Habemus guerra per un altro po’…
di Juan Gelman(*)
Il discorso pronunciato domenica scorsa dal presidente Obama nell’assumere il suo secondo mandato ha irritato i repubblicani ed è stato musica celestiale per le orecchie liberali e progressiste degli USA.
Diretto fondamentalmente a promettere la soluzione dei problemi delle minoranze e della classe media del paese, chissà se quelle orecchie – non proprio sottili – hanno ascoltato bene i pochi riferimenti alla politica estera che il presidente ha fatto scivolare nei 20 minuti del suo intervento.
Quelle parole annunciano che continuerà “la guerra per la democrazia e la libertà” in tutto il mondo.
“Gli Stati Uniti- ha detto Obama – continueranno ad essere il perno di forti alleanze in ogni angolo del pianeta e noi amplieremo le istituzioni che estendono la nostra capacità di risolvere le crisi all’estero, perché nessuno può portare un contributo più grande ad un mondo pacifico se non la sua nazione più potente”.
Tradotta, questa retorica significa che Obama rafforzerà la rete di basi militari che gli USA hanno installato in tutto il mondo. Di fatto il Pentagono ha cominciato a restaurare le basi abbandonate costruite durante la 2° Guerra mondiale seminate in tutto il Pacifico (//defensetech.org, 4-6-12).
Lo scorso mese i marines hanno ricostruito la base aerea dell’isola Tinian e hanno compiuto esercitazioni militari con le truppe statunitensi di stanza nella vicina Guam, nel Pacifico. La Segreteria di Stato rafforza le relazioni con la Tailandia ed altri paesi della regione per aumentare il numero delle sue basi, senza dimenticare quelle abbandonate dopo la sconfitta del Vietnam (www.washingtonpost.com, 22-1-13).
La Casa Bianca si prepara per un possibile conflitto con la Cina per contenere il suo crescente potere economico.
“Appoggeremo la democrazia dall’Asia all’Africa – ha aggiunto Obama – dalle Americhe al Medio Oriente, perché i nostri interessi e la nostra coscienza ci spingono ad agire a favore di coloro che anelano alla libertà”. Non sembra che questo principio verrà applicato al Qatar, all’Arabia saudita, al Bahrein, all’Oman, allo Yemen, al Marocco e ad altri paesi del Medio Oriente dove imperano regimi autoritari. Perché mai….: sono amici degli USA!
Nel suo discorso Obama ha fato una citazione significativa: “Metteremo fine ad un decennio di guerra”, riferendosi senza dubbio alla ritirata delle truppe statunitensi dall’Afganistan nel 2014, senza però precisare quanti soldati rimarranno là.
Bisogna allora chiedersi: ci saranno forse altri decenni di guerra?
Così sembra indicare l’intervista che Leon Panetta, segretario alla Difesa, ha concesso ad ABC News a Bamako, capitale del Mali, lunedì scorso. Gli USA non nascondono più il loro appoggio alle truppe che il presidente socialista francese Francois Hollande ha inviato in quel paese per combattere gli jihaidisti: aerei delle forze aeree statunitensi continuano a trasportare truppe francesi, equipaggiamenti e veicoli blindati sul campo di battaglia. Panetta ha detto che il tipo di assistenza logistica che gli USA forniscono alla Francia potrebbe servire come modello in future azioni militari di sostegno ai loro alleati. “Il nostro desiderio e la nostra capacità di aiutare altri paesi come la Francia permettono di contrastare gli AQIM (Al Qaeda nel Maghreb). Penso che sia il tipo di modello che vedremo applicare nel futuro” (//abcnews.go.com, 21-1-13).
Il capo del Pentagono avverte, forse senza volerlo, su futuri interventi militari degli USA e della NATO in paesi che non si pieghino agli interessi degli USA e dell’Unione Europea.
Il primo ministro britannico David Cameron ha raccolto la bandiera della “crociata antiterroristica”, come fu definita da George W. Bush.
Riferendosi al sequestro degli ostaggi in Algeria, il più sanguinoso in materia conosciuto, ha sottolineato che il fatto è “un duro monito sulla minaccia terroristica in Africa” e “richiede una risposta globale che, più che un mese, durerà anni, anche decine di anni” (www.bbc/news, 20-1-13). .
Parole che fanno eco alle dichiarazioni fatte dall’ex vice presidente Dick Cheney durante l’invasione dell’Iraq.
L’entrata della Francia in Mali è il prologo della strategia militare dell’impero disegnata per dominare ora l’Africa, l’Asia e le Americhe?
In Africa adesso serve come freno all’influenza cinese nel continente nero e in Mali, oltretutto e concretamente, per difendere gli interessi petroliferi e minerari della Francia.
In realtà sono anni che le forze armate USA addestrano gli effettivi maliani e di altri paesi della regione.
Il governo di George W. Bush fondò nel 2005 l’associazione trans-sahariana contro il terrorismo, cui partecipano undici nazioni africane: Algeria, Burkina Faso, Libia, Marocco, Tunisia, Chad, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria e Senegal, con cui gli USA realizzano esercitazioni militari ogni anno (www.globalresearch.ca, 19-1-13).
Domandiamoci di nuovo: si avvicina un altro decennio di guerre?
La guerra non è un’avventura, è una malattia come il tifo – diceva Antoine de Sait-Exupéry.
I governi dei paesi sviluppati dell’Occidente sono malati?
(*) Poeta e scrittore argentino: da: surysur.net; 26.1.2013
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto San Giovanni )
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