ANCORA SUL VENEZUELA

Terza. L’articolista rifiuta anche di credere che la cosiddetta quarta rivoluzione industriale (microinformatica, robotica, nanotecnologia) e quelle che stanno per arrivare stanno andando al di là delle capacità cognitive della specie umana. Forse che i tablets sono magici? Forse. Ma le persone che li progettano non sono magiche, ma reali.

Quarta. L’articolista sostiene che il PMU ha fatto passi da gigante e, allo stesso tempo, risente del fatto che la maggior parte dei teorici del socialismo (con la penna o con i tuits) continuino ad esprimersi con il linguaggio ideologico e politico della prima rivoluzione industriale.

Quinta. L’articolista pensa che, se lo nominassero titolare di tutte le agenzie del capitalismo globale, nel suo primo giorno di lavoro convocherebbe i migliori hackers del mondo per chiedere loro: vediamo, ragazzi… abbiamo o no un problema con l’eredità del populista che è appena morto in Venezuela dopo aver mobilitate per 14 anni i popoli del continente, mettendo al loro servizio le risorse petrolifere più ingenti del paese??!

Sesta. L’articolista ricorda che a metà del decennio del 1980, la “Casa Nera” ingaggiò la società Rendon Group per progettare l’archetipo comunicativo (o matrice comunicativa) che a Panama e in Iraq liquidò poi politicamente, fisicamente e moralmente il generale Manuel Antonio Noriega e il presidente Saddam Hussein.

Settima. Dopo il maldestro e fallito golpe (in Venezuela, n.d.t.) del 2002, il professor Carlos Lanz Rodrìguez (a) denunciò che il programma di destabilizzazione era consistito in: 1) sfinire con la perdita di fiducia la base chavista; 2) promuovere e divulgare la crescente impopolarità del presidente; 3) attaccare il suo ambiente familiare; 4) riproporre sistematicamente i suoi legami con il narcotraffico e con le FARC; 5) sottolineare il suo fallimento come governante; 6) accusarlo di professare un’ideologia castrista e, 7) essere alleato di paesi terroristi.

Ottava. Per via insurrezionale o democratica, i popoli latinoamericani sono stati protagonisti di grandi trasformazioni politiche o sociali. Ma le une rimasero a metà strada (Messico 1940; Bolivia 1964; Nicaragua 1992) e le altre furono sconfitte (Guatemala 1954/64; Argentina 1955/73; Repubblica Dominicana 1963; Brasile 1964; Uruguay e Cile 1973; Perù e Ecuador 1975; Panama 1981/89; Granada 1983).

Nona. Nel 1999 il comandante Hugo Chàvez riprese il cammino perso nel 1830, quando i cittadini vanitosi, con l’appoggio aperto e nascosto di Inghilterra e Stati Uniti, “uccisero” la Gran Colombia bolivariana, sprofondando il continente in un secolo e mezzo di sollevamenti militari, colpi di stato e lotte fratricide in cui l’imperialismo pescò a piene mani.

Decima. Solo Cuba e la sua rivoluzione (1959), e in particolare la seconda Dichiarazione de L’Avana (1962), segnarono le coordinate della verità vera: “… I popoli dell’America si liberarono del colonialismo spagnolo all’inizio del secolo scorso, ma non si liberarono dallo sfruttamento … Oggi l’America Latina giace sotto un imperialismo più feroce e più spietato dell’impero coloniale spagnolo”.

Undicesima. La rivoluzione bolivariana è stata democratica, pacifista, generosa e di successo, a giudicare dalla sua straordinaria opera sociale. E adesso i media e gli esperti dell’una e dell’altra parte vogliono convincerci che i poveri sono ingrati, lumpen e opportunisti? Che la strada giusta sarebbe quella dei “buoni”? Che lo scrutinio è stato da infarto e che quel fantoccio di Capriles è stato a un millimetro dal liquidare il chavismo, l’ALBA, la CELAC, Petrocaribe e Unasur?! Ma contatela giusta!

Dodicesima. La rivoluzione bolivariana è un fenomeno inedito nella storia politica dei popoli latinoamericani. Ma la sua osservazione, per quanto giusta e realista, potrebbe non vedere i suoi errori o incorrere nello sproposito di sottovalutate il fatto che anche i suoi nemici hanno scelto la via inedita della sovversione, della destabilizzazione e delle menzogne a mucchi.

Conclusione. Il capitalismo neoliberista ha urgente bisogno della sconfitta politica e morale della rivoluzione bolivariana e dell’eredità patriottica di Chàvez. Cosa che, per i nostri popoli, sarebbe molto più demolitrice di un’invasione militare diretta e dell’importazione di contractors disposti a lottare “per la libertà e la democrazia”. Quali che siano, tutte le opzioni di Washington – unico capo dell’opposizione in Venezuela – stanno funzionando a pieno regime.

(*) Scrittore e giornalista argentino; da lajornnada.com.ar; 17. 4. 2013

(a) Ex capo militare del movimento guerrigliero FALN diretto dal leggendario Douglas Bravo negli anni ’60; ora consigliere del Minisero dell’educazione del Governo bolivariano.

(traduzione di Daniela Trollio

Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)