MANIFESTAZIONI A ISTAMBUL

Nasce una primavera turca

Rapporto dalla Turchia: un sapore di Tahrir a Taksim

di Sungu Savran (*); da:rebelion.org; 5.6.2013

 

Istambul è diventata un campo di battaglia coperto da gas lacrimogeno. La polizia, senza dubbio su richiesta del primo ministro Tayyip Erdogan e del suo governo dell’AKP, ha continuato ad attaccare i manifestanti nel centro della città vicino a piazza Taksim, per cinque giorni consecutivi.

All’inizio questa non sarebbe stata una notizia: la polizia turca è famosa per la sua brutalità nei confronti di manifestazioni indesiderate per il governo. Solo un mese fa, il 1° Maggio, aveva disperso una riunione di migliaia di lavoratori e sindacalisti utilizzando spietatamente gas lacrimogeni. Così che, sul fronte poliziesco, non c’era nulla di nuovo.

Questa volta è diverso per un altro motivo.

La differenza è la determinazione e l’audacia dei manifestanti. Nei primi quattro giorni è arrivato un numero crescente di persone, parecchie migliaia di giovani, la notte, il quarto giorno di azioni. Ogni notte hanno piantato un accampamento nella cosiddetta Promenade vicino a Piazza Taksim. Ogni notte, alle prime ore dell’alba, la polizia ha attaccato gli accampati e distrutto le loro tende, bruciandole nella terza e nella quarta notte. I manifestanti stanno tentando di proteggere la vita, la vita di alberi molto apprezzati nel mezzo di una città con aree verde estremamente limitate. La Municipalità Metropolitana di Istambul, dominata dall’AKP, sta preparando il terreno per costruire un centro commerciale (in apparenza un edificio storico) nel luogo dove ora si trova la Promenade.

 

La pura brutalità della polizia e di alcune squadracce civili che dicono di essere poliziotti municipali (quelli che hanno bruciato le tende) ha fatto sì che la gente di Istambul si sia mobilitata per aiutare i manifestanti attaccati. Istiklal, la principale arteria che va da Taksim a vari chilometri verso il sud, una zona pedonale che è il cuore della cultura, della politica, del divertimento e, recentemente, del turismo, si è riempita all’improvviso di gente dall’inizio alla fine, mentre Piazza Taksim era controllata dalla polizia. In Istiklal sono risuonati slogan contro il governo e alcuni, un po’ precipitosamente, ne hanno predetto la caduta.

Da tempo ci sono state richieste perché il Ministro degli Esteri, responsabile della criminale politica del governo in Siria, e il Ministro dell’Interno – che qui chiamiamo “Muammer il Chimico” con riferimento ad “Alì il Chimico” del governo di Saddam - siano rimossi dal loro incarico. La rimozione del secondo è diventato l’obiettivo. Questa notte c’era voci non confermate che il capo della polizia di Istambul sia stato rimosso. Anche se fosse vero, il che sarebbe piuttosto ottimista, non è qui che deve fermarsi la pulizia!

 

La classe lavoratrice, le forze di sinistra e la gioventù della Turchia stanno uscendo da un periodo di estrema passività politica. Con l’eccezione dell’incessante lotta del popolo kurdo, la Turchia è stata un deserto quanto a lotte di massa durante, almeno, gli ultimi 15 ani, periodo eccezionalmente interrotto dalla lotta dei lavoratori della Tekel (la compagnia di tabacco e bevande alcoliche privatizzata precedentemente) nell’inverno del 2009/2010, tradita per disgrazia dalla burocrazia sindacale.

Sarebbe quindi prematura dire che il movimento si trova già ad un punto di non ritorno. Ma lo spirito è, decisamente, di recupero della fiducia in se stesse delle masse.

La cosa più importante sarà vedere come reagirà la classe lavoratrice organizzata. Ultimamente ci sono state varie azioni industriali importanti. Potrebbero radicalizzare l’atteggiamento di alcuni settori della classe lavoratrice, compresi i lavoratori della Turkish Airlines. Sono stati in sciopero per una quindicina di giorni presentando serie rivendicazioni, ma con una partecipazione limitata. La loro richiesta centrale è il reintegro di 305 lavoratori licenziati un anno fa per uno sciopero selvaggio di protesta contro la proibizione parziale degli scioperi nell’aviazione civile, diritto riconosciuto nell’ultimo mezzo secolo. La proibizione dello sciopero dovette essere ritirata, ma i lavoratori licenziati ancora non sono stati riassunti.

 

Si aspetta che abbia luogo un altro sciopero, che potrebbe avere conseguenze devastanti per il governo.

Si tratta dello sciopero dei lavoratori metallurgici che era già stato annunciato (una clausola legale dovuta), ma che non è ancor cominciato. Se tutti i lavoratori coinvolti si dichiarano in sciopero (per motivi legali questo dovrebbe succede durante il mese di giugno), ciò significa più di centomila lavoratori, in un settore che è diventato il principale motore dell’esportazione dell’industria manifatturiera del paese negli ultimi anni. Anche se bisogna considerare fattori molto complicati nell’analizzare questo sciopero potenziale, non solo la posizione politica chiaramente reazionaria della burocrazia dominante nel maggiore sindacato dell’industria, i risultati possono essere funesti nel cotesto di questa situazione esplosiva.

Sembra che la storia stia aiutando le masse popolari della Turchia.

KESK, la federazione degli Impiegati Pubblici, una delle organizzazioni combattive all’interno del movimento sindacale, aveva già dichiarato uno sciopero di tutto il settore per il 5 giugno. Questo deve essere trasformato in uno sciopero generale, adottato da tutto il movimento sindacale, facendo richieste nella sfera politica oltre a presentare quelle dei lavori di diversi settori e industrie.

 

Attualmente siamo in presenza di una rivolta popolare contro l’arroganza e la pratica repressiva del governo. Se questo si combinasse con un movimento di insorgenza della classe lavoratrice, la Turchia si aprirebbe a ogni tipo di cambiamento rivoluzionario.

Non si può esagerare il grandissimo impatto che avrebbe una trasformazione rivoluzionaria della Turchia nel resto del Medio Oriente e nel Nord Africa. Sotto Erdogan, la Turchia è diventata un attore decisivo nella regione, un “alleato modello” degli USA, un modello per i recentemente traballanti governi musulmani di Egitto e Tunisia, un combattente in prima linea per il fronte sunnita costituito dai regni sauditi e del Qatar in uno scontro settario potenzialmente disastroso fra i fronti sunniti e sciiti nella regione e una crescente potenza economica e militare con un progetto egemonico.

L’eliminazione di questo protagonista reazionario e la sua possibile sostituzione con una forza progressista al comando di questo membro della NATO avrà immense ripercussioni in tutta la regione. La solidarietà con i movimenti di massa della Turchia finirà con l’aiutare decisamente gli obiettivi progressisti e rivoluzionari in tutto il Medio Oriente.

 

Istambul, ore 3 a.m.

Ho appena lasciato un’altra piazza centrale di Istambul, non lontana da Taksim. La piazza è piena di migliaia di persone e si vedono anche migliaia, decine di migliaia di auto che si muovono lentamente verso questa piazza. Non ci sarebbe niente di strano in questo …. Se non fossero le 3 della mattina. Ankara, la capitale, sta anch’essa manifestando oggi. Izmir, la terza città per grandezza sul mar Egeo, è viva e le proteste di piazza continuano.

Un blogher ha detto ieri notte: “Bene, Tayyip Erdogan, con la sua arroganza, ha finito per unire turchi e kurdi, sunniti e alawiti e laici!”. E’ quello che stiamo dicendo da sempre. E’ quello che è successo quando i lavoratori della Tekel cominciarono la loro lotta di due mesi e mezzo.

E’ ciò che sta succedendo ora su una scala molto più gigantesca.

Ma non è ancora Tahrir. Però le manifestazioni nei due continenti di Istambul, Asia e Europa alle tre di mattina sono qualcosa di decisamente poco usuale ed hanno un sapore di Tahrir.

Non è ancora una rivoluzione, ma l’aria di Istambul non sa solo di gas lacrimogeni. Ha anche un profumo di aspirazioni rivoluzionarie.

 

(*) Giornalista del periodico Isci Mucadelesi (Lotta dei lavoratori ) di Istambul

 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli” Via Magenta 88 Sesto San Giovanni )

 

 

 

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