Europa, il vecchio ventre immondo
di Guillermo Almeyra (*)
Il vecchio ventre immondo dell’estrema destra può continuare a partorire mostri, avvertiva Bertold Brecht. Lì stanno, a provarlo, i neonazisti italiani che fanno omaggio a Priebke, che assassinò 335 italiani alle Fosse Ardeatine di Roma, i neonazi di Alba Dorata, la crescita dell’estrema destra nei paesi nordici e in Francia, dietro il Font National di Jean-Marie e Marine Le Pen e, anche , il Tea Party statunitense.
La xenofobia, il razzismo, l’antisemitismo, lo sciovinismo, la demagogia, il liberismo estremo, il rifiuto della solidarietà sociale, della giustizia sociale, del socialismo caratterizzano questi movimenti che dicono di combattere il grande capitale nonostante lo servano e, come Hitler quando battezzava “socialista” il suo nazionalismo e adottava una bandiera rossa o Mussolini con la sua Repubblica Sociale, cercano di agitare bandiere tradizionali della sinistra per ottenere popolarità e praticare una politica reazionaria.
Sono movimenti basati nelle classi medio-basse conservatrici schiacciate e condannate dalla politica del grande capitale finanziario ma che – stimolate dai grandi mezzi di comunicazione – sviano il loro odio contro il movimento operaio, i settori più poveri della popolazione come gli immigranti, gli Altri (mussulmani, ebrei, gitani) e i “politici” e non contro i loro boia.
Questi movimenti riappaiono e prosperano nei momenti di crisi economica e di necessità di ridefinizioni politiche: gli anni ’20 dopo la Prima Guerra Mondiale, in Italia; poco dopo nella Germania in crisi, in Francia, Spagna e Inghilterra, Ungheria, Romania, Polonia negli anni ’30, di nuovo in Italia con l’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini nel 1944-1946, nell’immediato dopoguerra e quando bisognava definire se il paese sarebbe stato monarchico o repubblicano; di nuovo in Francia con Pierre Poujade nel 1953.
Quest’ultimo, piccolo commerciante (aveva una libreria-cartoleria) formato tra i fascisti francesi di Jacques Doriot ed ex militante del regime razzista e fascista di Vichy, collaborazionista dei tedeschi fin da quando questi avevano occupato tutta la Francia, arrivò a fare raduni con 200.000 persone e ad ottenere l’11,6 % dei voti e 52 deputati, uno dei quali fu Jean-Marie Le Pen, ex combattente in Africa contro l’indipendenza delle colonie francesi. Poujade sognava un capitalismo di piccoli e medi commercianti e industriale, senza stranieri né sindacati né grandi capitalisti o finanzieri (per lui, tutti ebrei e massoni), con uno Stato dell’ “Ordine”.
A differenza del Front Nazional di Le Pen, che ha oggi l’appoggio di più operai che tutti i partiti “di sinistra” insieme, il suo movimento semi-fascista di massa, antecedente del Front National lepenista, finì per dissolversi, stretto da un lato dalla forte resistenza dei lavoratori e dell’intellettualità di sinistra e, dall’altro, dalla veloce crescita del capitalismo francese di quegli anni, che gli tolse la base delle masse.
Marine Le Pen e il suo F.N. hanno appena vinto, sconfiggendo l’alleanza di tutti gli altri partiti di centrodestra e di centrosinistra, nelle elezioni cantonali di Brignoles nel dipartimento di Var, una zona conservatrice del sud della Francia. L’astensione è arrivata al 60% dimostrando che la maggioranza non approvava né credeva in alcuno; tra quelli che hanno votato il F.N. ha ottenuto il 53% dei voti (cioè un 20% dell’elettorato potenziale). Parte del centrodestra si è spostato verso il neofascismo, mascherato per l’occasione da destra nazionalista “responsabile”.
Come si fabbrica il brodo di coltura di questi movimenti? Grazie al centro e alla pseudo-sinistra.
Negli anni Venti, ad esempio, i conservatori italiani optarono per il fascismo per affrontare gli operai e i sindacati socialisti riformisti si sottomisero al governo di Mussolini;, ormai al potere questi, i comunisti diretti da Stalin e Togliatti credettero, negli anni Trenta, che fosse possibile un fronte con i “fratelli in camicia nera” contro il grande capitale e, pochi anni dopo Stalin firmò il patto Molotov-Ribbentropp, che rafforzò Hitler e Mussolini.
Allo stesso modo il partito comunista tedesco aveva fatto patti con i nazisti contro la socialdemocrazia che governava Berlino, che considerava il nemico principale, e legittimò così Hitler.
All’inizio i comunisti francesi appoggiarono Poujade credendo di poterlo manipolare. Oltretutto, sul piano ideologico, il nazionalismo e lo sciovinismo dei grandi partiti comunisti italiano e francese (il primo con le sue rivendicazioni territoriali contro la Yugoslavia a Trieste e in Istria, il secondo con il suo sciopero contro “l’acciaio tedesco” in appoggio alla siderurgia francese e con l’espulsione di lavoratori di colore in alcuni municipi parigini che controllava), si unì al razzismo dei socialisti francesi nella difesa ad ogni costo del colonialismo in Indocina e nell’Algeria “francese”.
Non è strano che ex votanti e membri del partito comunista francese appoggino oggi il Front National né che lo sciovinismo di questo aumenti quando il ministro dell’Interno di Hollande, il “socialista” Valls, dichiara che i rom e i gitani devono essere espulsi perché hanno caratteristiche genetiche non assimilabili.
Se i socialisti fanno la politica della destra in Grecia, in Francia, in Scandinavia e il grande capitale ha bisogno di eliminare totalmente la resistenza operaia e, soprattutto, di allontanare il timore dello scoppio sociale quale conseguenza delle sue politiche di tagli, come può il centrodestra non scivolare verso l’estrema destra, come può non crescere questa aprendo la strada a governi “duri”?
L’antidoto contro la destra è, prima di tutto, una campagna di educazione e una politica anticapitalista, un governo di lavoratori di ogni tipo, pluralista, democratico, internazionalista.
Se bisogna sotterrare la vecchia Repubblica capitalista, deve essere per dare origine ad una Repubblica sociale e solidale di tutti i lavoratori nativi o immigrati.
(*) Storico, ricercatore e giornalista. Laureato a Parigi, è professore di Politica Contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche eSociali dell’Università Nazionale Autonoma del Messico ; da: jornada.com.ar; 19.10.2013.
(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria « G.Tagarelli »
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni, Milano)
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