Il 18 marzo 1978 Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci “Iaio” vengono uccisi in un agguato fascista a Milano. Dopo trentasei anni i loro assassini rimangono impuniti. Vogliamo ricordarli con una testimonianza di un operaio della Breda pubblicata nel libro FAUSTO E IAIO TRENT’ANNI DOPO.
In ricordo di Fausto e Iaio
Il 18 marzo 1978, due giorni dopo il sequestro del presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e l’uccisione dei 5 poliziotti della sua scorta da parte delle Brigate Rosse, Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due giovani frequentatori del Centro Sociale Leoncavallo vengono assassinati prima delle 21 a colpi di calibro 38 in via Mancinelli, a poche centinaia di metri da casa mia in via Picozzi. Subito la notizia vola di bocca in bocca. La telefonata di un compagno mi avvisa dell’accaduto, immediatamente chiamo altri compagni e ci diamo appuntamento sul luogo del delitto per testimoniare la nostra solidarietà e la nostra rabbia. La notizia gira velocemente e in meno di un’ora migliaia di persone si radunano sul luogo del duplice omicidio accusando i fascisti. Al presidio sono presenti anche molti compagni della Breda di Sesto San Giovanni, la fabbrica dove lavoro, e insieme decidiamo di riunirci il giorno dopo per prendere posizione con un volantino da distribuire in fabbrica.
Intanto il clima si è fatto rovente. In Italia tutte le forze di polizia e dei carabinieri da due giorni fanno centinaia di perquisizioni a casa dei compagni più esposti nelle lotte in fabbrica e nel territorio. Decine di lavoratori della Breda Fucine hanno la casa messa a soqquadro dalle perquisizioni e il clima di tensione e di paura si sente nell’aria. In questo clima generale di criminalizzazione dei compagni le prime dichiarazioni degli inquirenti parlano di delitto maturato “nell’ambiente dello spaccio di droga”, di “regolamento di conti” di “faida fra gruppi della Nuova Sinistra e gruppi dell’Autonomia Operaia” nel tentativo di creare sospetti, divisioni e confusioni, cercando di rompere la solidarietà fra compagni.
In questo clima subito riparte la compagna contro gli “opposti estremismi”. Nonostante il clima “di caccia alle streghe” nelle fabbriche e nella società si fosse inasprito (bisogna ricordare che dopo il rapimento dell’onorevole Moro tutti gli operai che criticavano le scelte dei sindacati collaborazionisti e del PCI del compromesso storico, i lavoratori che non accettavano lo sfruttamento come legittimo che criticavano chi voleva spacciare come obiettivi operai la produttività, la competitività, il mercato e il profitto, cioè che lottavano contro lo sfruttamento capitalista erano ritenuti sospetti “fiancheggiatori”della lotta armata), via Mancinelli il luogo dell’assassinio dei due compagni diventa luogo di ritrovo di molte persone fra cui molto numerosi sono gli operai. Nei giorni seguenti, mentre cortei e manifestazioni di protesta si svolgono in molti quartieri della città e in tutto il paese, il luogo del duplice delitto sarà sommerso di messaggi, poesie, pensieri in segno di solidarietà e vicinanza umana ai familiari. In quei giorni in tutti i posti di lavoro, nei Consigli di Fabbrica e negli apparati sindacali si fanno grandi discussioni dividendosi sull’opportunità o meno di partecipare ai funerali. Nella riunione dei compagni della Breda Fucine decidiamo di fare un volantino chiamando tutti i lavoratori e il CdF a partecipare ai funerali, denunciando i fascisti, come responsabili della morte dei due giovani compagni.
Il 22 marzo 1978 siamo in tanti. Una folla immensa (qualcuno dice centomila), molti delegati dei CdF delle fabbriche milanesi e altre città fra cui la Fiat Mirafiori e moltissimi sono gli operai venuti in Piazza San Materno a portare l’ultimo saluto ai due compagni e protestare contro il barbaro assassinio fascista.
Purtroppo Fausto e Iaio non saranno le ultime vittime dei fascisti.
Dopo 30 anni il muro di omertà e di complicità con cui istituzioni compiacenti nascondono la verità è ancora in piedi, e l’ingiustizia continua.
Nel paese delle stragi di stato e fasciste impunite, delle stragi delle migliaia di operai e lavoratori morti sul lavoro e di lavoro compiute dai capitalisti nella ricerca del massimo profitto, la lotta è l’unica speranza di ottenere un giorno giustizia, di costruire un mondo libero dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Michele Michelino ex operaio della Breda Fucine di Sesto San Giovanni
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