzione di un senso comune il cui fine ultimo è la creazione, e soprattutto la legittimazione, delle relazioni di potere. L’ideologia è formata tanto da una rete di idee, teorie e credenze, quanto dall’apparato che sostiene questa trama, la sua apparenza esterna, materializzata negli apparati ideologici dello Stato definito da Louis Althusser.
Lo Stato e il sistema capitalistico dominante si riproducono nella società mediante la religione, l’educazione, l’apparato giurico-politico, i mezzi di comunicazione o la cultura, tra le altre cose.
Il capitalismo, per mezzo dei suoi operatori politici, delle élites economiche nascoste dietro i “mercati”, ha costruito da tempo un sistema che funziona alla perfezione, ma per dotarci di quel colore invisibile nella nostra vita quotidiana, di quella pratica sociale incosciente, ha bisogno dell’ideologia mediante la quale l’oppressore convince l’oppresso che il suo sistema politico e il suo sistema ideologico è il miglior modello a cui si possa aspirare.
Lotta ideologica
La risposta, allora, dobbiamo darla nelle strade, nei centri di studio e di lavoro, nelle istituzioni o nei mezzi di comunicazione e per questo abbiamo bisogno di utilizzare lo strumento egemonica dell’ideologia in maniera contro-egemonica.
Questa battaglia ideologica, che dobbiamo combattere contro le élites che ci governano e contro il sistema capitalista, dobbiamo combatterla su due livelli.
In primo luogo la più grande delle battaglie si fa nei piccoli gesti di ogni giorno, nelle cosiddette costruzioni non-politiche, nella lotta per l’appropriazione di quei concetti che sono vissuti come apolitici, in cui la classe dominante ci impone la sua visione del mondo facendoci credere che sia l’unica possibile.
Il fatto di scegliere il colore delle nostre sbarre non implica alcun tipo di libertà di definire il nostro modello socio-economico, politico o culturale.
In secondo luogo bisogna passare dalla resistenza alla proposta con volontà di potere. Nel caso non fosse già sufficientemente chiaro, il mondo non si cambia più senza prendere il potere. Il sistema può assimilare perfettamente qualsiasi espressione di scontento e di rabbia, se questi non comportano un pericolo alla sua gestione del potere.
Quindi bisogna costruire la resistenza al neoliberismo partendo dall’offensiva che presuppone di costruire un progetto politico con volontà di potere. Un progetto politico che coniughi il sociale, il nazionale e il culturale.
Un progetto politico che identifichi gli interessi di classe con gli interessi della nazione.
In America Latina è stato possibile prendere il potere dal basso e costruire progetti politici nazionali/popolari che hanno aperto la possibilità di processi di cambiamento proprio quando si sono identificati – di fronte all’imposizione neoliberista – gli interessi delle classi popolari, dei settori subalterni, con gli interessi di tutto un popolo, rompendo la visione dello Stato, della società e del modello economico che le classi dominanti avevano imposto.
La crisi strutturale che stiamo vivendo, crisi di modello civilizzatore in fin dei conti, ci ha aperto uno spiraglio per contendere all’ideologia dominante la sua egemonia.
Le opportunità sorgono sempre in tempi di crisi e la sinistra deve prepararsi per questo, riarmandosi ideologicamente e prospettandosi la lotta ideologica come strumento per definire e costruire un senso comune sulla società in cui vogliamo vivere e sul modello socio-economico e politico di cui vogliamo dotarci.
(*) Ricercatore e analista del Centro di Studi Applicati sui Diritti Economici, Sociali e Culturali. Giornalista del quotidiano basco Gara.
(1) Partito politico basco, tra i cui obiettivi c'è la creazione di uno stato socialista che porti prima all'autodeterminazione e poi all'indipendenza dei paesi baschi dallo Stato spagnolo e da quello francese
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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