Iraq: una menzogna costata milioni di dolori e bilioni di dollari
di Juan Gelman (*); da: surysur.net; 22.2.2013
Si è compiuto un decennio dall’invasione dell’Iraq e non sembra che il terrorismo sia finito in un paese che gli USA e i loro soci della NATO “liberarono” da questa peste.
I mezzi di informazione danno notizia di una decina di attacchi suicidi o con auto-bombe, specialmente a Bagdad e Mossul, ma anche in altre città e villaggi vicini alla capitale.
Quelli principali hanno lasciato un saldo di 65 morti e più di 240 feriti. Nell’insieme, quasi cento morti e un numero indeterminato di feriti. Al Qaeda ha così “celebrato” l’anniversario.
Quell’intervento militare “preventivo” causò la morte di circa 120.000 civili iracheni, quella di 4.800 soldati occidentali, in maggioranza statunitensi, la fuga di cinque milioni di abitanti (www.thelancet.com, 16.3.2013) e fu basato su varie menzogne della Casa Bianca capitanata da George W.Bush: Saddam Hussein aveva relazioni con Al Qaeda e un arsenale di armi di distruzione di massa (ADM).
Il governo USA non si rese conto che non esistevano solo dopo che non furono trovate nel paese invaso. Lo sapeva prima di invaderlo.
“Non vi è dubbio che adesso Saddam Hussein ha armi di distruzione di massa” dichiarò il vicepresidente Dick Cheney nel 2002. Le affermazioni dello stesso tenore si moltiplicarono. Un’inchiesta portata a termine nel 2004 da un comitato della Camera dei rappresentanti stabilì che “il presidente Bush, il vicepresidente Cheney, il segretario Rumsfeld, il segretario Powell e la consigliera alla Sicurezza nazionale Rice formularono 237 dichiarazioni ingannevoli sulla minaccia rappresentata dall’Iraq”. Almeno 61 di queste “travisarono i legami dell’Iraq con Al Qaeda” (www.archmve.org, 16-3-04).
Una inchiesta del Senato realizzata nel 2006 rivelò anch’essa queste falsità (www.empywheelnet, 8-9-06).
Lawrence Wilkinson,ex capo di gabinetto del segretario di Stato Colin Powell ammise che nel 2005 furono autorizzati i “metodi duri”, cioè le torture, “con la priorità di scoprire prove che legassero l’Iraq ad Al Qaeda più che per prevenire un altro attacco terroristico negli USA” (www.thewashingtonnote.com, 13-5-09).
Il governo di George W.Bush fece pesanti pressioni sui servizi di spionaggio. Paul Pillar, il funzionario della CIA che coordinò la rapida redazione di una stima dei servizi sui programmi iracheni di armi di distruzione di massa, ricordò “l’atmosfera in cui si lavorava, in cui era chiaro che era stata presa una decisione politica, in cui si cercava che gli organi di intelligence appoggiassero questa decisione invece di fornire informazioni per prendere una decisione; tutto ciò era un elemento molto importante di quell’atmosfera” (www.pbs.org, 20-6-06).
La CBS informò che nel 2009 “meno di 5 ore dopo che il volo 77 dell’American Airlines si era schiantato contro l’edificio del Pentagono, il segretario alla Difesa Donald H. Rumsfeld diceva alla sua équipe di preparare piani per attaccare l’Iraq” (www.cbsnews.com, 10-9-09). Due mesi dopo l’11 settembre, Dick Cheney – interrogato sulla relazione tra l’Iraq e il nefasto colpo terroristico – affermava in una conferenza stampa di possedere “una informativa pienamente confermata che (Mohammed Atta, il terrorista di Al Qaeda che partecipò all’attentato) era stato a Praga nell’aprile passato, pochi mesi prima dell’attacco, e si era riunito con alti funzionari del servizio di intelligence irachena in Cecoslovacchia” (www.washington post.com, 9-12-01).
La CIA aveva definito falsa questa informazione in un memorandum inviato qualche giorno prima alla cosiddetta Sala della Situazione della Casa Bianca in cui si valutavano i dati dell’intelligence (www.documentcloud.org, 1-12-01). Cheney, mentre affermava il contrario, lo sapeva.
Anche la Casa Bianca sapeva che in Iraq non si sviluppavano programmi di armi di distruzione di massa. Come spiegò lo stesso Paul Pillar: “Anche tale affermazione non costituiva un caso di guerra. Tra l’altro, riguardava il ragionamento che se Saddam Hussein possedeva, davvero, armi di distruzione di massa, era improbabile che le usasse contro gli USA o le fornisse ai terroristi”. Quest’ultima opzione era più che improbabile: l’Iraq non era in guerra.
E si ricorda il segreto e famoso Downing Street Memo su una riunione dell’allora primo ministro Tony Blair con funzionari dello spionaggio che ebbe luogo il 23 luglio 2002. Questo diceva: “Bush vuole rovesciare Saddam con un intervento militare, giustificato dalla connessione tra terrorismo e armi di distruzione di massa. Ma l’intelligence e i fatti vennero costruiti su questa politica” (www.thesundaytimes.co.uk, 1-5-05).
La Casa Bianca si appoggiò su queste falsità - di cui era cosciente - per invadere l’Iraq e la sua linea propagandista consistette nel sottolineare il legame Iraq-Al Qaeda in relazione all’11 settembre: sfruttò l’indignazione popolare causata dall’attentato.
L’argomento delle armi di distruzione di massa era meno importante per ottenere l’appoggio dell’opinione pubblica statunitense.
Quella guerra le costò più di un bilione di dollari. Gli iracheni continuano a pagarla.
(*) Poeta, scrittore e giornalista argentino
(traduzione di Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)
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