BOLIVIA

Evo Morales e l’imperialismo “straccione” dell’Europa

 

di Daniela Trollio (*)

 

Quattro paesi europei – Francia, Spagna, Portogallo e la nostra Italietta di mussoliniana memoria, in prima fila nella difesa dei diritti umani ed entusiasti esportatori, sulle ali dei Mirage e degli F35 della nostra “democrazia” - hanno negato, il 3 luglio, l’uso dello spazio aereo e l’autorizzazione all’atterraggio all’aereo del presidente dello Stato Plurinazionale di Bolivia, Evo Morales che, provenendo dalla Russia, chiedeva di potersi rifornire di carburante.

Per 14 ore Morales e coloro che lo accompagnavano – una delegazione che tornava dal Vertice di Mosca dei paesi produttori di gas – sono stati praticamente sequestrati all’aeroporto di Vienna, unico paese che gli ha concesso l’atterraggio.

Che cos’è successo? L’ha poi spiegato, dopo balbettii e bugie varie dei governi interessati, il tentativo dell’ambasciatore spagnolo a Vienna, che ha cercato di salire sull’aereo per …. assicurarsi che in esso non viaggiasse Edgar Snowden, lo statunitense più “Wanted!” del mondo dopo che aver rivelato che gli USA hanno messo in atto, con il sistema PRISM, un gigantesco giro di intercettazioni a livello mondiale, giro che non ha escluso neanche coloro che si considerano amici di Washington e che, ad ogni cambio di governo, si affrettano ad assicurare la loro amicizia e i loro ferrei legami con l’impero (come se non avessero altro di cui preoccuparsi). Il presidente francese Hollande, forse memore all’ultimo momento della “grandeur” del suo paese (l’unico che l’ha fatto, gli altri hanno balbettato) ha dovuto ammetterlo pubblicamente.

 

Sprecheremo poche parole su questo ennesimo episodio di sudditanza dei governi europei, così impegnati non solo nelle “guerre umanitarie” ma soprattutto nell’attacco feroce ai loro popoli in nome della crisi.

E’ una figuraccia in più, tra le molte collezionate anche nel nostro paese.

Settimana scorsa il Corriere della Sera, ad esempio, titolava che la TAV non è più una priorità per lo Stato francese. Cosa diranno allora non solo il governo, quello attuale e quelli precedenti, che per anni hanno risposto alle proteste dei valligiani con la polizia e l’esercito, ma tutti quei sicofanti di bassa lega – di destra e di “sinistra” - che sventolavano la bandiera del “progresso” sullo sventramento di un territorio già ampiamente massacrato? Forse dovranno cominciare ad asciugarsi la bava per i succosi profitti – le cui briciole speravano di raccogliere - che si allontanano all’orizzonte, per il momento.
Per piacere, intanto stiano almeno zitti. 

Torniamo un po’ indietro. Qualcuno di questi governi ha mai protestato per i voli illegali della CIA, di cui erano perfettamente informati, ben sapendo che i passeggeri di quei voli, sequestrati illegalmente in barba a leggi nazionali ed internazionali oltre che ai famosi “diritti umani”, sarebbero finiti in qualcuna delle tante Guantànamo sparse per il globo per essere incarcerati a tempo indefinito, torturati e poi fatti eventualmente sparire? Non fu il governo
D’Alema, nel 1998, a rifiutare “coraggiosamente e umanamente” l’asilo politico al leader kurdo Ocalan, che rischiava la pena di morte in Turchia? E non parliamo neppure del trattamento riservato ai migranti, i cui corpi senza vita popolano i fondali nel nostro mare, a cui si spara impunemente nelle campagne del Sud e nei mercati di Firenze, che devono sopravvivere in condizioni sub-umane nelle nostre città.

Davvero i “diritti umani” sono un vero bidone dell’immondizia, che può contenere tutto e il contrario di tutto.

Potremmo farne molti altri, di esempi di questa dignità “nazionale” di cui industriali e politici si riempiono la bocca – alcuni letteralmente, vedi Marchionne e Natuzzi come ultimi esempi, altri metaforicamente , come la pletora di politici ben pagati e nullafacenti, se non i propri interessi personali - ma vogliamo avere un po’ di pietà per il lettore. 

Ma sprechiamo invece qualche parola sul significato di “Patria”. Bandiera tradizionale della destra fascista – che comunque la patria l’aveva venduta tranquillamente all’invasore nazista – la cosiddetta “sinistra”, in questo preceduta e seguita dai capitalisti italiani, la chiama “interesse nazionale”.
Nazionale finché si fanno i profitti: se se ne fanno di più in Polonia o in Cina, allora “nazionale” sparisce come neve al sole, resta solo – e giustamente – la parola “interesse”. Che, tradotta, significa “profitto” e il profitto, come il proletariato, non ha frontiere. Quindi noi, così come il proletariato greco, spagnolo, portoghese ecc. ecc. non abbiamo patria, ma solo istituzioni, tra l’altro “democraticamente” MAI elette da nessuno come la Banca Centrale Europea o il Fondo Monetario Internazionale, che fanno gli interessi dei loro padroni, il grande capitale industriale e finanziario, ormai inscindibili uno dall’altro come aveva ampiamente dimostrato Lenin.

Così assistiamo alla disgregazione totale delle Patrie: i greci in prima istanza, gli spagnoli, i portoghesi e noi italiani subito dopo (gli altri europei, comunque, non stanno molto meglio).


Ma non è così in tutto il mondo. E torniamo alla vicenda del sequestro di Evo Morales. Il “primo presidente indigeno” dell’America Latina simbolizza proprio la lotta di un intero continente per recuperare dignità, una vita degna di essere vissuta per i propri popoli, le risorse nazionali usate per il bene e il progresso di questi popoli e non più per rendere i ricchi ancora più ricchi, succeda quel che succeda ai più di tre quarti dell’umanità. L’America Latina che lotta per la “Patria Grande”, non per il benessere e l’avanzamento di una singola nazione. L’esempio a cui, noi popoli della vecchia Europa dovremmo guardare, anche perché là è cominciato – e finito anche – il neo-liberismo, con la sua scia di sangue e distruzione.

E’ un fatto, questo sequestro avvenuto nel più totale disprezzo delle leggi internazionali, piccolo ma significativo; significativo della paura dell’impero, del servilismo dell’Unione Europea pronta – nonostante le sue dichiarazioni reiterate di indipendenza – ad inchinarsi a Washington sul piano internazionale oltre che nazionale (la strage del Cermis e la vicenda del MUOS sono solo alcuni esempi).

Con un pizzico di mai dimenticato colonialismo; non per niente i paesi che hanno negato l’atterraggio all’aereo di Evo Morales sono stati in passato, e ancor oggi in altre forme (vedi il ruolo italiano in Somalia, Iraq, Libia… ecc.), potenze coloniali e tali evidentemente si ritengono ancora. 

Bene, i capitalisti non hanno patria, la loro patria sta dove si fa il massimo profitto.

Se anche noi vogliamo una Patria - per i popoli e non per i capitali, italiani o stranieri che siano - l’unica strada che ci resta è abbattere questo sistema barbaro che sta portando alla rovina noi e l’intero pianeta. Cominciamo, confortati dalla lotta di tanti altri popoli, ad organizzarci per questo. 

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni

 

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