Venezuela, Chavez eletto per il quarto mandato
"Grazie al mio amato popolo, viva Bolivar"
Il leader bolivariano, presidente dal 1999, ha conquistato oltre il 54 per cento dei voti. Lo sfidante Capriles, candidato di un'alleanza delle forze di opposizione, si è fermato poco sotto il 45
CARACAS - Hugo Chavez vince e festeggia il quarto mandato. Il presidente venezuelano uscente ha ottenuto il 54,2 per cento dei voti (7 milioni e 400mila) contro il 45 per cento (6 milioni e 200mila) del suo principale avversario, Henrique Capriles. Chavez ha aumentato il salario minimo, alzato le pensioni, allungato le ferie. La vittoria di Chavez si basa sul consenso popolare, parlando dal palazzo di Miraflores, il presidente rieletto per la quarta volta ha mostrato ai suoi sostenitori la spada del padre della patria, Simon Bolivar, affermando che s'impegna a costruire "un grande Venezuela", "un Venezuela potente ogni giorno più democratico, più libero e più giusto". Poi ringraziato "i dirigenti dell'opposizione" guidati da Capriles, i quali hanno riconosciuto "la vittoria del popolo. Non si sono piegati ai piani di destabilizzazione che alcuni stavano accarezzando". "Viva la patria, viva l'allegria, viva il socialismo, hasta la victoria siempre", ha concluso in un tripudio di fuochi d'artificio. Il nuovo mandato è per sei anni.
Auguri presidente Hugo Chavez
Riportiamo l’articolo pubblicato su questo sito il 1 ottobre 2012 che anticipava la vittoria e spiegava perché Chavez avrebbe vinto.
Io voto per la felicità
di Luìs Britto Gracìa (*) ; da: lahaine.org; 29/9/2012
L’immagine convenzionale del Venezuela è associata ad un insieme di record banali.
E’ il paese che ha avuto più ragazze elette Miss Universo o Miss Mondo.
E’ il paese che, considerato individualmente, possiede le maggiori riserve di idrocarburi sul pianeta.
A queste cifre, il cui merito risalirebbe all’eredità biologica o a quella geologica, si aggiungono altri indicatori soprendenti.
Secondo il Guinness Book Records 2008, più del 55% dei venezuelani intervistati l’anno precedente aveva risposto che era “molto felice”, il che ci colloca nella posizione di paese più felice del mondo. Secondo l’Inchiesta Gallup 2010, il 64% dei cittadini ritiene di star prosperando, cosa che ci trasformerebbe nel quinto paese più prospero del mondo, a parità con la Finlandia e superato solo da Danimarca, Svezia, Canada e Australia.
Secondo l’Happy Planet Index, il Venezuela presenta per il 2010 un tasso di Benessere Sperimentato di 7.5 su 10, il che lo affianca alla Svizzera e lo situa appena di un decimale sotto la Norvegia, ma lo mette prima degli Stati Uniti, che non oltrepassano il 7.16. La cosiddetta Orma Ecologica peggiora un poco la posizione del nostro paese, ma dobbiamo considerare che con questo indicatore si colpevolizza il Venezuela per il consumo di idrocarburi di buona parte del mondo.
La felicità è un’opinione, ma è un’opinione che definisce se la nostra vita vale la pena. Oltretutto, per essere piena deve essere meritata. E’ sospetto un paese a cui il destino assegna un eccesso di belle donne o di energia fossile? Ci siano guadagnati la nostra felicità?
Per lo meno è evidente che non l’abbiamo ereditata. Saccheggiato per trecento anni come Colonia spagnola, spogliato da duecento anni di vita repubblicana, il Venezuela terminò il secolo XX con un debito impagabile, un livello di povertà del 70% e un governo in procinto di cedere la principale ricchezza del paese alle multinazionali e la sua sovranità al Fondo Monetario Internazionale per imporre un Pacchetto Neoliberista.
Per conquistare la felicità bisogna assumere il controllo del proprio destino.
Il popolo venezuelano fu protagonista nel 1989 di una sollevazione di massa contro il Pacchetto Neoliberista, precursore di movimenti simili in America Latina e, più tardi, in Europa. Questa sollevazione delegittimò i partiti che la repressero con un saldo di migliaia di morti, e aprì la strada perchè nel 1998 arrivasse democraticamente al potere Hugo Chàvez Frìas e, nell’anno successivo, fosse approvata con una enorme maggioranza in un referendum popolare la Costituzione Bolivariana. Da allora, il movimento bolivariano ha trionfato in dodici elezioni indiscutibili, monitorate da centinaia di osservatori internazionali che non hanno mai trovato irregolarità significative. L’unica sconfitta è avvenuta in un referendum su una conplessa riforma costituzionale, per l’insignificante differenza di 500.000 voti.
Essere felici è controllare i propri mezzi di vita.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) del Venezuela nel 1998 era l’equivalente di 42.066.487.000 di bolìvares attuali; nel 2011 è di 58.011.931.000. Contribuiscono in modo decisivo a questo incremento la lotta contro la privatizzazione della Petròleos de Venezuela S.A. (PDVSA) e una decisa politica di difesa dei prezzi nell’OPEC (organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio).
Per essere felici bisogna dedicare le entrate al benessere di tutti.
Nel 1988 si destinava solo l’8,4% del Pil alla spesa sociale; nel 2008 le si destina il 18,8%, più del doppio. Tra il 2004 e il 2010 PDVSA apporta in modo diretto l’equivalente di 61.369 milioni di dollari allo sviluppo sociale. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica del Venezuela (INE), dei 547.000 milioni di dollari inhcassati dallo Stato venezuelano negli ultimi anni, il 60% è stato impiegato nell’investimento sociale.
La ricchezza non porta la felicità, ma la miseria nemmeno.
Nel 1996 il 70% dei venezuelani si trovavano in stato di povertà e il 40% in povertà critica; grazie all’investimento sociale verso il 2009 la povertà era scesa al 23% e la povertà estrema al 6%, il che situa il Venezuela nella categoria di terzo paese con meno povertà della regione. L’Indice Gini della disuguaglianza nelle entrate delle famiglie scende dallo 0,4865 del 1998 allo 0,3928, il che ci trasforma nel paese con minor indice di disuguaglianza dell’America Latina capitalista, mentre l’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, che nel 1998 ci situava allo 0,691, per il 2007 ci eleva all’Alto Rango di Sviluppo Umano con lo 0,878. In un solo decennio l’aspettativa di vita dei venezuelani si alza di due anni e la statuta media dei bambini di due centimetri.
Essere felici è lavorare produttivamente ed essere ben pagati per questo.
Una nuova Legge del Lavoro ha restituito ai lavoratori le loro prestazioni sociali, strappategli da un governo neoliberista nel 1966. Il tasso di disoccupazione si situava all’11% nel 1998: scende al 7,95% nel 2009 e al 6% nel 2012. Il salario minimo, facendolo convenzionalmente uguale a 100 nel 1998, si decluplica quasi a 1.224 nel 1010 e con quanto aggiunto dalla Cesta Tickets (1) arriva a quasi 2.199, venti volte di più, superiore alla Cesta Alimentare Normativa che raggiunge il valore di 1.270, e che costituisce il salario minimo più elevato dell’America Latina.
Corpi sani senza menti lucide valgono poco.
Il governo bolivariano ha scartato il progetto di privatizzazione del sistema educativo che lo avrebbe reso inaccessibile alla maggioranza. La spesa educativa è balzata da meno del 3% del PIL di quei tempi al 5,4% nel 2000 e al 6,3% nel 2008. Grazie alla Missione Robinson, il Venezuela alfabetizza 1.678.671 persone nel 2009 e sradica l’analfabetismo. Nel 1990 solo il 39,96% dei bambini frequentavano il prescolare; nel 2008 lo frequentano più del doppio, l’84,8%. Per il 1998-1999 solo il 53,41% dei bambini in età scolare frequentava la scuola iniziale pubblica; nel 2008 lo fa l’84,8%. Non solo si garantisce loro l’educazione gratuita: nel 2008 circa 4.055.135 alunni del sistema di Educazione di Base sono assistiti dal programma di Alimentazione Scolare, un incremento di quasi il doppio dal 1999. Nel 1998 solo il 18% dei giovani erano iscritti nel sistema educativo, nel 2008 lo sono il 42,37%. Nell’ultimo decennio il governo ha creato 15 nuove università; le immatricolazioni universitarie sono decuplicate dalle 894.418 del 2000 ai 2.109.331 del 2009.
In Venezuela studiano 9.329.703 persone: uno ogni tre venezuelani; l’immensa maggioranza delle scuole di tutti i livelli sono pubbliche e quindi gratuite; l’accesso all’educazione è garantito universalmente.
Il piacere di imparare apre la via al godimento dei beni culturali.
Secondo l’inchiesta del Centro Nazionale del Libro nel 2012, l’82% dei venezuelani legge un qualche tipo di materiale; il 50,2% di questi sono libri, che ora sono abbondanti e accessibili, il che ci trasforma nel terzo paese lettore dell’America Latina.
Può sembrare che abbiamo parlato troppo di indicatori economici, sociali e culturali e poco di politica.
Ma cultura, società ed economia sono la sostanza della politica. Con questi precedenti, non devono stupire i pronostici per le elezioni del prossimo 7 ottobre.
L’8 agosto la società di ricerche GIS XXI prevede un 56% a favore di Hugo Chàvez, il 30% per Capriles, il 14% di indecisi.
Il 9 agosto Datanalisis registra un 46,8% a favore di Chàvez, 32,4% a favore di Capriles, 19% di indecisi.
La società Hinterfaces, il 16 agosto, attribuisce il 48% a Hugo Chàvez, il 30% a Capriles Radonski, il 22% di indecisi.
Sono le inchieste più accreditate e presentano cifre diverse, ma tutte con una sostanziale maggioranza a favore di Hugo Chàvez Frìas.
Queste cifre causano una profonda preoccupazione al Dipartimento di Stato.
Il 27 agosto José Vicente Rangel (2) informa che quando i ricercatori hanno comunicato i risultati ai funzionari dell’ambasciata degli Stati Uniti, questi hanno mostrato profondo interesse nel diminuire la breccia “a partire dalla previsione di un evento straordinario, la cui grandezza e caratteristiche non hanno precisato, che potrebbe però ribaltare i risultati finali delle elezioni del 7 ottobre e generare fatti imprevedibili”.
Per un decennio il Venezuela è stato uno dei principali alfieri di una diplomazia multipolare e di progetti di integrazione latinoamericana e caraibica che sfidano l’egemonia statunitense. Un’opposizione legata agli Stati Uniti - che ha cercato di smantellare il progetto socialista democratico con un colpo di Stato, con il tentativo di uccisione del Presidente, con il sabotaggio petrolifero, la serata padronale e il terrorismo – probabilmente cercherà di evitare le elezioni di ottobre o di delegittimare i loro risultati attraverso “fatti imprevedibili” illegali e distruttivi. Forse la misteriosa esplosione dei depositi di gas nella raffineria di Amuay del 26 agosto 2012 realizzava questa profezia.
A me rende triste il fatto che tanta felicità renda infelici pochi, perchè il dispiacere per il bene degli altri ha un nome molto brutto. Diceva il giovane Marx che, per sè, non avrebbe desiderato una felicità che non fosse condivisa da milioni di persone. Nella nostra democrazia abbiamo tutti i diritti, compreso quello di dispiacerci per il benessere degli altri.
La nostra gioia ha imperfezioni, sconfitte, mete da raggiungere.
Ma io voto per la felicità, che ha un sapore migliore quando la si condivide.
(*) Scrittore venezuelano; professore di Scienze Economiche e Sociali all’Università Centrale del Venezuela.
(1) Buoni di Alimentazione, previsti per i lavoratori dalla Legge sull’Alimentazione per tutti i posti di lavoro con più di 20 addetti.
(2) Vice-presidente esecutivo del Venezuela fino al 2007, decorato con la Spada di Bolivar; due volte vincitore del Premio Nazionale di Giornalismo, oggi conduttore di un importante programma televisivo.
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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