CELAC

 

Il 2° Vertice della Comunità degli Stati Latino-Americani e dei Caraibi (CELAC) 

 

Ho un sogno……

 

di Daniela Trollio (*) 

 

A molti anni e molti chilometri di distanza da Martin Luther King che chiudeva con queste parole entrate nella storia  una grande manifestazione per i diritti civili dei neri davanti al Lincoln Memorial di Washington, un altro sogno – se di questo si tratta – si è realizzato all’Avana: il 2° vertice della CELAC – Comunità degli Stati Latino-Americani e del Caribe – conclusasi il 29 gennaio di quest’anno con una dichiarazione in 83 punti, che pubblichiamo integralmente.

 

La CELAC – una struttura regionale che favorisse l’integrazione di tutti i paesi sudamericani e dei Caraibi per sviluppare strategie e politiche di sviluppo dei popoli dell’area, oltre ad affrontare problemi internazionali come la finanza, il cambio climatico, ecc. che toccano inevitabilmente anche il continente - era il sogno bolivariano della Patria Grande di Hugo Chàvez Frìas (ricordato nella Dichiarazione conclusiva con rispetto e affetto)  ma, come il dream di Luther King, non di sogno si trattava ma di una lucida analisi della realtà geopolitica mondiale, della necessità di costruire un organismo di integrazione regionale senza la presenza di Stati Uniti e Canada. Analisi basata anche sull’amore per un continente da secoli schiacciato e insanguinato dal potente vicino del nord e sulla fiducia nelle sue potenzialità rivoluzionarie di cambiamento, di realizzazione di un mondo davvero migliore per gli oppressi e gli sfruttati.  

 

A quanto pare questo “sogno” si sta realizzando concretamente.

 

 Mentre l’Occidente capitalista e imperialista sta seminando guerre in tutto il mondo, i 33 paesi che costituiscono il continente sudamericano, e che rappresentano niente meno che circa 600 milioni di persone, hanno dichiarato l’America Latina e il Caribe “Zona di pace”, rinunciando all’uso della forza per risolvere qualsiasi disputa fra di loro.

 

E non è poco, perchè bisogna pensare che l’America Latina, da sempre vittima dell’interventismo degli USA, ospita ancor oggi ben 77 basi militari nordamericane, oltre a vedere la presenza nei suoi mari della IV Flotta della Marina nordamericana,  il cui scopo è proprio quello di intervenire, appena se ne presenti l’opportunità, nella politica interna della regione.

 

Il problema della “pace” non è affatto secondario per il continente, che negli ultimi decenni ha vissuto continui conflitti armati.

 

Negli anni ’70 e ’80 quasi tutti i paesi latinoamericani patirono il dramma delle dittature e dei conseguenti conflitti ad alta e “bassa” intensità come quello del Nicaragua rivoluzionario contro la “contra” armata dagli USA.

 

Nel 1995 la guerra del Cenepa, una disputa di frontiera, oppose Ecuador e Perù. Nel 1978 Cile e Argentina si trovarono sul filo di una guerra per la proprietà di alcune isole del canale di Beagle. I marines USA invasero Granada (1983) e Panama (1989) e la guerra delle Malvinas (1982), questione ancora non risolta a tutt’oggi, vide scontrarsi Argentina e Inghilterra.

 

Ma non bisogna andare così lontano: all’Avana erano presenti i presidenti di Cile e Perù, che da molti anni sono in lotta su una questione di confini marittimi oggi risolta con una sentenza inappellabile della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja che Sebastian Pineira e Ollanta Humala, i presidenti dei due paesi presenti entrambi al Vertice, si sono impegnati a rispettare.

 

Non è tutto: sempre all’Avana continueranno i negoziati di pace tra il governo di Bogotà e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia) ed inizieranno quelli con l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), l’altra organizzazione guerrigliera presente in Colombia.

 

 

 

La Casa Bianca ha fatto carte false, in questi anni, per impedire che la proposta bolivariana di Hugo Chàvez diventasse realtà, fin dal suo lancio a Caracas nel dicembre2011 da parte del Comandante già malato del cancro che si sarebbe portato via la sua vita. La strategia nordamericana consisteva nel mobilitare quei governi che più gli erano vicini - Messico, Colombia e Cile – ma ha riportato una (altra) solenne sconfitta, visto che questi paesi hanno partecipato al Vertice e ne hanno sottoscritto la dichiarazione finale.

 

Come afferma il politologo argentino Atilio Boron: “La transizione geopolitica internazionale in corso, e che si manifesta con lo spostamento del centro di gravità dell’economia mondiale verso la regione Asia-Pacifico; il declino del potere globale degli Stati Uniti, l’irreparabile crollo del progetto europeo; la persistenza della crisi economica scoppiata a fine 2007 e che sembra accentuarsi sempre più con il passare del tempo e la persistenza di un “ordine” economico mondiale che concentra le ricchezze, emarginale le nazioni e approfondisce la depredazione dell’ambiente hanno agito come potenti incentivi per rimuovere l’iniziale diffidenza che molti governi avevano riguardo alla CELAC”.

 

Il Vertice, con la sua dichiarazione conclusiva, mostra quindi l’emergere sempre più prepotente dell’egemonia politica del blocco dei paesi progressisti e rivoluzionari, da Cuba al Venezuela, dalla Bolivia all’Ecuador.  

 

Nella Dichiarazione conclusiva, molto lunga ma che pubblichiamo integralmente perché ognuno possa valutarne l’importanza, troviamo elencati tutti i temi di dibattito politico di questi anni: dalla lotta alla povertà e al’emarginazione, dal salario minimo al lavoro stabile, dal diritto all’acqua come imprescindibile diritto alla vita, alla casa, ad una vita decente, allo sviluppo sostenibile, alle migrazioni, al ruolo della finanza, dalla guerra in Siria ai negoziati sul programma nucleare dell’Iran…. sarebbe troppo lungo – e anche inutile, data la chiarezza delle posizioni esposte – commentarli.

 

Nulla a che vedere comunque con l’agenda capitalistica dei paesi occidentali, che sta facendo strage della nostra vita e dei nostri diritti.

 

Non troverete piani di privatizzazione, privazione dei diritti, dittatura ferrea del “mercato” a discapito della vita e del futuro di milioni e milioni di persone, ma tutto il contrario: solidarietà, cooperazione, fratellanza per l’avanzamento economico, sociale, culturale e politico dei popoli del continente. Simòn Bolìvar e José Marti, là dove si trovano, avranno certamente brindato all’avverarsi di quello che era il loro sogno. 

 

Vanno dette anche due parole sul ruolo che ha assunto Cuba in questo Vertice.

 

Oltre ad ospitare il 2° Vertice stesso con piena parità e dignità con tutti gli altri stati partecipanti, con la presidenza di Raùl Castro e con gli incontri di numerosi presidenti con Fidel Castro, nella Dichiarazione conclusiva troviamo ben due precise richieste al mondo che la riguardano: la cessazione del crudele e genocida “bloqueo” USA e quella di rimuovere il suo nome dalla lista degli stati “terroristi” stilata dal Dipartimento di Stato. Richieste “condite” dal rifiuto esplicito dei paesi aderenti  alla CELAC al fatto che uno Stato possa unilateralmente stabilire “liste di proscrizione”. Un altro sonoro schiaffo a Washington, che deve inghiottire anche la dichiarazione che Portorico – che gli USA vorrebbero ardentemente veder trasformato nel loro 51° stato – è considerato “problema” di pertinenza della CELAC.

 

Naturalmente la reazione non si è fatta attendere, con la Casa Bianca che ha accusato il vertice di “tradire la democrazia” nel momento in cui “sostiene Cuba”.

 

In genere la stampa europea ha parlato poco o nulla di questo evento, la cui importanza geopolitica è invece sotto gli occhi di tutti. Tuttavia c’è un fatto curioso: la UE dal 1966 applicava la sua “Posizione Comune”, un accordo tra stati che impediva qualsiasi forma di cooperazione con l’isola rivoluzionaria finchè non fosse cambiato il suo regime politico ed economico. Molto recentemente, invece (onnipotenza del “mercato” che ha paura di perdere qualche opportunità?) la UE ha annunciato il desiderio di riaprire i negoziati con l’Avana.  

 

Abbiamo cercato in queste poche righe di inquadrare l’importanza e gli aspetti generali di questo evento, che la lettura della Dichiarazione finale renderà naturalmente molto più chiari. Ci resta da dire che proprio dai paesi poveri ci viene una grande indicazione di lotta per tornare ad avere un futuro per noi e per i nostri figli e la dimostrazione che il nostro – capitalista e imperialista – mondo non è l’unico possibile.  

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni, MI

 

  

 

Mail: cip.mi@tiscali.it                                               web  http://ciptagarelli.jimdo.com

 

 

Dichiarazione dell’Avana

 

II Vertice della CELAC

 

28 e 29 gennaio 2014

 

I Capi di Stato e di Governo dell’America Latina e dei Caraibi, riuniti a L’Avana, Cuba, in occasione del II Vertice della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC), tenutosi nei giorni 28 e 29 gennaio 2014,

 

Riaffermando la validità del patrimonio storico della Comunità, integrato, a sua volta, dal patrimonio storico del Gruppo di Rio e del Vertice dell’America Latina e dei Caraibi sullo sviluppo e l’integrazione e dalle Dichiarazioni, Comunicati Speciali e decisioni approvate nel I vertice della CELAC, tenutasi a Santiago del Cile nei giorni 27 e 28 di gennaio del 2013; nel Vertice Fondatore di Caracas, del 3 dicembre del 2011; nel Vertice dell’Unità dell’America Latina e dei Caraibi, realizzata nella Riviera Maya, a Cancún, in Messico, il 23 febbraio 2010; nei Vertici dell’America Latina e dei Caraibi sull’Integrazione e lo Sviluppo, iniziati a Salvador de Bahía, Brasile, nei giorni 16 e 17 dicembre del 2008; e nel processo di convergenza che ha dato inizio alla CELAC.

 

Rimarcando che a due anni dalla messa in funzione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici siamo riusciti a costruire uno spazio di dialogo e di concertazione politica che ci unisce e rende possibile l’aspirazione di lavorare insieme per il benessere dei nostri popoli; che permette, a sua volta, un migliore inserimento e la proiezione della nostra regione nell’ambito internazionale. Riaffermando oggi la nostra volontà irrevocabile di rafforzare questo spazio di dialogo politico effettivo: Siamo stati, siamo e saremo diversi, ed è a partire da questa diversità che dobbiamo identificare le sfide e gli obiettivi comuni e i piani di convergenza che ci permetteranno di avanzare nel processo di integrazione della nostra regione. Rafforziamo le nostre democrazie e tutti i diritti umani per tutti; diamo maggiori opportunità alla nostra gente, costruiamo società più inclusive; miglioriamo la nostra produttività; stringiamo il nostro commercio; miglioriamo la nostra infrastruttura e connessione e le reti necessarie che uniscano sempre più i nostri popoli; lavoriamo per lo sviluppo sostenibile, per superare le disuguaglianze e per una più equa distribuzione della ricchezza, affinché tutte e tutti sentano che la democrazia dà senso alle loro vite. Quello è il dovere della CELAC, quello è il compito al quale siamo chiamati e quella è la responsabilità politica che abbiamo davanti e della quale dobbiamo rendere conto ai nostri popoli.

 

1. Ripetiamo che l’unità e l’integrazione della nostra regione si devono  costruire gradualmente, con flessibilità, con rispetto del pluralismo, della diversità e del diritto sovrano di ciascuno dei nostri popoli di scegliere la propria forma di organizzazione politica ed economica. Ripetiamo che la nostra Comunità si fonda sul rispetto incondizionato dei Propositi e dei Principi della Carta delle Nazioni Unite e del Diritto Internazionale, sulla soluzione pacifica delle controversie, sulla proibizione dell’uso e della minaccia dell’uso della forza, sul rispetto dell’autodeterminazione, della sovranità,dell’integrità territoriale, della non ingerenza negli affari interni di ciascun paese, sulla protezione e la promozione di tutti i diritti umani, sullo Stato di Diritto sul piano nazionale e internazionale, sul incoraggiamento della partecipazione cittadina e la democrazia. Come pure ci impegnamo a lavorare congiuntamente per la prosperità di tutti, in modo tale che siano sradicate la discriminazione, le disuguaglianze e l’emarginazione, le violazioni dei diritti umani e la trasgressioni allo Stato di Diritto.

 

2. Riaffermiamo, come principio generale, che il rafforzamento della CELAC quale forum e protagonista politico internazionale è una delle nostre priorità. In questo contesto, consideriamo fondamentale ricercare il perfezionamento del coordinamento e della cooperazione tra i membri della CELAC, nel quadro degli organismi internazionali, sempre che questo sia possibile e percorribile.

 

3. Esprimiamo il nostro più profondo cordoglio per il decesso del Comandante Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Rafael Chávez Frías, avvenuto il 5 marzo del 2013, uno dei principali fondatori e propulsori della CELAC, umanista instancabile e stimolo dell’unione latinoamericana e caraibica, che ha lottato contro l’esclusione sociale, la povertà e ha dato impulso allo sviluppo integrale della regione.

 

4. Sottolineiamo il nostro proposito di continuare ad avanzare uniti nella concertazione e nell’integrazione latinoamericana e caraibica, e nel consolidamento della nostra Comunità, secondo gli ideali e ai sogni dei nostri liberatori e padri della patria. Ratifichiamo la nostra decisione di decidere azioni che ci permettano di prevenire, e se del caso, affrontare in modo coordinato, gli effetti dell’attuale crisi internazionale di molteplici interrelazioni, che continua ad avere un impatto negativo sugli sforzi dei nostri paesi per aumentare la crescita e lo sviluppo sostenibile e integrale della regione.

 

5. Promuoviamo una visione di sviluppo integrale ed inclusivo che garantisca lo sviluppo sostenibile e produttivo, in armonia con la natura, in quegli ambiti in cui possiamo costruire sinergie, specialmente in aree come quelle dell’energia, dell’infrastruttura e del commercio inter-regionale, la produzione di alimenti, le industrie intermedie, gli investimenti e il finanziamento, con il proposito di raggiungere il maggiore sviluppo sociale per i nostri popoli.

 

6. Assumiamo il nostro impegno per lo sviluppo regionale integrato, non escludente ed equo, tenendo conto dell’importanza di assicurare un trattamento favorevole alle economie piccole e vulnerabili, ai paesi in sviluppo senza litorale e gli Stati insulari.

 

7. Salutiamo gli importanti risultati raggiunti nelle Riunioni dei Coordinatori Nazionali e dei Ministri delle Relazioni Estere tenutesi finora, e facciamo appello affinché siano applicate decisioni e mandati contenuti negli accordi raggiunti, sulla base dei principi di flessibilità e partecipazione volontaria.

 

8. Riconosciamo che l’esperienza dei due anni di esistenza della CELAC dimostra l’importanza del dialogo permanente per rafforzare il consenso su temi d’interesse regionale, sulla base dei principi di solidarietà, complementarità con altre esperienze o istituzioni regionali e sub-regionali, e cooperazione, orientati a raggiungere risultati concreti per ottenere lo sviluppo sostenibile, solidale e inclusivo degli Stati latinoamericani e caraibici. Rimarchiamo l’avanzamento nel dialogo con i Meccanismi regionali e sub-regionali di integrazione.

 

9. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché prenda misure urgenti per far fronte alle fragilità e squilibri sistemici. Esprimiamo il nostro desiderio di lavorare congiuntamente per superare le sfide che ci presenta l’attuale scenario internazionale, e a mettere in atto sforzi per dare impulso a ritmi di crescita economici sostenuti, dinamici e di lungo periodo per la regione, che favoriscano  equità e inclusione sociale crescente e l’integrazione dell’America Latina e dei Caraibi, tenendo conto del valore dell’imprenditoria e delle PYMES [n.d.t.: piccole e medie imprese] come strumenti per rafforzare le economie nazionali.

 

10. Riaffermiamo che per sradicare la povertà e la fame è necessario dare impulso a politiche economiche che favoriscano la produttività e lo sviluppo sostenibile delle nostre nazioni, lavorare per rafforzare l’ordine economico mondiale a beneficio dei nostri paesi, incoraggiare la complementarità, la solidarietà e la cooperazione, ed esigere l’attuazione degli impegni presi dai paesi sviluppati per aiutare lo sviluppo.

 

11. Ratifichiamo la nostra volontà di promuovere la crescita, il progresso, l’inclusione sociale e lo sviluppo sostenibile dei nostri Stati, formulando e sviluppando piani, politiche e programmi nazionali con mete quantificabili e calendari, diretti all’universalizzazione del godimento e dell’esercizio dei diritti economici, sociali e culturali, con attenzione prioritaria alle persone in condizione di povertà estrema e ai settori in situazione di vulnerabilità come le popolazioni indigene, afro-discendenti, donne, bambini, persone disabili, anziani, giovani e migranti.

 

12. Accogliamo con favore il successo della III Conferenza Globale sul Lavoro Infantile, e reiteriamo il nostro impegno ad eliminare le peggiori forme di lavoro infantile prima del 2016, come pure a sradicare il lavoro infantile nel tempo più breve possibile.

 

13. Accogliamo con favore l’adozione della Dichiarazione e il Piano di Azione di Caracas delle autorità dello Sviluppo Sociale per lo Sradicamento della Fame e della Povertà. Continueremo a lavorare a piani, politiche e programmi nazionali per ridurre progressivamente le disuguaglianze di reddito -che sono alla base stessa della fame, della povertà e dell’esclusione sociale- mediante, tra le altre, politiche fiscali progressive, di creazione di impiego formalizzato permanente, di protezione, di assistenza e di previdenza sociale, di istituzione di salari minimi e del loro progressivo aumento, che si concretizzeranno secondo le capacità di ciascun membro della CELAC, aumentando gradualmente l’investimento sociale.

 

14. Attribuiamo la più alta priorità al rafforzamento della sicurezza alimentare e nutrizionale, all’alfabetizzazione e post-alfabetizzazione, all’istruzione generale pubblica e gratuita, all’istruzione tecnica, professionale e superiore di qualità e tipo sociale, al possesso della terra, allo sviluppo dell’agricoltura, compresa quella familiare e contadina e del lavoro decente e duraturo, dell’appoggio ai piccoli produttori agricoli, all’assicurazione contro la disoccupazione, alla sanità pubblica universale, al diritto all’abitare adeguato per tutti e tutte, e allo sviluppo produttivo e industriale come fattori decisivi per lo sradicamento della fame, della povertà e dell’esclusione sociale.

 

15. Reiteriamo il nostro impegno a lavorare congiuntamente nel rafforzamento dei meccanismi nazionali, regionali e multilaterali nella lotta contro il traffico illecito di beni culturali e per assicurare l’integrazione culturale dei nostri popoli attraverso la promozione dello scambio dei saperi culturali, tradizionali e moderni.

 

16. Riconosciamo che i popoli indigeni e le comunità locali svolgono un ruolo importante nello sviluppo economico, sociale e ambientale, come pure l’importanza delle pratiche agricole tradizionali sostenibili associate alla biodiversità e allo sfruttamento delle loro risorse, il loro diritto di accesso all’acqua sufficiente per l’irrigazione, secondo quanto previsto dalla legislazione di ciascun paese, e i sistemi comunali di possesso della terra, e quelli tradizionali di somministrazione delle sementi, e l’accesso al finanziamento ed ai mercati.

 

17. Abbiamo deciso di rafforzare, in modo integrale, la base produttiva ponendo l’accento sulle pratiche locali e culturali sostenibili dei popoli indigeni e delle comunità locali, per una gestione integrale che ottimizzi l’uso e l’accesso all’acqua per irrigazione, dal punto di vista della gestione dei bacini idrici, il recupero della fertilità del suolo mediante la rotazione delle colture, concimi organici, terrazzamenti e conservazione e incremento della biodiversità, attraverso il recupero e la creazione di sementi native e la produzione di sementi migliorate.

 

18. Sottolineiamo il ruolo fondamentale delle politiche pubbliche e riconosciamo il valido contributo del settore privato, della società civile, dei movimenti sociali e della società nel suo insieme. Prendiamo atto dei progressi ottenuti e ci impegniamo a continuare a sostenerli attivamente, con rispetto delle  priorità e strategie nazionali di sviluppo di ciascuno Stato per raggiungere le mete di sradicamento della fame, della povertà e dell’esclusione sociale. Riconosciamo l’importanza della cooperazione internazionale, regionale e bilaterale a tal fine.

 

19. Riconosciamo le iniziative nazionali, sub-regionali e regionali dirette a garantire il diritto umano all’alimentazione e a promuovere la sicurezza alimentare e nutrizionale, a ridurre i livelli di povertà e dare impulso all’inclusione piena, e accogliamo con favore i progressi raggiunti in questi impegni, come pure sottolineiamo che, per garantire ulteriori successi, devono essere privilegiati la complementarità e la solidarietà tra le nostre nazioni.

 

20. Reiteriamo l’impegno a rafforzare i meccanismi di prosecuzione in ogni paese dei programmi e dei progetti sociali che si implementeranno nei diversi settori, con speciale attenzione ai gruppi di popolazioni in situazioni di maggiore vulnerabilità, al fine di valutare con una prospettiva multidimensionale il loro impatto e condividere la migliori pratiche con il resto dei paesi della regione.

 

21. Appoggiamo l’Iniziativa America Latina e Caraibi Senza Fame 2025.

 

22. Riaffermiamo la nostra volontà di dare impulso a programmi regionali, sub-regionali bilaterali e triangolari di cooperazione per lo sviluppo, come pure una politica regionale di Cooperazione Sud-Sud e Triangolare, che tengano conto delle caratteristiche e necessità specifiche delle diverse aree e subregioni, come pure di ciascuno dei paesi che le compongono.

 

23. Riconosciamo, in questo senso, le isole dei Caraibi e il Centroamerica, come pure i paesi della costa nord dell’America del Sud con aree costiere basse, come le regioni di maggior vulnerabilità dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, e sosteniamo la promozione del commercio solidale e complementare, gli investimenti e progetti, e le azioni di cooperazione avviate per superare le diverse sfide e difficoltà associate alla loro vulnerabilità.

 

24. Ci impegniamo a continuare a contribuire allo sforzo di ricostruzione e sviluppo di Haiti, conformemente con gli ambiti di priorità definiti dal suo governo, e con pieno rispetto della sua autorità e sovranità, come pure del principio di non intervento negli affari interni, conformemente alla risoluzione sulla cooperazione speciale con Haiti approvata dalle Ministre e Ministri delle Relazioni Estere, e ratificata dai Capi di Stato e/o Governo nel I Vertice della CELAC. Sollecitiamo i Governi, i donatori tradizionali e le istituzioni finanziarie internazionali ad appoggiare più ampiamente e rapidamente l’esecuzione del Piano di Sviluppo Strategico Nazionale (NSDH) del governo di Haiti, specie nell’ambito dell’agricoltura. Li sollecitiamo, inoltre, ad appoggiare il Piano Nazionale per l’Eliminazione del Colera, che richiede misure urgenti di prevenzione e controllo, come pure investimenti in infrastrutture d’acqua, sanificazione e rafforzamento della capacità delle istituzioni del paese.

 

25. Affermiamo che, per l’elaborazione di un’Agenda Strategica Regionale sulla gestione Integrale del Rischio di Disastri, è necessario che la tematica sia riconosciuta come un processo integrato da azioni relative alla stima e riduzione del rischio, alla preparazione, all’assistenza umanitaria e alla ricostruzione, che dovrebbero far parte di un Piano di Azione coordinato e articolato tra gli enti locali, nazionali, sub-regionali e regionali.

 

26. Ci impegniamo a continuare a consolidare solidi principi regionali in materia di riconoscimento dei diritti dei migranti, come pure ad approfondire il coordinamento delle politiche migratorie regionali e delle posizioni comuni nei negoziati globali e interregionali sulle migrazioni, e specialmente nella promozione del dibattito internazionale sul nesso tra la migrazione, lo sviluppo e i diritti umani.

 

27. Riaffermiamo la nostra volontà e impegno di continuare ad avanzare nel conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

 

28. Ratifichiamo l’importanza cruciale del processo intergovernativo di formazione dell’Agenda di Sviluppo Post 2015, che dovrebbe essere aperto, trasparente e inclusivo. Sottolineiamo che la nuova agenda di sviluppo dovrebbe essere formulata sulla base del rispetto incondizionato dei principi consacrati nella Carta delle Nazioni Unite, alla luce dei principi consacrati nel Documento Finale di Rio+20 “Il Futuro che Vogliamo”; come pure i diversi approcci, punti di vista, modelli e strumenti che i paesi hanno deciso per raggiungere lo sviluppo sostenibile, in funzione delle proprie situazioni e priorità nazionali. avendo cura che il processo sia universale e sufficientemente flessibile per rispondere alle priorità, condizioni e necessità dei paesi in via di sviluppo e tenendo conto delle necessità specifiche dei diversi paesi, includendo i paesi meno sviluppati, i paesi del litorale, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e i cosiddetti paesi a reddito medio.

 

29. Riconosciamo l’urgente necessità che la nuova Agenda di Sviluppo includa esplicitamente come obiettivo - con indicatori e tempi di conclusione precisi- i mezzi d’implementazione che ne garantiscano la conclusione, tra cui figurano nuove risorse finanziarie, addizionali e prevedibili, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia, la creazione di abilità nei paesi in via di sviluppo.

 

30. La nuova Agenda deve partire dall’esperienza nel conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, per definire armonicamente gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile; deve escludere qualsiasi condizionamento; e eliminare le divisioni all’interno delle società, tra regioni e su scala globale. Contemporaneamente, dovrà rafforzare l’impegno della comunità internazionale affinché le persone siano al centro delle sue preoccupazioni, per promuovere la crescita economica sostenuta e includente, lo sviluppo sociale partecipativo e la protezione dell’ambiente.

 

31. Riaffermiamo la Risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite A/RES/64/292, del 28 luglio del 2010, in cui l’Assemblea Generale riconosce il diritto all’acqua potabile e alla sanificazione come un diritto umano essenziale per il pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani.

 

32. Convinti che il cambiamento climatico è uno dei più gravi problemi del nostro tempo, esprimiamo profonda preoccupazione per il suo crescente impatto negativo nei paesi in via di sviluppo e i piccoli Stati insulari in particolare, perché compromette gli sforzi per lo sradicamento della povertà e per raggiungere lo sviluppo sostenibile. In questo contesto, e nel quadro del principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle rispettive capacità, riconosciamo che la natura globale del cambiamento climatico richiede la cooperazione di tutti i paesi e la loro partecipazione in una risposta internazionale concreta e appropriata, conformemente alla responsabilità storica di ciascuno in questo fenomeno, per accelerare la riduzione globale delle emissioni mondiali di gas con effetto serra e l’adozione di misure di adattamento, conformi alle disposizioni e principi della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento Climatico e le decisioni adottate nelle Conferenze delle Parti.

 

33. Approviamo la realizzazione del Dialogo Interattivo dell’Assemblea Generale sull’Armonia con la Natura, che si è tenuta a New York il 22 aprile 2013, nel quadro della commemorazione del Giorno Internazionale della Madre Terra, evento che ha discusso i differenti approcci economici, nel contesto dello sviluppo sostenibile, per promuovere in modo più etico il rapporto tra l’umanità e la Terra.

 

34. Accogliamo la recente sottoscrizione della nuova Convenzione di Minamata sul Mercurio come il primo strumento vincolante negoziato nell’ambito delle Nazioni Unite negli ultimi dodici anni, e il primo dell’agenda post Rio+20 sullo sviluppo sostenibile, rimarcando che la stessa presuppone un grande passo nello sviluppo del diritto ambientale internazionale, avendo come obiettivo la protezione della salute umana e dell’ambiente dai rischi del mercurio, sollecitando molto insistentemente i paesi membri a prendere misure che ne rendano possibile la rapida entrata in vigore e la sua effettiva implementazione. Sollecitiamo, inoltre, alla partecipazione nella riunione regionale del GRULAC [n.d.t.: Gruppo Regionale ONU dell’America Latina e Caraibi] , preparatoria della Sesta Sessione del Comitato Negoziatore Intergovernativo del Mercurio (INC-6).

 

35. Noi, paesi dell’America Latina e dei Caraibi, abbiamo espresso il nostro appoggio alla Presidenza peruviana della 20ª Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cmbiamento Climatico e della 10ª Riunione delle parti del Protocollo di Kioto, che avranno luogo a Lima, in Perù, dal 1° al 12 dicembre del 2014 e ci sentiamo impegnati ad assicurarne il successo anche della sua fase preparatoria, passi che sono essenziali nel processo di sviluppo di uno strumento legale rafforzato nella Convenzione che si deve presentare nel 2015. Sottolineiamo l’importanza che detto strumento, per essere efficace e facilitare la partecipazione di tutti i paesi, deve rispettare i principi e le disposizioni della Convenzione.

 

36. Incoraggiamo la partecipazione dei rappresentanti dei paesi della Comunità nella prima Pre-COP Sociale sul Cambiamento Climatico che avrà luogo tra il 13 e il 16 ottobre 2014 a Caracas, in Venezuela, che rappresenta un’iniziativa importante nel processo dei negoziati nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico per rafforzare l’alleanza popoli-governi nella costruzione del futuro regime necessario per far fronte al cambiamento climatico.

 

37. Ci impegniamo, conformemente alle nostre capacità e legislazioni interne, ad appoggiare la ricerca scientifica sulla tossicodipendenza nei paesi della CELAC, con lo scopo di avanzare nello sviluppo delle cure, compresi vaccini ed antidoti.

 

38. Riaffermiamo il carattere latinoamericano e caraibico di Portorico e, prendendo atto delle risoluzioni su Portorico adottate dal Comitato Speciale delle Nazioni Unite per la Decolonizzazione, riaffermiamo che è argomento d’interesse della CELAC.

 

39. Noi paesi membri della CELAC ci impegniamo a continuare a lavorare nel quadro del Diritto Internazionale e, in particolare, della Risoluzione 1514 (XV) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1960, per ottenere che la regione dell’America Latina e Caraibi sia un territorio libero da colonialismo e colonie.

 

40. Affidiamo al Quartetto della CELAC, con la partecipazione di altri Stati membri che desiderino aggiungersi a questo incarico, il compito di presentare proposte per avanzare in quanto segnalato al paragrafo 38 di questa Dichiarazione.

 

41. Reiteriamo il nostro rifiuto delle liste e certificazioni unilaterali da parte di paesi sviluppati che danneggiano paesi dell’America Latina e dei Caraibi, in particolare quelle riferite a terrorismo, narcotraffico, tratta di persone e altre di carattere analogo e ratifichiamo il Comunicato Speciale, approvato dalla CELAC lo scorso 5 giugno, che rifiuta l’inclusione di Cuba, da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, nella cosiddetta Lista di Stati che promuovono il terrorismo Internazionale.

 

42. Riaffermiamo la Dichiarazione di Santa Cruz, denominata “Ama Qhilla, Ama Llulla y Ama Suwa” (non rubare, non mentire e non essere pigro), della Prima Riunione Specializzata delle Ministre, Ministri e Alte Autorità di Prevenzione e Lotta contro la Corruzione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC), adottata a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, l’8 novembre del 2013, nella quale si stabilisce, tra le altre cose, che i crimini di corruzione devono essere combattuti con rigore e senza intralci nella loro ricerca, giudizio e sanzione nel rispetto delle legislazioni nazionali e degli accordi internazionali in vigore; inoltre, apprezziamo la creazione di un Gruppo di Lavoro specializzato nella Prevenzione e Lotta contro la Corruzione, che elaborerà un Piano di Lavoro al fine di promuovere e dare impulso alle linee d’azione secondo le basi e le priorità stabilite nella Dichiarazione e nel Piano d’Azione della CELAC per il 2014, ottimizzando le risorse, integrando i lavori sviluppati in altri meccanismi e forum multilaterali ed evitando da duplicazione degli sforzi.

 

43. Sottolineiamo l’importanza che i nostri paesi rafforzino la loro preparazione in materia di cura delle controversie internazionali, e consideriamo che si debba valutare la possibilità che la nostra regione si doti di meccanismi appropriati per la soluzione delle controversie con investitori stranieri. manifestiamo la nostra solidarietà ai paesi dell’America Latina e dei Caraibi che sono danneggiati da pretese che mettono a rischio lo sviluppo dei loro popoli, e invitiamo le imprese e i gruppi transnazionali a mantenere un comportamento responsabile e coerente con le politiche pubbliche adottate dagli Stati recettori dell’investimento.

 

44. Riaffermiamo l’importanza di sviluppare strumenti che permettano di rafforzare il sistema finanziario internazionale, che dovrebbe contemplare una regolamentazione più stretta e fattiva dei grandi enti finanziari, e l’adozione di misure concrete per ottenere migliori pratiche internazionali nei flussi finanziari internazionali. In linea con questo risulta di grande rilievo la riduzione della dipendenza eccessiva dalle valutazioni delle agenzie che attribuiscono il rischio creditizio.

 

45. Consideriamo indispensabile, per la stabilità e prevedibilità dell’architettura finanziaria internazionale, garantire che gli accordi raggiunti tra debitori e creditori nel quadro dei processi di ristrutturazione dei debiti sovrani siano rispettati, permettendo che i flussi di pagamento siano distribuiti ai creditori cooperanti secondo quanto concordato con gli stessi nel processo di riadeguamento consensuale del debito. È necessario contare su strumenti che rendano possibili accordi ragionevoli e definitivi tra creditori e debitori sovrani, permettendo di far fronte a problemi di sostenibilità del debito in modo ordinato.

 

46. Esprimiamo la nostra convinzione circa l’importanza che hanno acquisito i flussi d’investimento straniero diretti nella nostra regione e la necessità che gli stessi contribuiscano effettivamente ai processi di sviluppo dei nostri paesi, e sfocino in un aumento dei livelli di benessere delle nostre società, senza imposizione di condizioni, nel rispetto della loro sovranità e in accordo con i loro piani e programmi nazionali di sviluppo.

 

47. Consideriamo necessario contare su uno strumento di pianificazione latinoamericana e caraibica di fronte alle nuove sfide che affronta la CELAC, ragion per cui sono imperativi gli sforzi collettivi di integrazione, solidarietà e cooperazione, mutuamente vantaggiosa in particolare con quei paesi vulnerabili e di minore sviluppo relativo che serviranno per ottenere obiettivi chiari, misurabili e adattabili alle distinte realtà nazionali, con prospettiva allo sradicamento della povertà e alla promozione dello sviluppo possibile.

 

48. Ratifichiamo l’importanza della cooperazione e integrazione finanziaria regionale. In quel senso, appoggiamo le risoluzioni adottate dalle Ministre e Ministri della CELAC nelle loro riunioni del 2013.

 

49. Accogliamo con piacere il fatto che il Governo dello Stato Plurinazionale di Bolivia e il popolo boliviano abbiano lanciato con successo nello spazio il primo satellite boliviano di comunicazione denominato “Túpac Katari” (TKSAT-1), realizzato il 20 dicembre del 2013 nel centro spaziale Xichang, della Repubblica Popolare Cinese, riconoscendo che i benefici del Satellite arriveranno a milioni di boliviani, facilitando l’accesso all’istruzione e all’informazione e garantiranno l’esercizio dei diritti umani e faciliteranno lo scambio di conoscenze scientifiche tra i difversi popoli dell’America latina e dei Caraibi.

 

50. Reiteriamo il nostro più fermo appoggio ai legittimi diritti della Repubblica Argentina nella disputa di sovranità per le Isole Malvine, Georgia del Sud e Sandwich del Sud e per gli spazi marittimi circostanti, come pure il permanente interesse che questa disputa si risolva per vie pacifiche e di negoziato, come disposto dalla Risoluzione 31/49 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

51. Riaffermiamo il nostro impegno nel principio del diritto sovrano degli Stati di disporre delle loro risorse naturali e di gestirle e regolarle. Manifestiamo, inoltre, il diritto dei nostri popoli di godere, in maniera sostenibile, delle risorse naturali che possiedono il potenziale di essere utilizzate come un’importante fonte di finanziamento dello sviluppo economico, della giustizia sociale e del benessere dei nostri popoli.

 

52. Riaffermiamo il nostro più profondo rifiuto all’applicazione di misure coercitive unilaterali e riaffermiamo, ancora una volta, la nostra solidarietà con la Repubblica di Cuba mentre reiteriamo il nostro appello al governo degli Stati Uniti d’America a porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario che impone a detta nazione sorella da oltre cinque decenni.

 

53. Ci impegniamo a continuare a lavorare per consolidare l’America Latina e i Caraibi come Zona di Pace, nella quale i disaccordi tra le nazioni si risolvano attraverso il dialogo e il negoziato o alte forme di soluzione pacifica stabilite dal Diritto Internazionale.

 

54. Tenendo conto degli obiettivi abbozzati nella Dichiarazione del Suriname, approvati nella Prima Riunione dei Ministri della Cultura della CELAC tenutasi nei giorni 14 e 15 marzo a Paramaribo, in Suriname, abbiamo posto l’accento sull’importanza della cultura in America Latina e nei Caraibi come fondamento dell’identità di ciascun paese e come catalizzatore dei processi d’integrazione regionale. Sottolineiamo l’importanza della cultura e dell’industria culturale per le economie nazionali e assumiamo l’impegno di promuovere l’imprenditoria culturale quale strumento di conservazione del nostro patrimonio culturale e generatore di opportunità d’impiego e ricchezza per i nostri popoli, in modo tale da contribuire al benessere dei nostri cittadini e al progresso della società nel suo insieme.

 

55. Esprimiamo la nostra soddisfazione per la realizzazione del IV Vertice Mondiale delle Arti e della Cultura, tenutosi a Santiago del Cile tra il 13 e il 16 dello scorso gennaio, che ha contribuito a proiettare la regione come scenario privilegiato per canalizzare incontri e dialoghi a vocazione universale nell’ambito della cultura.

 

56. Reiteriamo il nostro appoggio al processo di dialogo che si porta avanti a L’Avana, in Cuba, tra il Governo della Colombia e le FARC, e salutiamo i progressi raggiunti mediante l’ottenimento di accordi in due importanti punti dell’agenda. Sollecitiamo le parti a continuare il processo diretto a porre fine a un conflitto che per più di 50 anni ha danneggiato lo sviluppo politico, sociale ed economico di quella nazione sorella. Salutiamo e ringraziamo, per il ruolo di paesi garanti, Cuba e Norvegia, e di paesi accompagnanti, Cile e Venezuela, nei risultati ottenuti.

 

57. Reiteriamo il nostro appoggio alla proclamazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a dicembre del 2013 del Decennio Internazionale dei Discendenti Africani, che inizierà il 1° gennaio del 2015, con il tema “Afro-Discendenti giustizia e sviluppo”; come pure al Comunicato approvato dai Ministri delle Relazioni Estere della CELAC, nella loro terza riunione, che proclama il Decennio dei Discendenti Africani Latinoamericani e Caraibici, iniziato il 1° gennaio del presente anno.

 

58. Riconosciamo l’importanza di considerare il ruolo essenziale dell’azione collettiva dei popoli indigeni e delle popolazioni locali nella conservazione e uso sostenibile della diversità biologica come apporto significativo per il Pianeta. Appoggiamo le azioni che si stanno sviluppando per dare impulso al loro riconoscimento ufficiale.

 

59. Reiteriamo la necessità di prendere misure per proteggere i diritti delle conoscenze tradizionali e ancestrali dei popoli indigeni e tribali e delle comunità locali, evitando che vengano danneggiati da terzi attraverso registri che non riconoscano la loro titolarità, come pure di promuovere la partecipazione giusta ed equa ai profitti che derivino dal loro utilizzo. Appoggiamo il negoziato che si sta portando avanti a questo proposito nei forum multilaterali competenti.

 

60. Rimarchiamo che i negoziati del Documento Finale breve e orientato all’azione della Conferenza Mondiale sui Popoli Indigeni, della Riunione Plenaria di Alto Livello del sessantanovesimo periodo di sessioni dell’Assemblea, che sarà conosciuta come Conferenza Mondiale sui Popoli Indigeni che si terrà il 22 e 23 settembre del 2014 a New York, saranno diretti a condividere i punti di vista e le migliori pratiche sulla realizzazione dei diritti dei popoli indigeni, compresa la realizzazione degli obiettivi della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei Popoli Indigeni, e prendiamo nota delle raccomandazioni dei principali temi della Conferenza Preparatoria Mondiale dei Popoli Indigeni per la Conferenza Mondiale sui Popoli Indigeni, tenutasi dal 10 al 12 giugno del 2013, ad Alta, in Norvegia. Prendiamo atto dell’iniziativa del Governo del Messico di portare a buon fine una riunione preparatoria della Conferenza Mondiale in aprile 2014.

 

61. Appoggiamo l’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare dichiarato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

62. Accogliamo con favore la scelta dello Stato Plurinazionale di Bolivia per la Presidenza del Gruppo dei 77 e della Cina durante il 2014, e ci impegniamo a dar loro tutto il nostro appoggio nell’esercizio di detta responsabilità affinché ci siano risvolti a favore degli interessi dell’America latina e dei Caraibi. Inoltre, accogliamo con favore l’organizzazione di un Vertice di capi di Stato e di Governo del Gruppo dei 77 più la Cina, che avrà luogo a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, nei giorni 14 e 15 di giugno del 2014, in commemorazione del 50° anniversario della fondazione del G77.

 

63. Consideriamo la necessità di una distribuzione geografica equa nel sistema delle Nazioni Unite e poniamo l’accento sulle necessità che l’America Latina e i Caraibi incrementino quantitativamente e qualitativamente la loro presenza in posti chiave delle Nazioni Unite e altri organismi internazionali, obiettivo al quale dedicheremo i nostri migliori sforzi.

 

64. Reiteriamo le nostre posizioni su una riforma integrale del sistema delle Nazioni Unite, e in particolare, sulla democratizzazione delle istanze decisionali internazionali, in particolare il Consiglio di Sicurezza. La democratizzazione che si richiede deve includere la rappresentatività, la trasparenza, l’efficienza democratica, il rispetto per i mandati di altri organi delle Nazioni Unite e rendere debitamente conto a tutti i membri dell’ONU:

 

65. Considerando che la migrazione internazionale è un fenomeno globale che coinvolge oltre 220 milioni di persone tra cui donne, bambini, bambine, adolescenti e indigeni, riconosciamo il valore del contenuto della risoluzione adottata durante il II Dialogo di Alto Livello delle Nazioni Unite sulla Migrazione e lo Sviluppo (DAN2013), che privilegia approcci ai diritti umani, sottolinea l’urgenza di proteggere i gruppi più vulnerabili nei flussi migratori e insiste sulla necessità di un maggior coinvolgimento delle Nazioni Unite, delle sue agenzie, fondi e programmi in materia, come pure l’interesse a includere il tema della migrazione internazionale nell’Agenda di Sviluppo Post 2015, tra le altre cose, e ci impegniamo a rafforzare le azioni di cooperazione, nel quadro della responsabilità condivisa, per avanzare nella cura delle molteplici sfide che la migrazione internazionale ci lancia.

 

66. Ratifichiamo l’impegno per rafforzare la lotta contro la delinquenza organizzata transnazionale, in conformità con il Diritto Internazionale. In quel contesto, siamo coscienti che il crimine e la violenza costituiscono un ostacolo per lo sviluppo pieno dell’America Latina e dei Caraibi, e poniamo l’accento sulla necessità di contare su una visione di consenso regionale di sicurezza cittadina con un approccio allo sviluppo umano e al rispetto dei diritti umani e dei principi di sovranità nazionale e della non ingerenza negli affari interni. Con questa prospettiva dobbiamo rafforzare i meccanismi di dialogo e coordinamento per migliorare le strategie regionali sulla sicurezza cittadina e lo sviluppo sostenibile.

 

67. Esprimiamo la nostra più seria preoccupazione per la grave situazione umanitaria e di sicurezza nella Repubblica Araba di Siria e per la minaccia che rappresenta per il Medio Oriente e per la pace e la sicurezza internazionale. Un encomio va alle parti siriane per aver accettato di sostenere negoziati diretti nella Conferenza Internazionale sulla situazione in Siria (Ginevra II), sotto gli auspici dell’Inviato Speciale Congiunto delle Nazioni Unite e della lega degli Stati Arabi. Ci congratuliamo con il Segretario Generale delle Nazioni Unite per aver organizzato detta Conferenza. Il dialogo e il negoziato sono urgenti ed essenziali per avanzare negli sforzi di riconciliazione nazionale e per garantire la piena applicazione degli Accordi di Ginevra in Siria. Riaffermiamo che solo un processo politico includente guidato dai siriani potrà condurre alla pace e alla realizzazione delle legittime aspirazioni del popolo siriano, sulla base della stretta applicazione dei principi di sovranità, indipendenza, autodeterminazione, integrità territoriale e non ingerenza negli affari interni.

 

68. Sottolineiamo che si è tenuta, per la prima volta nelle Nazioni Unite, una Riunione di Alto Livello sul Disarmo Nucleare, il 26 settembre 2013, nella quale la CELAC ha riaffermato la necessità urgente di avanzare verso il disarmo nucleare e ottenere l’eliminazione totale e generale delle armi nucleari in modo trasparente, irreversibile e verificabile, e ha sollecitato a lavorare per avanzare nei negoziati di uno strumento universale giuridicamente vincolante, che proibisca le armi nucleari con un calendario concordato in modo multilaterale. Ci impegniamo a dare continuità a dette posizioni.

 

69. Esprimiamo la nostra più forte preoccupazione per le conseguenze umanitarie di enormi proporzioni e gli effetti globali di qualsiasi detonazione nucleare accidentale o intenzionale. Esortiamo la comunità internazionale a riaffermiamo la propria preoccupazione sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari, ovunque si porti avanti il dibattito su questo tipo di armi. Diamo il benvenuto ai risultati della Conferenza di Oslo sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari, tenutasi in marzo del 2013 e, in questo senso, facciamo un appello a tutti gli Stati a partecipare alla seconda Conferenza Internazionale sull’Impatto Umanitario delle Armi Nucleari, che si terrà in Messico nei giorni 13 e 14 febbraio 2014.

 

70. Prendiamo atto, con soddisfazione, dell’accordo preliminare tra la Repubblica islamica dell’Iran e il Gruppo 5+1 a Ginevra sul programma nucleare iraniano, che dimostra che il dialogo e il negoziato sono la via per dirimere le controversie tra gli Stati, e manifestiamo la nostra aspettativa che presto si raggiunga una soluzione ampia e duratura per la questione. Ratifichiamo il diritto inalienabile di tutti gli Stati, in conformità con quanto disposto nel TNP, di sviluppare la ricerca, la produzione e l’utilizzo dell’energia nucleare a fini pacifici senza discriminazione, che, insieme al disarmo e alla non proliferazione, costituiscono i pilastri del Trattato sulla Non Proliferazione delle Armi Nucleari, del quale tutti noi membri della CELAC facciamo parte.

 

71. Reiteriamo il nostro appello affinché la Conferenza per l’istituzione di una zona libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa in Medio Oriente si tenga il prima possibile, in conformità con quanto concordato tra le Parti del Trattato sulla Non Proliferazione delle Armi Nucleari nel 1995, 2000 e 2010, poiché contribuirebbe validamente al rafforzamento della pace e della sicurezza internazionale.

 

72. Rimarchiamo il valore e il contributo alla pace e alla sicurezza internazionale del Trattato per la Proscrizione delle Armi Nucleari in America Latina e nei Caraibi e i suoi Protocolli (Trattato di Tlatelolco), che ha stabilito la prima zona più densamente popolata libera da armi nucleari nel pianeta. Sottolineiamo il nostro pieno appoggio ai lavori dell’Organismo per la Proscrizione delle Armi Nucleari in America Latina e nei Caraibi e, in questo senso, riaffermiamo l’importanza della collaborazione e cooperazione tra la CELAC e la OPANAL, organo specializzato della regione per articolare posizioni comuni e lavori congiunti in materia di disarmo nucleare.

 

73. Prendiamo atto dell’adozione del Trattato sul Commercio di Armi prodotto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nell’aprile del 2013.

 

74. Prendiamo atto delle attività internazionali della CELAC, specialmente la visita della Troika Ministeriale ampliata alla Federazione Russa, le riunioni della Troika Ministeriale aperta della CELAC con i Ministri delle Relazioni con l’Estero della Repubblica di Corea, la Repubblica Popolare Cinese, il consiglio di Cooperazione per gli Stati Arabi del Golfo, Turchia e Giappone realizzate a New York in occasione dell’inizio del 68° Periodo di Sessioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, come pure i lavori per concertare, con ciascuno di questi interlocutori, una Tabella di Marcia per il dialogo e la cooperazione.

 

75. Ci congratuliamo per la fondazione del Forum CELAC-Cina e del Meccanismo di Dialogo con la Federazione Russa, elementi che possono avere un apporto positivo per le attività della Comunità.

 

76. Siamo convinti che è necessario proseguire nella ricerca di nuove sinergie della CELAC a livello internazionale, per la qual cosa è necessario riprendere quelle che già erano iniziate nel 2012 e stabilire modalità addizionali di convergenza e relazione.

 

77. Accogliamo con favore il coordinamento tra gli Stati membri della CELAC nelle Nazioni Unite, ed esprimiamo la nostra disposizione a continuare a lavorare gradualmente nella materia, e ad ampliare il lavoro in altre sedi nei casi in cui risulti possibile e necessario.

 

78. Esprimiamo inoltre il nostro appoggio al processo preparatorio del II Vertice CELAC-UE, che si terrà a Bruxelles nel 2015. Incarichiamo i Coordinatori Nazionali e gli Alti Funzionari del Dialogo CELAC-UE, secondo le competenze, di portare a termine il negoziato dell’accordo internazionale per la creazione della Fondazione EULAC, in vista del II Vertice CELAC-UE.

 

79. Ringraziamo il Presidente della Repubblica del Cile, Eccellentissimo Signor Sebastián Piñera Echenique, che quest’anno conclude il suo mandato, per l’eccellente lavoro e guida sviluppati durante il processo di convergenza e messa in funzione della Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici, che si è concluso con il successo del I Vertice della CELAC, tenutosi a Santiago, in Cile, nei giorni 27 e 28 gennaio del 2013.

 

80. Ringraziamo la Repubblica del  Costa Rica per accogliere la Presidenza Pro Tempore della CELAC nell’anno 2014 e il III vertice della CELAC nel 2015. Riconosciamo all’Eccellentissima Signora Laura Chinchilla Miranda, Presidente della Repubblica del Costa Rica, che terminerà il suo mandato a maggio del 2014, il suo forte e valido appoggio alla CELAC fin dalla sua origine.

 

81. Ringraziamo la Repubblica dell’Ecuador per accogliere la Presidenza Pro Tempore della CELAC nell’anno 2015 e lo svolgimento del IV Vertice della CELAC.

 

82. Prendiamo atto dell’offerta ripetuta da parte della Repubblica Dominicana per diventare sede della CELAC nel 2016, e presentata a febbraio del 2013.

 

83. Esprimiamo il nostro ringraziamento al Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri della Repubblica di Cuba per la guida e il lavoro realizzato durante l’esercizio della Presidenza Pro Tempore del forum e il riconoscimento al popolo e al Governo di Cuba per l’organizzazione del II Vertice della CELAC a L’Avana nei giorni 28 e 29 gennaio del 2014.

 

L’Avana, 29 gennaio 2014

 

 

 

 

Mentre l’Occidente capitalista e imperialista sta seminando guerre in tutto il mondo, i 33 paesi che costituiscono il continente sudamericano, e che rappresentano niente meno che circa 600 milioni di persone, hanno dichiarato l’America Latina e il Caribe “Zona di pace”, rinunciando all’uso della forza per risolvere qualsiasi disputa fra di loro.

 

E non è poco, perchè bisogna pensare che l’America Latina, da sempre vittima dell’interventismo degli USA, ospita ancor oggi ben 77 basi militari nordamericane, oltre a vedere la presenza nei suoi mari della IV Flotta della Marina nordamericana,  il cui scopo è proprio quello di intervenire, appena se ne presenti l’opportunità, nella politica interna della regione.

 

Il problema della “pace” non è affatto secondario per il continente, che negli ultimi decenni ha vissuto continui conflitti armati.

 

Negli anni ’70 e ’80 quasi tutti i paesi latinoamericani patirono il dramma delle dittature e dei conseguenti conflitti ad alta e “bassa” intensità come quello del Nicaragua rivoluzionario contro la “contra” armata dagli USA.

 

Nel 1995 la guerra del Cenepa, una disputa di frontiera, oppose Ecuador e Perù. Nel 1978 Cile e Argentina si trovarono sul filo di una guerra per la proprietà di alcune isole del canale di Beagle. I marines USA invasero Granada (1983) e Panama (1989) e la guerra delle Malvinas (1982), questione ancora non risolta a tutt’oggi, vide scontrarsi Argentina e Inghilterra.

 

Ma non bisogna andare così lontano: all’Avana erano presenti i presidenti di Cile e Perù, che da molti anni sono in lotta su una questione di confini marittimi oggi risolta con una sentenza inappellabile della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja che Sebastian Pineira e Ollanta Humala, i presidenti dei due paesi presenti entrambi al Vertice, si sono impegnati a rispettare.

 

Non è tutto: sempre all’Avana continueranno i negoziati di pace tra il governo di Bogotà e le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia) ed inizieranno quelli con l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale), l’altra organizzazione guerrigliera presente in Colombia. 

 

La Casa Bianca ha fatto carte false, in questi anni, per impedire che la proposta bolivariana di Hugo Chàvez diventasse realtà, fin dal suo lancio a Caracas nel dicembre2011 da parte del Comandante già malato del cancro che si sarebbe portato via la sua vita. La strategia nordamericana consisteva nel mobilitare quei governi che più gli erano vicini - Messico, Colombia e Cile – ma ha riportato una (altra) solenne sconfitta, visto che questi paesi hanno partecipato al Vertice e ne hanno sottoscritto la dichiarazione finale.

 

Come afferma il politologo argentino Atilio Boron: “La transizione geopolitica internazionale in corso, e che si manifesta con lo spostamento del centro di gravità dell’economia mondiale verso la regione Asia-Pacifico; il declino del potere globale degli Stati Uniti, l’irreparabile crollo del progetto europeo; la persistenza della crisi economica scoppiata a fine 2007 e che sembra accentuarsi sempre più con il passare del tempo e la persistenza di un “ordine” economico mondiale che concentra le ricchezze, emarginale le nazioni e approfondisce la depredazione dell’ambiente hanno agito come potenti incentivi per rimuovere l’iniziale diffidenza che molti governi avevano riguardo alla CELAC”.

 

Il Vertice, con la sua dichiarazione conclusiva, mostra quindi l’emergere sempre più prepotente dell’egemonia politica del blocco dei paesi progressisti e rivoluzionari, da Cuba al Venezuela, dalla Bolivia all’Ecuador.  

 

Nella Dichiarazione conclusiva, molto lunga ma che pubblichiamo integralmente perché ognuno possa valutarne l’importanza, troviamo elencati tutti i temi di dibattito politico di questi anni: dalla lotta alla povertà e al’emarginazione, dal salario minimo al lavoro stabile, dal diritto all’acqua come imprescindibile diritto alla vita, alla casa, ad una vita decente, allo sviluppo sostenibile, alle migrazioni, al ruolo della finanza, dalla guerra in Siria ai negoziati sul programma nucleare dell’Iran…. sarebbe troppo lungo – e anche inutile, data la chiarezza delle posizioni esposte – commentarli.

 

Nulla a che vedere comunque con l’agenda capitalistica dei paesi occidentali, che sta facendo strage della nostra vita e dei nostri diritti.

 

Non troverete piani di privatizzazione, privazione dei diritti, dittatura ferrea del “mercato” a discapito della vita e del futuro di milioni e milioni di persone, ma tutto il contrario: solidarietà, cooperazione, fratellanza per l’avanzamento economico, sociale, culturale e politico dei popoli del continente. Simòn Bolìvar e José Marti, là dove si trovano, avranno certamente brindato all’avverarsi di quello che era il loro sogno. 

 

Vanno dette anche due parole sul ruolo che ha assunto Cuba in questo Vertice.

 

Oltre ad ospitare il 2° Vertice stesso con piena parità e dignità con tutti gli altri stati partecipanti, con la presidenza di Raùl Castro e con gli incontri di numerosi presidenti con Fidel Castro, nella Dichiarazione conclusiva troviamo ben due precise richieste al mondo che la riguardano: la cessazione del crudele e genocida “bloqueo” USA e quella di rimuovere il suo nome dalla lista degli stati “terroristi” stilata dal Dipartimento di Stato. Richieste “condite” dal rifiuto esplicito dei paesi aderenti  alla CELAC al fatto che uno Stato possa unilateralmente stabilire “liste di proscrizione”. Un altro sonoro schiaffo a Washington, che deve inghiottire anche la dichiarazione che Portorico – che gli USA vorrebbero ardentemente veder trasformato nel loro 51° stato – è considerato “problema” di pertinenza della CELAC.

 

Naturalmente la reazione non si è fatta attendere, con la Casa Bianca che ha accusato il vertice di “tradire la democrazia” nel momento in cui “sostiene Cuba”.

 

In genere la stampa europea ha parlato poco o nulla di questo evento, la cui importanza geopolitica è invece sotto gli occhi di tutti. Tuttavia c’è un fatto curioso: la UE dal 1966 applicava la sua “Posizione Comune”, un accordo tra stati che impediva qualsiasi forma di cooperazione con l’isola rivoluzionaria finchè non fosse cambiato il suo regime politico ed economico. Molto recentemente, invece (onnipotenza del “mercato” che ha paura di perdere qualche opportunità?) la UE ha annunciato il desiderio di riaprire i negoziati con l’Avana.  

 

Abbiamo cercato in queste poche righe di inquadrare l’importanza e gli aspetti generali di questo evento, che la lettura della Dichiarazione finale renderà naturalmente molto più chiari. Ci resta da dire che proprio dai paesi poveri ci viene una grande indicazione di lotta per tornare ad avere un futuro per noi e per i nostri figli e la dimostrazione che il nostro – capitalista e imperialista – mondo non è l’unico possibile.  

 

(*) Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni, MI  

 

Mail: cip.mi@tiscali.it                                               web  http://ciptagarelli.jimdo.com

 

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