LA BARBARIE DI HIROSHIMA

In realtà questo brutale genocidio fu un crudele avvertimento, perché il Giappone era già sconfitto politicamente e militarmente e la sua capitolazione finale era questione di giorni. Sconfitto nel Pacifico dagli Stati Uniti, le truppe sovietiche erano pronte ad invadere il Giappone dalla Manciuria e le sue difese sarebbero state vinte con facilità. Il suo destino era segnato.

Ma questa certezza non contava perché quello che Washington cercava, anche al prezzo di commettere un orrendo crimine di guerra, era dimostrare al mondo qual era la nuova potenza egemonica del pianeta e chi, grazie al suo monopolio nucleare, era chiamato a stabilire un “ordine mondiale” (in realtà uno scandaloso disordine) rispondente ai suoi interessi e a qualsiasi prezzo.

I bombardamenti atomici sulle due città giapponesi furono una specie di sacrificio iniziatico della nuova era, concepito per inviare un potente messaggio sia a quelli vicini (principalmente gli alleati britannici e francesi) sia agli altri, come gli occasionali nemici tedeschi e giapponesi ma, soprattutto, all’Unione Sovietica, dato che l’inaspettato arrivo dell’Esercito Rosso a Berlino conteneva funeste sfide per il nuovo ordine imperiale del dopoguerra.

Se, perchè questo messaggio fosse compreso, era necessario annichilire centinaia di migliaia di persone indifese, lo si sarebbe fatto senza alcun rimorso, come proclamarono orgogliosamente fino alla fine delle loro miserevoli vite i membri dell’equipaggio del B-52 che distrusse Hiroshima.

Fortunatamente il monopolio nucleare in mano a Washington durò solo alcuni anni e il ricatto atomico venne neutralizzato dall’ “equilibrio del terrore”. Ma l’incubo scatenato con simili atti di barbarie sarebbe durato per sempre. 

La stampa dell’establishment accompagnò le  menzogne ufficiali giustificatrici della barbarie commessa quel 6 agosto. Un articolo del New York Times, pubblicato il 13 settembre 1945, diceva nel titolo che non vi erano tracce di radioattività a Hiroshima. Obbediva ciecamente e irresponsabilmente alla censura imposta dal Pentagono, che proibiva di parlare di radiazione e diceva, invece, che le vittime giapponesi erano morte per lo scoppio della bomba.  

Fu la prima, grande, delle molte menzogne che furono dette sul tema.

Senza andare troppo lontano oggi si accusa l’Iran di essere impegnato nella fabbricazione di armamento nucleare, mentre si occulta la denuncia fatta da uno scienziati israeliano, Mordechai Vanunu, che nel 1986 rivelò al mondo che con l’aiuto degli Stati Uniti il suo paese stava costruendo un arsenale di più di 100 ogive nucleari, più letali di quelle buttate sulle due città del Giappone. Vanunu fu rapito a Roma, condannato da un tribunale a  Gerusalemme ad una pena di 18 anni di carcere, accusato di tradimento e spionaggio. Nonostante abbia scontato la sua condanna (con 11 anni e mezzo in cella di confinamento solitario) e senza che vi siano altri reati a suo carico, le autorità israeliane rifiutano di dargli il passaporto e gli impediscono di uscire da Israele.

Il suo crimine? Mettere in guardia il mondo sulla possibilità che un orrore come quello di Hiroshima e Nagasaki possa scoppiare in Medio Oriente. Naturalmente la stampa “seria” ha decretato la morte civile di Vanunu da molti anni. 

Come ben ricorda Noam Chomsky, con il fulminante assassinio in massa di varie centinaia di migliaia di persone si chiude un’epoca e  si da inizio ad un’altra, più di cattivo augurio. Secondo il linguista, “se qualche specie di extraterrestre dovesse compilare una storia dell’Homo sapiens, potrebbe dividere il calendario in due ere: AAN (prima delle armi nucleari) e DAN (dopo le armi nucleari). Quest’ultima si aprì il 6 agosto 1945, il primo giorno del conteggio alla rovescia di quella che potrebbe essere l’ingloriosa fine di questa strana specie, la cui intelligenza le ha permesso di scoprire i mezzi efficienti per la sua stessa distruzione ma – come mostra l’evidenza – non la capacità intellettuale e morale per controllare i suoi peggiori istinti”. 

C’è ancora speranza, ma è molto  preoccupante il silenzio con cui è trascorso questo nuovo anniversario dell’atrocità perpetrata a Hiroshima, soprattutto alla luce di quanto abbiamo visto a Gaza per mano di uno Stato che dispone di un formidabile arsenale atomico e i cui governanti hanno dato abbondanti prove di una incredibile mancanza di scrupoli morali. 

(*) Politologo argentino; da: atilioboron.com; 6.8.2014  

(traduzione di Daniela TrollioCentro di Iniziativa Proletaria “G.Tagarelli” Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni)