AUMENTO DEI PROFITTI E DELLA FAME

Aggiunge che è fallita la “soluzione” indicata dalla OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio): che i paesi con maggiore potere di produzione agricola esportino verso i paesi con minore produzione.

La pratica ha dimostrato che questo è mero colonialismo, per rafforzare la dipendenza dei poveri in relazione ai ricchi e eliminare l’agricoltura familiare dei paesi importatori. 

Negli ultimi 50 anni la produzione di alimenti è aumentata annualmente del 2,1% mentre le vittime della fame sono diminuite ben poco. I dati della FAO indicano che nel 1990 queste vittime erano 90 milioni. 

E’ provato che non basta ampliare la produzione, né promuovere la frenata demografica, per risolvere il problema. Se non c’è carenza di alimenti né eccesso di bocche, è ovvio che la causa sta nella mancanza di giustizia sociale! 

De Schutter propone un nuovo paradigma nella produzione alimentare, favorevole all’agricoltura familiare e all’agroecologia. “Non ci siamo posti  la questione di capire se l’industrializzazione dell’agricoltura era compatibile con il rispetto degli ecosistemi e siamo stati negligenti nella questione della salute e della diversità alimentare. Sono tre dimensioni: giustizia sociale, sostenibilità ambientale e salute”. 

L’ex relatore dell’ONU segnala come una delle difficoltà la mancanza di comprensione tra i governi e l’iniziativa privata. Dalle aziende emergono le decisioni strategiche, che legano il produttore al consumatore. La cosa grave è,  secondo lui, che “prendono decisioni in funzione del profitto previsto, senza preoccuparsi molto delle questioni della sostenibilità, dello sviluppo rurale e dell’uguaglianza nella compensazione degli attori”. 

Al giorno d’oggi la mercificazione dei prodotti alimentari e delle loro fonti , come la terra e l’acqua, sta accelerando. “I consumatori del Nord (del mondo), che vogliono carne e biocombustibili, fanno concorrenza a quelli del Sud, che vogliono la stessa terra e l’acqua per le loro necessità essenziali. E’ un problema etico e giuridico”. 

Il Brasile ritiene di essere uno dei pionieri in materia di biocombustibili.

Ecco cosa afferma De Schutter: “La corsa alla produzione di biocombustibili produce tre tipi di impatto: primo, lega il mercato alimentare a quello dell’energia. Quanto più sale il prezzo del petrolio, più redditizia diventa la produzione di biocombustibili e la sua produzione aumenta sul mercato agricolo. Secondo, i biocombustibili esercitano una pressione sulla terra arabile del Sud. Terzo, il mercato dei biocombustibili spinge la speculazione finanziaria, perché quando l’Unione Europea e gli Stati Uniti annunciano mete di produzione e di consumo di biocombustibili fino al 202 stanno inviando un messaggio agli investitori: ‘Indipendentemente dalle variazioni, i prezzi continueranno a salire. Speculate!". 

De Shutter elogia la preoccupazione di José Graziano da Silva, ex ministro di Lula e attuale direttore generale della FAO per quanto riguarda gli sprechi nel mondo, che raggiungono oggi la cifra di 1/3 degli alimenti prodotti, circa 1.300 milioni di tonnellate all’anno, il che equivale a più della metà di tutti i cereali coltivati annualmente. 

Adesso capisco perché mia madre diceva, quando ero piccolo e guardavo il mio piatto senza appetito: “Mangia bimbo. C’è tanta gente che ha fame”.

Per una questione di giustizia. 

(*) Teologo e scrittore brasiliano; da : cubadebate.cu; 20.6.2014 

(traduzione di Daniela Trollio Centro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli”

Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)