11 settembre: è successo prima e dopo
di Nazanín Armanian, da: Público.es; 10.9.2012
Diversi terroristi di nazionalità saudita compiono un attentato contro gli USA. Questi riuniscono i loro alleati e, per rappresaglia, attaccano l’Afganistan; lo occupano con 300.000 soldati, equipaggiati con la tecnologia più avanzata per trovare un individuo chiamato Bin Laden.
Ma se Gheddafi lo localizzarono e lo ammazzarono solo un giorno dopo la visita di Hillary Clinton in Libia!!
Gli stessi CSI (1) che appiccicarono la faccia di Gaspar Llamazares (2) al nome del saudita sui manifesti , trovarono i passaporti (fatti di carta) dei terroristi sotto tonnellate di rottami di ferro fuso nell’inferno delle Torri Gemelle. In pochi giorni chiarirono che si trattava di 19 musulmani, 15 dei quali dell’Arabia Saudita (nessun afgano tra loro!) che ricevevano ordini da una grotta in Afganistan. Andarono là a cercare Bin Laden e – zacchete! – lo trovarono 10 anni dopo in Pakistan, stretto alleato degli USA, e invece di catturarlo vivo per portarlo in tribunale lo ammazzarono.
Se non fosse perché in questa tragedia afgana sono morte decine di migliaia di innocenti, il racconto sembrerebbe una storiella umoristica inventata da un burlone.
Cui bono? “A chi serve”? L’invasione e l’occupazione dell’Afganistan obbediscono ad un piano disegnato prima dell’11S, con obiettivi diversi nel corso degli anni
1978: gli USA ricorrono al fondamentalismo religioso per incalzare l’Unione Sovietica nella sua area di influenza: dal nord, attraverso Giovanni Paolo II, un Papa nato in Polonia – paese ultracattolico - e dal sud, attraverso i Mujahidin e in Afganistan. Tutti e due paesi governati da comunisti. Lech Walesa e Bin Laden porteranno a termine questa missione.
1991-2008: con la caduta dell’URSS l’obiettivo di Washington sarà il dominio economico e militare dello spazio lasciato libero dal suo rivale. Dopo aver rovesciato il governo socialista del Dott. Nayib attraverso gli islamisti, gli USA utilizzano l’Afganistan come via di accesso alle grandi risorse naturali dell’ex repubblica sovietica. La compagnia petrolifera statunitense UNOCAL progetta un gasdotto che porterebbe il gas dal Turkmenistan fino al porto pachistano di Karachi, passando per l’Afganistan. Con ciò gli USA vorrebbero diversificare le loro fonti di approvvigionamento di energia, spezzare il monopolio russo su giacimenti e vie di trasporto degli idrocarburi e frenare lo sviluppo dell’economia cinese, che si rifornisce delle risorse di queste terre.
Nel dicembre 1997 la UNOCAL rifiuta ai aumentare la cifra di 100 milioni di dollari all’anno che la banda dei Talebani chiede come pedaggio. L’avidità degli afgani si somma alla loro incapacità di garantire la sicurezza del paese – imprescindibile per costruire la megatubazione – e porta Washington a firmare la loro sentenza di morte. (Il presidente della Germania, Horst Kohler, fu obbligato a dimettersi nel 2010 per aver detto che la presenza delle truppe del suo paese in Afganistan era legata ad interessi economici!).
Nell’agosto 1998 Bill Clinton, in coincidenza con lo scaldalo Lewinsky, ordina di bombardare il Sudan e l’Afganistan, accusando Al Qaeda e i Talebani di essere responsabili dell’attentato contro l’ambasciata USA in Africa. A partire dal 1999 i media occidentali lanciano una campagna contro gli islamisti afgani, trasformando la liberazione della donna dal burka nella grande missione del mondo civilizzato.
Gli USA e i loro alleati sembrano aver fretta: l’orso russo e il dragone cinese si erano uniti nell’agosto 2001, nell’Organizzazione della Cooperazione di Shangai (OCS), con la chiara intenzione di impedire l’entrata degli occidentali nella loro tradizionale zona di influenza.
Il 9 settembre il comandante Massud Shah, che aveva diretto la guerra contro i sovietici, viene assassinato durante un’intervista con una telecamera-bomba.
26 giorni dopo gli attentati dell’11S, una coalizione di 34 Stati aggredisce il penultimo paese più povero del mondo e i suoi 25 milioni di sbrindellati abitanti, ai quali applicherà il castigo collettivo, commettendo un crimine di guerra secondo la Convenzione di Ginevra.
Durante i 21.000 attacchi aerei vennero lanciate 20.000 bombe – comprese le MWS “a carica penetrante” rivestite di uranio impoverito – su un intero paese. Gli attacchi lasciarono migliaia di civili sepolti sotto le macerie, e obbligarono a fuggire dalle proprie case - così come stavano, in ciabatte - un milione e mezzo di persone in quel terribile inverno
Gli obiettivi dell’occupazione erano, oltre a costruire il gasdotto, impedire la riunificazione delle repubbliche ex sovietiche sotto l’ombrello di Mosca, installare basi militari alla frontiera con la Cina e l’Iran e creare una NATO asiatica.
Mentre trasformavano il mondo in una “fattoria vigilata da milioni di telecamere che vendevano come frittelle”, il fabbricante di armi Lockheed Martin moltiplicava per 15 il prezzo delle sue azioni in Borsa e firmava il più grande contratto militare della storia: 200.000 milioni di dollari.
Il bilancio della difesa USA raggiungeva i 450 mila milioni di dollari: un’economia di guerra, in piena regola.
A partire dal 2008, vista l’impossibilità di costruire il gasdotto per problemi di insicurezza (Russia e Iran, esportatori di gas, non avrebbero mai permesso un condotto rivale nelle loro vicinanze), per il presidente Obama la missione principale dell’ISAF sarà di contenere la Cina. Lancerà così il programma di addestramento dei militari afgani da parte della NATO per (afganizzare la guerra) ridurre le sue perdite e perché essi imparino a gestire i loro problemi.
Pessima idea: fino a questo periodo del presente anno, in 30 attacchi, i soldati afgani hanno ucciso 45 addestratori della coalizione.
Invischiati in questa ragnatela, le truppe della NATO – per sopravvivere – dipendono dai camion che arrivano da Pakistan e Russia portandogli hamburgers, acqua, stivali e carta igienica.
Oggi, e nonostante circa 80.000 soldati USA siano ancora là, l’Afganistan per i candidati Obama e Romney è già una guerra dimenticata. Non sanno come uscire dall’imbroglio in cui si sono cacciati e preferiscono non parlarne nei dibattiti elettorali.
(1) Allusione alla serie televisiva statunitense Crime Scene Investigation;
(2) Coordinatore del partito spagnolo Izquierda Unida, il cui viso fu utilizzato per creare l’identikit di Bin Laden.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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