POVERTA’, LOTTA DÌ CLASSE, DEMOCRAZIA E POTERE POLITICO
di Michele Michelino (*)
Il modo di produzione capitalistico, basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, ciclicamente vive la grande contraddizione della crisi dì sovrapproduzione di capitali e di merci che dimostra il fallimento di questo sistema.
Nel passato, cioè nei precedenti modi di produzione, i lavoratori delle classi subalterne che costituivano il "popolo", pativano la fame per effetto delle carestie e della mancanza di generi alimentari; oggi nel sistema capitalista, nell’epoca dell’imperialismo la fame e prodotta dalla troppa abbondanza, dalla troppa ricchezza in mano a pochissimi individui.
Nel capitalismo la sovrabbondanza diventa fonte di miseria perché ostacola la trasformazione dei mezzi di produzione e sussistenza in capitale. Quello che avviene e si ripete ogni anno, quando migliaia di tonnellate di frutta sono distrutte sotto i cingoli dei bulldozer per tenere alti i prezzi è lo stesso processo che avviene per tutte le merci. Quello che dovrebbe essere una benedizione, l’abbondanza, tale da realizzare il paradiso in terra, si trasforma per le classi sottomesse in fonte di miseria. La povertà aumenta in tutte le metropoli imperialiste.
Povertà in USA
Secondo un rapporto proveniente dall’Ufficio per il budget del Congresso Usa (Cbo), un’agenzia «indipendente e non di parte» che analizza temi economici e di bilancio per conto del Campidoglio, la povertà è in continua crescita e le ultime statistiche sono davvero da brividi. Ecco qualche esempio. Su una popolazione di 313,9 milioni gli Stati Uniti d'America vantano un triste primato:
- Gli americani che vivono grazie ai buoni pasto hanno raggiunto la cifra di 48 milioni. Negli anni '70 erano 1 su 50, oggi sono 1 su 6.
- I senzatetto nella zona di Washington (zona considerata benestante) sono cresciuti del 23% dal 2008. Il 40% di tutti i disoccupati negli Stati Uniti lo è da almeno sei mesi; un americano su quattro guadagna meno di 10 dollari l'ora, e un lavoratore su quattro ha uno stipendio sotto il livello di povertà.
Poveri e ricchi in Russia
Anche nell’ex paese sovietico con una popolazione di 143,5 milioni di abitanti, ogni anno le statistiche evidenziano un divario sempre più grande tra ricchi e poveri. Secondo la ricerca di Wealth-X International riportata da Rossiyskaya Gazeta, la Russia si colloca al secondo posto nella classifica mondiale dei miliardari: oggi ne avrebbe 97 rispetto agli 80 del 2011. Di questi 97 la maggioranza è formata da uomini che complessivamente possiedono beni per 380 miliardi di dollari.
I diciotto milioni di russi che vivono sotto la soglia della povertà possiedono tutti insieme la stessa cifra, 380 miliardi, ma in questo caso si tratta di rubli e non di dollari (e quindi 12,4 miliardi di dollari). Il salario minimo imposto dal governo al momento è equivalente a 150 dollari il mese, sebbene un costo reale minimo della vita stimato sia di 6.200 rubli il mese, pari a 200 dollari.
India
Su una popolazione di 1,237 miliardi, negli otto stati indiani del Nord Ovest vivono in miseria 420 milioni di persone, e in
un’India che progredisce come paese capitalista emergente, e che secondo le previsioni sarà la quinta potenza mondiale nel 2015 (lasciandosi dietro addirittura l’Inghilterra) ci sono più poveri
che nei 26 Stati più in difficoltà dell’Africa. Nel Sud dell’Asia vive oltre il 50% dei poveri di tutto il mondo (840 milioni), mentre l’Africa ne
ospita un quarto (480 milioni). In totale, in 104 Paesi, sono 1,7 miliardi le persone che vivono in miseria. Per far fronte a questa emergenza che genera forti contrasti sociali, il parlamento
indiano sta esaminando un piano per verificare la possibilità di attuare programmi d’assistenza attraverso i quali si vorrebbero fornire alimenti per i due terzi della popolazione, cioè circa 800
milioni di persone.
Questo programma, che costerebbe all’India 24 miliardi di dollari l’anno e che diventerebbe, se il parlamento lo approverà, il più grande programma di assistenza sociale al mondo che uno stato
sovrano abbia mai realizzato, si scontra con le multinazionali e gli affaristi che hanno interesse a mantenere nell’indigenza milioni di persone.
Secondo questo progetto il governo dovrebbe elargire mensilmente 5 chili di grano al mese a 800 milioni di persone.
Cina
Anche in questo paese di 1,351 miliardi di abitanti il divario fra ricchi e poveri diventa sembra più grande. Anche se i salari negli ultimi anni sono aumentati, i livelli salariali rimangono bassi e come succede ovunque, gli operai sono costretti a fare parecchi straordinari solo per ottenere un salario dignitoso.
Secondo fonti giornalistiche nel 2012 ci sono state centinaia di scioperi o conflitti fra aziende e operai, in maggioranza per rivendicazioni salariali che in Cina sono chiamati “incidenti di massa”, sia nel settore manifatturiero che nel settore dei trasporti, e dell'educazione. E questo si scontra con chi ostenta la ricchezza realizzata sulla pelle dei proletari sempre più poveri.
Per quanto riguarda la vendita di oggetti di lusso (ad esempio le Ferrari) la (Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong e Taiwan si confermano il secondo mercato mondiale con il record di 784 vetture consegnate (+4%), di cui quasi 500 nella sola Cina. Indicativo il ritorno alla crescita in doppia cifra (+14,4%) di un mercato storico come il Giappone, dove sono stati consegnati 302 esemplari.
Nonostante l’aggravarsi della crisi economica mondiale, i ricchi diventano sempre più ricchi.
Il 2012 è stato l’anno di vendite record: negli USA sono state superate per la prima volta le 2000 consegne, con un aumento del
14,6% (2.058 incluso il Canada). In Gran Bretagna l’aumento è stato del 20,4% (673 vetture), seguita dalla Svizzera (+17,4%, 357), e dalla Germania (+8,2%, 750), che si conferma il mercato più
importante nel Vecchio Continente, con gli altri principali Paesi che chiudono in linea con il 2011.
Nell'area Medio Oriente e Africa prosegue il trend positivo, con un incremento del 4,5%, che fa arrivare a quota 556 il numero di vetture consegnate.
Povertà in Italia
Cresce il numero di persone e di famiglie povere anche in Italia. Nel 2012 su una popolazione di 60,92 milioni, gli individui in povertà relativa sono stati 9 milioni e 563mila pari al 15,8% della popolazione (13,6% nel 2011), 4 milioni e 814mila dei quali in povertà assoluta (dati Istat).
Un rapporto recente della Commissione europea afferma che l’11% degli italiani non dispone di beni di prima necessità, in altre parole non si può scaldare, o non ha la possibilità di mangiare alimenti come la carne. Una percentuale doppia rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea – come la Francia o la Germania, anche se il rapporto dice che sul fronte sanitario, nonostante le difficoltà economiche che stiamo attraversando, l’Italia (miracolo) è riuscita a ridurre ancora la mortalità infantile: tra il 2001 ed il 2011 siamo passati da 4,4 a 3,2 decessi per mille nati vivi, e in Europa siamo invece passati in media da 5,7 a 3,9 decessi per mille nativi vivi.
In Italia i padroni pur continuando ad arricchirsi sono stati più “morigerati” cercando di dare meno nell’occhio. Ad esempio la Ferrari ha registrato un calo del 60%, chiudendo lo scorso anno con 318 consegne alla rete, -46% rispetto al 2011.
Considerazioni
Questi dati ci portano ad alcune brevi considerazioni.
Ormai la crisi mondiale ha portato il “terzo e quarto mondo” anche nelle metropoli imperialiste: questa è ormai una realtà consolidata. La società capitalista quotidianamente costringe milioni di esseri umani a morire di fame e di sete e altri a vivere ai margini della società.
La vita reale impone agli esseri umani, al di là delle ideologie e delle religioni, dei bisogni primari. Gli uomini e le donne per sopravvivere devono innanzi tutto mangiare, bere, avere un tetto, vestirsi e poter mantenere la famiglia. E’ la produzione dei mezzi materiali immediati di esistenza e la sua riproduzione che determina la base dalla quale si sviluppano le istituzioni statali, le concezioni giuridiche.
Chiedere che l’uguaglianza degli uomini, scritta nelle costituzioni democratiche borghesi, da citazioni diventi un dato reale sulla base del sistema di sfruttamento capitalistico, è come chiedere la liberazione degli schiavi mantenendo inalterato il sistema di potere schiavistico che li ha soggiogati. Non possiamo dimenticare che nel capitalismo gli operai non sono altro che merce forza- lavoro, e che Il proletariato è quella classe della società, che trae il suo sostentamento soltanto e unicamente dalla vendita del proprio lavoro e non dal profitto di un capitale che non possiede. La vita e la morte di milioni di proletari dipendono SOLO dalla domanda di lavoro, cioè dall'alternarsi dei periodi d'affari buoni e cattivi, dalle oscillazioni di una concorrenza sfrenata.
Ai rivoluzionari non interessa semplicemente difendere e, quando è possibile, migliorare le condizioni di vita e di lavoro della società attuale con il pretesto di riformare la società.
I rivoluzionari sono quelli che contribuiscono in un modo o nell'altro all'abbattimento della società capitalistica e delle istituzioni statali, che continuano a riprodurre i borghesi come classe dominante e gli operai, i proletari come schiavi salariati.
I rivoluzionari sono coloro che lottano per l'emancipazione del proletariato, sono l’avanguardia della classe operaia cosciente, coloro che contribuiscono alla formazione della coscienza di classe, condizione prima e necessario presupposto della liberazione proletaria.
I rivoluzionari sono coloro che, sulle macerie del capitalismo, lottano per instaurare una società socialista dove si produca per soddisfare i bisogni degli esseri umani, una società in cui il profitto e lo sfruttamento siano considerati crimini contro l’umanità. Per questo i rivoluzionari, i comunisti, sono osteggiati, odiati, calunniati dai governi borghesi, di destra o di sinistra, conservatori o democratici, e dalle loro istituzioni.
Per questo nei conflitti fra capitale e lavoro, gli operai rivoluzionari, i comunisti, che mettono in pericolo la pacifica accumulazione del profitto sono repressi, puniti, licenziati.
In una società divisa in classi non basta poter parlare e votare liberamente. Si possono anche scegliere i propri rappresentanti nelle istituzioni, perché nella società capitalista di là delle chiacchiere chi decide non è il parlamento, ma le imprese multinazionali, che detengono il potere economico e quindi politico, e che pur in competizione e guerra fra loro sono unite nel mantenere sottomesse le classi subalterne.
Come la storia ha dimostrato più volte in una società capitalista basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, gli amministratori e i governi (di destra o sinistra) fanno solo gli interessi della grande borghesia imperialista. Il sistema imperialista è talmente articolato che si possono anche cambiare i governi e le forze politiche che gestiscono e che governano la società capitalista, senza intaccare il potere dei padroni, anzi continuando a difendere i profitti e gli interessi del capitale.
La crisi mondiale mette all’ordine del giorno per i proletari e la classe operaia rivoluzionaria internazionale in ogni paese la necessità della costruzione del suo partito, la necessità di una rivoluzione proletaria socialista, del potere operaio, della distruzione dello Stato borghese e della necessità di instaurare un sistema socialista mondiale.
Lo stato borghese è un'istituzione che difende le ricchezze degli individui appartenenti alla classe borghese, che tutela e consacra la proprietà privata (qualunque siano le forme e le forze politiche che lo sostengono). E’ un'istituzione che legalizza e impone con la forza il diritto della classe dominante allo sfruttamento delle classi sottomesse.
L’obiettivo dei rivoluzionari non è quello di andare al governo insieme alla borghesia o, peggio, governare per i borghesi. Il compito dei rivoluzionari non è quello di chiacchierare o disquisire sulla rivoluzione, ma è quello di farla.
Socialismo o barbarie è il nostro futuro!
(*) dalla rivista mensile “nuova unita” – n.5, ottobre 2013
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wlp (giovedì, 25 giugno 2015 12:44)
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