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Frei Betto
Frei Betto

Io, il Jocker, ho vinto Batman!

di Frei Betto (*); da: surysur.net; 1.8.2012

 

Mi chiamo James Holmes, ma potete chiamarmi l’Uccisore. Ho 24 anni. Sono il cavaliere che esce dalle tenebre. Quando meno se lo aspettava, l’attento pubblico delle avventure di Batman ha visto irrompere, nell’oscurità, la scena reale del sangue e dell’odio. Io, l’Uccisore, faccio la differenza.

 

Mio nonno morì nella guerra del Vietnam. Era specializzato nell’interrare mine nei sentieri delle risaie dove passavano i contadini. Mio zio dice che, grazie all’abilità di mio nonno, più di 500 vietnamiti ebbero il corpo spezzettato dalle mine. E c’è una foto, tra le cose di mio padre, in cui si vedono pezzi del corpo di un vietnamita che volano per aria.

Mio nonno ha avuto sfortuna. Nel chinarsi su una strada per scavare e interrare una mina, cadde in una trappola di aste di bambù. Un buco di due metri. Il suo corpo fu recuperato dai nostri elicotteri. Mio zio contò fino a 18 perforazioni. Mio nonno meritò gli onori militari al suo funerale a Denver.

 

Mio padre lottò in Iraq contro i terroristi di Saddam Hussein e di Bin Laden. Ebbe la fortuna di tornare vivo. Portò a casa un vero arsenale di guerra, dando così inizio alla sua incredibile collezione di armi. Tutte legali, come gli altri 242 milioni che circolano negli Stati Uniti.

 

Fin da bambino ho imparato che un vero yankee non ha paura di uccidere. E sa dare il colpo di grazia. Nell’infanzia mi divertivo con i videogiochi di guerra. Sono persino arrivato a vincere il campionato di eliminazione sommaria di bamboline virtuali facendone fuori 42 in meno di un minuto.

 

Mio fratello fa parte delle nostre truppe in Afganistan. Io sono rimasto deluso di non essere stato scelto. Ho cercato di negoziare con la Marina e di andarci al suo posto. Sarebbe un piacere uccidere i terroristi ed i loro complici talebani.

 

Quando l’ho raccontato al mio professore, che faceva parte di una famiglia di guerrieri, e gli ho detto che uccidere una persona mi avrebbe dato più piacere del sesso, lui mi ha suggerito di fare una terapia.

Poi l’ho superato: ho studiato neuroscienze per capire la mente umana. Cercare risposte a domande che ancor oggi mi inquietano. Perché c’è chi si sente colpevole se uccide una persona mentre politici come il presidente Truman, che ordinò di lanciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaky, muoiono con la coscienza tranquilla?

 

Mi chiamo James, come James Bond, e mi sono dato la licenza di uccidere. Mi accusano di essere timido, riservato, recluso e persino repulsivo.

 

In realtà, in quella notte del 20 luglio, io ho voluto sperimentare la stessa voluttà di Charles Whitman, che nell’agosto 1966 fucilò 16 persone all’Università del Texas; di James Hubert, che nel 1984 ne uccise 21 in una trattoria della California; di Pat Sherrill, che nel 1986 ne sterminò 14 in un ufficio postale di Oklahoma; di James Pough, che si prese la vita di 9 funzionari della General Motors in Florida, nel giugno 1990; di George Hernnard che in un caffè del Texas eliminò 23 persone nell’ottobre 1991; di John Muhammad e Lee Malvo che, con i loro rifles, ne abbatterono 10 nell’ottobre 2002, a Washington DC; di Cha Seung-Hui, che nell’aprile 2007 sterminò 33 studenti e professori all’Università di Virginia Tech.

 

Non sono un assassino. Assassinio è quando se ne ammazza uno o, al massimo, due. E’ mattanza quando si tratta di mezza dozzina. Sterminio: una dozzina. Guerra: migliaia.

 

Sono uno sterminatore del presente. Il mio sogno è la guerra.

E’ legale, trasforma gli uccisori ini eroi e muove l’industria. Questo è un prodotto genuino di esportazione made in USA: la guerra. Protetta dalle più solenni convenzioni.

 

Vivo in un paese libero, in cui si possono acquistare armi come il pane acquistato all’angolo.

Non ho avuto alcuna difficoltà a comprare due revolvers Glock calibro 40, una carabina Remington 870, un fucile Smith&Wesson AR-15 e, oltretutto, 16.000 pallottole comprate su internet.

 

Le dodici persone che ho sterminato nel cinema Aurora non sono state ancora sufficienti per saziare la mia fame di piacere. Ma sono certo di una cosa: quella notte ho sfidato Batman e l’ho vinto.

 

 

(*) Teologo, scrittore e politico brasiliano.

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)

 

 

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