Alcune considerazione sul Movimento dei Forconi
Cambiare tutto per non cambiare niente
Michele Michelino (*)
Dal 9 dicembre la stampa e le tv giornalmente ci informano sulle proteste che avvengono in varie parti d’Italia, dal nord al sud, organizzate dal cosiddetto movimento dei Forconi dove è presente.
Nei volantini distribuiti dai militanti il Movimento 9 dicembre dice testualmente: “Questa Italia si ribella e scende nelle strade e nelle piazze contro il Far West della globalizzazione che ha sterminato il lavoro degli italiani. Contro questo modello d'Europa, per riprenderci la sovranità popolare e monetaria, per riappropriarci della democrazia, per il rispetto della Costituzione, contro un governo di nominati, per difendere la nostra dignità”. Finendo con lo slogan “siamo tutti cittadini italiani”. In poche parole ecco sinterizzato il motivo e gli obiettivi della protesta.
Questo movimento di protesta, sebbene riguardi una minoranza, e in alcuni casi non mobilita che qualche decina di persone che si limitano a distribuire volantini ai passanti e agli automobilisti ha una visibilità mediatica al disopra delle loro attese.
Si tratta di un movimento interclassista trasversale a molte categorie del mondo del lavoro –padroncini, autotrasportatori e dipendenti, agricoltori, lavoratori autonomi, precari e disoccupati. Le proteste dei vari settori colpiti dalla crisi sono accumunate a questo movimento, anche se ognuno lotta per difendere i suoi interessi. Sotto la sigla “Movimento dei forconi” sono accumunati e spesso convergono, vari strati di classe. In particolare settori della piccola borghesia impoverita dalla crisi che scende in piazza insieme con altri ceti impoveriti dalla crisi, come auto-ferrotranvieri, contadini del nord est e della Sicilia, studenti, cassintegrati precari e disoccupati, anche se l’elemento maggioritario è rappresentato dalla piccola borghesia in avanzato stato di proletarizzazione.
A parte le provocazioni dei fascisti che come sempre cercano di infiltrarsi in movimenti di questo tipo, la singolare ed eterogenea protesta, si caratterizza per le bandiere tricolore e il canto dell’inno nazionale “fratelli d’Italia” (assunti anche dai fascisti di Casapound che il tricolore lo dipingono in faccia, e Forza Nuova), contro le banche degli ebrei, l’euro e l’Europa, insieme ai richiami alla Costituzione obbiettivo della piccola borghesia democratica . Le parole d’ordine “basta tasse”, “tutti a casa” sono le stesse del movimento cinque stelle che fanno presa nell’opinione pubblica di qualsiasi ceto o classe colpito dalla crisi e che si rivolgono a tutti gli “italiani” senza distinzione di classe.
In ogni caso non si può ne enfatizzare ne banalizzare questa mobilitazione, perché un movimento che raccoglie la protesta e la rabbia indirizzandola contro i politici è un movimento che acquista consensi nel paese, anche se come la storia ha già dimostrato nel passato, una protesta, o una “rivoluzione” come alcuni enfatizzano, che critica gli effetti e non le cause della miseria, dei licenziamenti e delle tasse non ha futuro.
La rabbia, la protesta e la “rivoluzione” per incidere veramente sulla condizione materiale di milioni di esseri umani vanno indirizzate verso tutto il sistema capitalista e lo stato borghese che continua fare in modo che i ricchi borghesi diventino sempre più ricchi a scapito delle classi sottomesse che diventano sempre più povere.
Non basta mandare a casa i politici. Questo può essere un primo passo, ma se si lascia inalterato il potere dei padroni non cambierà nulla.
La rabbia verso le istituzioni e i politici, non produce niente di nuovo se non è indirizzata anche contro il grande capitale finanziario e industriale che paga le campagne elettorali dei politici di tutti i partiti e crea governi per fare i suoi interessi.
La crisi economica e politica ha colpito e continua a colpire duramente insieme al proletariato tutte le classi sociali subalterne.
In questi anni migliaia di fabbriche hanno portato le loro produzioni all’estero chiudendo quelle in Italia, piccole imprese, negozi, artigiani hanno chiuso le saracinesche, e i disoccupati hanno superato abbondantemente la soglia dei tre milioni. Oggi il tasso di disoccupazione è continuamente in crescita (al 12,5%), mentre quella giovanile è al 41%, e dai dati ISTAT risulta che nove milioni di proletari vivono sotto la soglia della povertà. Solo con una coerente lotta anticapitalista in una prospettiva rivoluzionaria socialista è possibile invertire la tendenza al peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro. Bisogna sfruttare anche questo malcontento, per porre il problema del potere politico rivoluzionario in grado di costruire una società che produca per il soddisfacimento dei bisogni umani e non per il profitto.
Non è un caso che mentre le forze della repressione borghese manganellano e reprimono, studenti, NO TAV, disabili, operai che mettono in discussione l’ordine borghese e la pacifica accumulazione del profitto, abbiano avuto un atteggiamento benevolo verso i blocchi e sitin di questo movimento, reprimendo le frange fasciste solo in caso di gesti eclatanti..
La crisi spinge le varie classi sociali a scendere in campo a difesa dei loro interessi. Gli operai, i proletari disorganizzati senza un loro partito di classe, indipendente sono al carro delle altri classi..
I faccendieri, i ladri, i parassiti di regime sono solo la punta avanzata di un sistema che nella legalità ruba ai poveri per dare ai ricchi. I politici corrotti e ladri sono solo un’apparente distorsione illegale di un sistema legale capitalista che considera normale lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
La storia dimostra che anche le lotte più radicali, se non mettono in discussione la società capitalista e la logica del profitto, servono solo a fornire nuovi quadri e personale politico al servizio degli sfruttatori, cambiando i vecchi dirigenti con i nuovi.
(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G. Tagarelli”,Via Magenta 88 Sesto San Giovanni (Mi)
Mail: cip.mi@tiscali.it
web ciptagarelli.jimdo.com/
Scrivi commento